24 gennaio 2024
Il paesaggio scorre rapido sotto i suoi occhi, mentre il treno percorre i binari e la sua mente si perde nei meandri del tempo passato.
Le immagini si alternano, una dopo l'altra e nelle orecchie canta Vasco Brondi, cantante che ha scoperto grazie ad un'amica dell'università, durante i primi anni a Bologna.
"Ti ricordi dei combattimenti tra i cigni finti?
E delle sere a sbranarsi?
E delle sere a strafarsi?... Addio fottiti, ma aspettami..."
Sta tornando a casa, per la prima volta in sei anni, da quando è andato via il 23 settembre di qualche anno prima.
Il concetto di casa per lui è ambiguo. Casa è stata Roma per 19 anni e casa lo è stata anche Bologna per i successivi sei. Mentirebbe se dicesse il contrario.
Bologna con le sue torri, le stradine del centro e la notte che non dorme mai, lo ha rapito completamente tanto da farlo innamorare di ogni angolo.
Le sue radici, quindi, sono doppie. E a pensare di lasciare quello che è stato il suo rifugio per anni, un po' gli manca il fiato. Lesto si porta una mano al petto e una sulla pancia, nel tentativo di mettere in atto un esercizio di respirazione che lo tranquillizzi.
A Bologna è stato bene, nonostante tutto. Nonostante lui non ci fosse. Ha conosciuto le piccole libertà sregolate, il piacere notturno di camminare sotto i portici per strade prive di gente, ha compreso il valore del silenzio, la bellezza dei tratti dei volti anziani che gli hanno insegnato ad aggrapparsi ai piccoli spiragli di luce, prima che diventi troppo tardi. Ha avuto la possibilità di fare amicizia con tante persone, alcune sfuggenti, altre intenzionate a restare come Francesca detta Chicca, romana d'origine e bolognese d'adozione, la quale lo ha aiutato a comprendere e accettare meglio se stesso, una volta per tutte.
La ricorda l'iniziale sensazione di spaesamento e la consapevolezza del doversi rimboccare le maniche per raggiungere i propri obiettivi; le paure e l'ansia che lo attanagliavano durante le notti insonni; il cielo stellato che non è mai più stato lo stesso di anni prima. Riconosce anche l'importanza che hanno avuto sua sorella e suo padre in questo cammino. Non l'hanno mai lasciato solo, neppure quando il materasso era troppo freddo e vuoto e il guanciale tanto scomodo. Viola ha continuato a stargli accanto, pure nel buio pesto.
Seppur da lontano Anita ha fatto lo stesso, continuando a mantenere saldo un legame di sangue e pelle, nato nel grembo materno e impossibile da recidere. Non ha mai domandato nulla al figlio, si è limitata a leggere nei suoi occhi color miele fuso, tutto ciò che Manuel non è mai riuscito a comunicarle. Non a parole almeno.
Non è più tornato indietro, non ne ha avuto il coraggio. E infondo, chi doveva vedere lo ha incontrato, come sua mamma che si è recata spesso in Emilia o come Matteo che negli anni è divenuto un ottimo cuoco in una trattoria romana.
Sarebbe ipocrita se dicesse di non aver pensato ogni tanto a chi, invece, si è lasciato alle spalle. Sarebbe falso nel dire che ci ha pensato solo ogni tanto.
Di fatto non è più tornato indietro, ha seguito il consiglio che l'operatore cinematografico Alfredo dà a Totò in Nuovo Cinema Paradiso.
"Non tornare più, non ti voltare, non ti fare fottere dalla nostalgia !"
Si immerge nei ricordi dei primi tempi bolognesi, quando osservava tutto con occhi curiosi e pieni di meraviglia. D'altronde è più forte di lui: i ricordi sono tutto ciò che lo fa emozionare. Ed è fortemente legato ad essi. Ahimè si è già fatto fottere spesso dalla nostalgia, ci è annegato dentro da capo a piedi, senza porre la giusta attenzione.
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Gli incubi dei pesci rossi | Simuel
FanfictionManuel torna a Roma dopo anni di assenza, ma una sera tutto cambia quando vede Simone, distrutto e solo, piangere nell'ombra. Due vite si incrociano in una città che conosce il dolore e l'amore. Saranno in grado di farsi del bene a vicenda o contin...