Lei.

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I suoi occhi sembravano il cielo.

I suoi occhi erano il cielo, ma non tanto per il colore quanto per la vastità che questi in sé lasciavano danzare. 
Mi pugnalavano, lasciandomi grondante a terra.

Stesi sull'erba, avevamo trascorso il tempo sotto l'umiltà crudele della frizzante notte,
e nelle sue risate,
il mio sospiro, 
rimaneva sospeso.
Mi chiedevo, cosa si celasse oltre all'apparenza, quiete tempestosa, là dietro, oltre le nuvole.

«Allora, A., me lo dici il tuo vero nome»

Le concessi il beneficio mesto del silenzio sotto al chiarore dell'alba. Perso nei miei pensieri.

«Mi chiedo perché tu non lo voglia dire a nessuno.»

Pace, di nuovo. Sentii il fruscio dell'erba, si era voltata verso di me, mi stava osservando. Non le dedicai neanche uno sfuggente sguardo. Chiusi gli occhi e lentamente, respirai.

Calma, avevo un infinito bisogno di calma. Come se restare tutta la notte sveglio assieme a lei, non me ne avesse già sottratta abbastanza. Ah, tentazione, tu bestia ingannatrice, non si tenta colui che instaura nelle menti il pensiero bricconcello di fare ciò che non sei tenuto tanto meno devi fare. 

Me la immaginai con quella sua solita espressione persa nel vuoto, mentre annegava nel dolce meditare che era abituata a tenere quando, troppe vocine le si avvinavano all'orecchio per riferirle i più svariati punti di riflessione. 

«Qui lo dico e qui lo nego, il mio nome è Angelo ma con questi esseri nulla ho in comune.»

Con cautela - non sia mai che la tentazione, mia amante, mi giocasse qualche scherzo perché si sa, che ha un profondo ed alquanto bastardo senso dell'ironia, mi voltai.

Come avevo ipotizzato, era beatamente stesa di lato mentre mi guardava con un sorrisetto soddisfatto quatto quatto che a stento riusciva a celare, sotto la mano che aveva prontamente portato dinnanzi alle bianche labbra. Tipico suo.

Per stolto masochismo, mi era venuta la brillante fisima di alzare il mio sguardo all'altezza del suo e, mi mancò il respiro per qualche interminabile secondo.

Provai a resistere alla cupidigia del mio essere, ma quella dannata, con quei dannati occhi e quel dannato animo, mi rese suo schiavo e servo in un battito troppo forzato di ciglia. 

Stava per rispondermi, quando logorato dal desiderio, mi lanciai come un leone affamato addosso alla pecora, baciandola con estrema veemente passione.

In quel preciso momento mi maledii.
Mi odiai.
Non potevo né volevo vederla soccombere un'altra volta sotto il dolore, come se vederla cadere per quella parola di cinque lettere che inizia per A, 
come se vederla gettata nell'ombra di sé stessa, almeno mille volte, 
e morire, e vivere di lei, non mi fosse bastato.

La sentivo, mia, come la prima volta. Il vero problema è che lei a me non sarebbe bastata mai, Jack, solo il Nostro Signore Laggiù sapeva quanto mi seduceva e quanto ancora mi avrebbe sedotto fino alla notte delle notti.

Prima di lasciarmi totalmente al desiderio mi allontanai da Jack, prima di perdere la testa e volere di più. 

Stavolta avevo deciso di andare con la massima tranquillità, ma dentro bruciavo di mille emozioni.

Era ferma, la tenevo ferma, con le mani, sui suoi polsi,
mi guardava, allibita, confusa.
Feci per spostarmi, da lei, credendo avesse totalmente dimenticato ciò che c'era.
Alzatomi, Jack, veloce ed impulsiva - e devo ammettere, avevo il cuore pieno di speranza perché, questo voleva dire che era ancora la lei che un tempo fu - mi strattonò, ricambiando, con tutto il suo antico ardore.

Per poi allontanarsi bruscamente ed arrivandomi un sonoro ceffone, scappando.

---

Siano dannati lei, lei ed i suoi occhi gialli.

Lei e la sua anima pura, così candida messa a confronto alla mia da far salire i brividi lungo la spina,
Lei, mi devo rassegnare, è alla stregua dei Paladini bianchi che il Nemico s'ostina a scagliare su questo diffamato mondo,
troppo sporco, doloroso, per un essere così bello e forte da far girare la testa ma per me, letale come il veleno  — Ed io per ella.

E lei, lei ora, l'ho perduta.

Sia io maledetto per il torto recatole, ora che stava per tornare alle sue beate origini — ma che, come vesti troppo strette rischieranno di soffocarla. Aveva l'opportunità di tornare al posto che le spetta, nonostante nel realizzarlo mi si stia crepando il cuore, per Jack, desidero la felicità, perché ella è la mia gioia, lo stesso piacere che nel dolore risiede.
Tuttavia, se c'è una pacifica via che preferisco riservarle è il sentirsi completa, cosa che sul suo piedistallo d'opale, non si sentirà mai.
Casa sua, è tra le braccia di chi darebbe anche l'ultima lacrima.

«Io» sussurai, con il caos nelle vene. Noi, eravamo appesi ad un filo,
Nonostante noi fossimo infinito.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 01, 2016 ⏰

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