-{Teatro del matto}-

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<Interludio>
<Aspra notte mielosa>

Assopito da quell'acre acqua torbida, continuai a sprofondare, sempre più in basso; in essa.
Nero, come vecchio inchiostro, era il mare ed insieme al mio corpo galleggiavano diversi occhi biancastri.
Era strano... avevo sempre odiato il mare eppure, in quella situazione, stavo cominciando ad apprezzarlo sempre più.
D'un tratto, una strana forza mi spinse verso l'alto, facendomi ritornare sulla sottile superficie della distesa d'acqua.
Assomigliava ad un filo, fragile, su cui giaceva ogni mia parte, che gravava su di esso, ma continuava a non spezzarsi.
Guardai, placido, l'oscuro cielo sopra il mio capo e, non appena rivolsi lo sguardo verso l'alto, sotto me avvertii un duro pavimento, terroso; sporcarmi i palmi delle mani che sprofondavano al suo interno.
Era caldo ed umido nel profondo, come il gentile ventre d'una donna.
Solo dopo qualche istante capii di trovarmi, nuovamente, sulla lunga stradina che precedeva la casa in cui, qualche giorno prima, ero entrato.
Zuppo e affamato tirai fuori, dalla piccola tasca dei pantaloni, un pacchetto di sigarette; che avevo comprato il giorno della fatidica fuga dal paese.
Accesi una sigaretta tra le poche rimaste, stranamente asciutta, e fumai con piacere per smorzare la profonda fame che avvertivo; non aiutò realmente ma usai una scusa per fumare senza sensi di colpa nel farlo.
Il cielo era candido nel nero, nemmeno una grigia nuvola si permetteva ci incidere il suo passaggio nella mia vista.
La rossa luna, che assomigliava ad un puro rubino, copriva parte dell'etere sopra me stante.
Ricordava, fortemente, l'ammasso di carne e sangue visto fino a quel momento, eppure nemmeno una singola cellula d'esso mi era rimasta impressa in mente abbastanza da traumatizzarmi.
:"Mielosa luna, fuggi con me da questo inferno ch'è la terra
strappa a me membra e rubale
o la morte ruberà il compito tuo
e sarà lei a sequestrarmi da qui.
Non voglio ciò.
Irradi il mio volto col riflesso del sole,
che sulla tua roccia splende.
Rossa, come il mio sangue che ribolle.
Avvolta di luce come, di vesti scure, la mia carne.
Traforata, come la mente mia nei ricordi più remoti.
Il ghiaccio, il freddo, il gelo, sulla mia pelle alberga
calore mio diffondo
colore perdo sul volto.
La morte è vicina a me
tra questi fiori secchi mi accompagna
in questo viaggio verso essa.
Verso il baratro.
Verso te."
Questo pensai nella mia mente, mentre scrutavo la luna strizzando gli occhi fino a farli sanguinare.
Piangevo sangue, ma sul mio volto sporco di fango non si notava.
Intanto, ricordi della vita passata iniziarono a tornare.
Ricordai mia madre, i suoi occhi verdi come smeraldi opachi, che piangevano per me.
Il suo volto crucciato, il corpo collassato su sé stesso per la disperazione.
Ricordai mio padre, assente nella mia vita eppure, in quel momento; anche la sua assenza mi mancava.
Ricordai i miei amici, i miei parenti, ogni amore provato ed ogni odio nato in me.
Mi mancava quel mondo.
Mi mancava il mio mondo.
Il sangue mi accecò la vista così chiusi gli occhi e lasciai che il fumo, nei miei polmoni, uscisse da solo da me.
Mi addormentai, come la sigaretta stretta tra le mie dita, in quell'aspra notte mielosa.
Una notte apparentemente infinita.

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