10. Scary, my god your divine

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"Mi confondeva, ma era
una straordinaria
incantevole confusione"
Charles Bukowski

Età: 15 anni

Oggi faremo la foto di classe.
Eravamo riuniti nella palestra della scuola, la nostra professoressa stava facendo l'appello per assicurarsi fossimo tutti presenti.
Io affiancavo Adeline e Whitney, entrambe avevano applicato un leggero strato di trucco che, a detta loro, le avrebbe rese più belle.
Non si rendevano conto che la loro bellezza non era solo estetica ma anche caratteriale, non dovevano indossare vestiti attillati per attirare l'attenzione, modificarsi per rientrare nei canoni o assumere atteggiamenti diversi.
Nella loro semplicità riuscivano a rubare la scena a chiunque, bastava osservarle meglio per comprendere quanto fossero stupende, con l'animo gentile e il cuore dispensante di amore.
Poche persone coglievano questi dettagli, per me erano ciò che le differenziava da chi si annulla pur di piacere.
Avevo superato le mie insuscurezze grazie a entrambe, per questo avevo soppresso le paranoie che continuavano a implorarmi di essere ascoltate.
Alzai la mano quando la professoressa fece il mio nome, poi mi voltai per raggiungere le mie amiche.
Whitney aveva le braccia incrociate al petto e rivolgeva uno sguardo annoiato ad Adeline.
Indossava una maglietta color panna e dei pantaloni marroni, ricadevano morbidi sui fianchi e la maglia deriva al suo petto.
Adeline portava una maglietta celeste con dei quadrati bianchi e dei jeans, tra le mani teneva stretto il telefono, intenta a massaggiare con qualcuno.
«Che le succede?» Inarcai le sopracciglia confusa mentre la fissavo spostare il peso da un piede all'altro.
Le labbra rosee erano dispiegare in un sorriso luminoso, uno di quelli che riescono a causare ristretta gente.
«Ethan le ha chiesto di uscire» La rossa sollevò gli occhi al cielo e fece una smorfia disgustata.
Mi coprì la bocca per trattare una risata,
Whitney non era una che cedeva facilmente ai ragazzi e riteneva la maggior parte dei palloni gonfiati; quando le dissi che il cameriere voleva rivederla, per poco non vomitata la sua insalata.
Si avvicinò a lei e le tolse il cellulare dalla mani, Adeline si ribellò e strepitò parole incomprensibili.
Osservai la scena da lontano, parevano due bambine che litigavano su chi avesse mangiato l'ultimo pezzo di torta.
A quella visione non riuscì a trattenere l'emozione, sentii gli occhi inumidirsi di fronte alle due ragazze che mi avevano salvato.
Non c'erano abbastanza parole per descrivere ciò che avevano fatto per me, e se ci fossero state allora non avrebbero racchiuso pienamente ciò che provavo.
Era come vedere due parti di me prendere vita, camminare al mio fianco e proteggermi da ogni male. Da me stessa.
«Non sa scrivere correttamente "acqua"» La voce scioccata e l'espressione incredula di Whitney mi riportò al presente; stava leggendo ad alta voce la conversazione tra Ethan e Adeline.
Quest'ultima sbuffò e la spintonò lontano, la rossa aveva la bocca aperta per lo stupore di quello che aveva appena letto.
«La grammatica non è il suo forte» Lo difese Adeline, facendo un gesto con la mano per sorvolare sulla questione.
«Forse volevi dire il cervello...» Borbottò indignata la rossa, quando l'affiancai mi piegai in due dalle risate.
«Ti ho sentita!» Le fece la linguaccia la mora «E tu non ridere!» Ops, beccata.
Feci il segno di chiudermi la bocca, eppure faticai a rimanere seria se davanti avevo Adeline con uno sgaurdo omicida.
Se ne andò sbattendo i piedi, tuttavia sapevo che con un buon caffè le sarebbe passata la rabbia.
«Sul serio? Acqua?» Scossi la testa ilare, Whitney mi imitò e incurvò le labbra.
Qualcuno battè le mani ed entrambe ci girammo verso il suono, esso provocato dalla professoressa che stava radunando gli alunni in due file ordinate.
Ci avvicinammo ad Adeline, la quale occupava la seconda fila data la sua altezza, Whitney si mise alla mia sinistra e io al centro.
Due pali ci puntavano la luce contro, accecandoci, e una macchina fotografica era posta tra essi, dietro una signora stava sistemando delle rotelle.
La professoressa poggiò una mano sulla spalla di un alunno, il quale sapevamo tutti fosse il suo preferito, e sfoggiò una dentatura perfetta.
«Fermi così... tu» La fotografia indicò un punto in centro alle file, tutti si girarono per guadare... me.
Dubbiosa non seppi cosa fare, così rimasi immobile sperando di scomparire, non tolleravo l'idea di stare al centro dell'attenzione.
Le gote diventarono rosse mentre la signora si avvicinava, arriccciò le labbra dubbiosa.
«Sei bassa, meglio che vieni avanti» Mi incitò a muovermi con una mossa del dito, lanciai una rapida occhiata alle mie amiche e Adeline sollevò le spalle, senza mezzi per potermi aiutare.
Sosprirai e mi sedetti su una della sedie occupate dalla prima fila, mi trattenni da far tremare la gamba poiché altrimenti avrei rovinato la foto.
Sognavo solo questo incubo finisse, potevo tollerare di imprimere la mia faccia su un pezzo di carta plastificato, però almeno sarei stata insieme alle mie amiche.
Non socializzavo molto con i nostri compagni di classe, di alcuni sopportavo a malapena la presenza e altri mi fissavano con una strana intenzione.
Un flash abbagliante creò tanti puntini luminosi nell'aria, non ebbi il tempo di riprendermi che ci fu un altro scatto e un altro ancora.
Sorrisi in tutti, esternando una finta sicurezza, non vedevo l'ora di alzarmi da quella maledetta sedia.
Le fotografie sarebbero arrivate dopo una settimana, quindi il momento in cui tutti avrebbero riso del mio volto avrebbe atteso.
Le mie compagne erano su di giri, discutevano su come fossero venute e se il trucco risultasse nell'immagine.
Di quei discorsi me ne intendevo poco e niente, però questo non mi abbatteva, o almeno non del tutto.
Sono sempre stata la ragazza diversa, quella che non riesce ad aggregarsi alla massa perché troppo diversa.
Una come me o risalta in mezzo agli altri oppure si nasconde nell'ombra poiché non apprezza quelle attenzioni forzate, dettate dall'istinto di conoscenza ma che non hanno fondamento.
Avevo scelto la seconda, celadomi agli occhi del mondo e rimanendo chiusa nella mia bolla di protezione.
E magari quello era il primo segnale che avrei dovuto cogliere; essere diversa avrebbe provocato uno scandalo irreparabile, ma ora non lo potevo sapere, perciò mi atteggiavo normalmente, incoscia la decisione finale sarebbe stata la prima.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 3 days ago ⏰

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