V~ Ti incontrai [pt. 5/5]

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"Poteva toccarmi in un milione di modi. Decise di farlo nel modo più bello.
Sfiorò la mia mente e
nulla fu più come prima."

-Charles Bukowski

-Charles Bukowski

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[31 Marzo 1962]

NARRATORE ESTERNO

Strinse la cornetta in una mano, sorridendo entusiasta mentre osservava, al di là del vetro della cabina telefonica, le persone camminare tra le vie affollate di Francoforte già di prima mattina.
<Esatto, nonna! Sto andando a sostenere il primo  esame di letteratura tedesca...>
<Sono sicura che andrà tutto liscio come l'olio, dai il meglio di te e va' dritta per la tua strada. E tra qualche giorno mi farai sapere com'è andata, d'accordo?>
<Certo.> Annuì Miller, stringendo le labbra. <Ora devo proprio andare. Riposati nonna, mi raccomando...>
<In bocca al lupo bambina mia.> Rispose Agatha, sorridendo.

Posò nuovamente la cornetta nel punto in cui l'aveva trovata e si strinse nel cappotto: non era più pieno inverno, Aprile era ormai alle porte ed erano appena le otto del mattino, eppure a quell'ora si sentiva ancora tutt'attorno la pungente brezza notturna. Non c'era nessuno in fila dietro di lei ad attendere di entrare nella cabina, così si prese del tempo e portò una mano in una tasca del pantalone, tirando fuori di lì l'unico oggetto che avrebbe potuto testimoniare la presenza dei suoi genitori, il loro amore avvolgerla, un calore andato via troppo presto... Una fotografia. Una fotografia che accompagnava qualche velato ricordo, forse un paio poco nitidi, scene frammentarie sparpagliate qua e là. Elen avrebbe dato qualsiasi cosa per avere qualche memoria in più, qualche immagine che non provenisse dalla sua fantasia e dai racconti di Agatha. L'unica cosa che ricordava nitidamente era quando aveva iniziato ad andarli a trovare al cimitero, quello per le vittime di guerra: il Los Angeles National Cemetery.
Due lapidi bianche a forma di croce, due fotografie sorridenti e due nomi: ecco cosa restava di coloro che l'avevano messa al mondo. Spesso, da bambina così come da adolescente e poi giovane donna, si ritrovava a portare loro dei fiori e chiacchierare un po'.

"Ciao mamma! Ciao papà!" Si abbassò all'altezza delle croci bianche che si ergevano una accanto all'altra, sporgendosi sulle gambe esili per infilare in un vaso un paio di margherite colte non molto lontano da lì. Poi alzò di fronte al marmo un disegno che aveva fatto quello stesso giorno. "Guardate cosa ho fatto oggi a scuola..." Lo cercò nella tasca del suo pantalone non molto grande, adatto a una bambina di sette anni. Indicò le linee e i bordi creati con i pastelli colorati. "La maestra ha detto che era il più bello della classe." Ridacchiò spontanea, come se avesse potuto ricevere un vero e proprio riscontro dall'altra parte. "Vedete? Qui c'è una casa, qui ci siamo noi tre insieme a nonna, qui c'è il Sole e le nuvole... Poi c'è anche quest'altro e..."
A non molti metri di distanza, Agatha la ascoltava e si voltava velocemente per nascondere le lacrime che sembravano volerle uscire a tutti i costi. Avrebbe desiderato urlare, piangere a squarciagola e lasciar uscire fuori tutto il dolore che aveva provato quando dovette seppellire sotto una di quelle due croci la vita che lei stessa aveva dato alla luce non troppi anni prima. Avrebbe voluto correre e abbracciare quel marmo freddo, ma restò forte e silenziosa per quella bambina, per la piccola Elen, ancora innocente e pura, ancora convinta di poter a tutti gli effetti sentire la compagnia dei genitori come reale, come concreta lì al suo fianco.

𝑰𝒎𝒑𝒓𝒆𝒔𝒔𝒐 𝒔𝒖𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒆𝒍𝒍𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora