5. Il Peso dei Silenzi

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Era una di quelle mattine in cui tutto sembrava andare storto. Emily era di pessimo umore ancor prima di uscire di casa, si era svegliata con un enorme brufolo sul mento segno che la settimana più fantastica del mese stava per arrivare e il pensiero della lunga giornata di preparativi per la festa delle luci che ci sarebbe stata due giorni dopo non migliorava la situazione. Aveva dormito poco, tormentata da sogni in cui Liam e Sophia si allontanavano mano nella mano, lasciandola sola in un campo illuminato solo da deboli luci lontane. Che sogno di merda!

Quando finalmente raggiunse il campus, tutto ciò che desiderava era una giornata tranquilla. Aveva appena girato l'angolo che conduceva al suo armadietto quando il suo sguardo si posò su una scena che la fece fermare di colpo: il suo armadietto era storto, inclinato come se qualcuno ci avesse preso a calci. Il problema era che lei sapeva benissimo chi fosse stato e perché ma quando il giorno prima Jake le aveva dato quelle dannate anticipazioni presa com'era dai suoi pensieri non gli aveva dato peso.

Emily sbuffò."Jake," mormorò tra sé e sé, serrando i pugni. Si avvicinò all'armadietto, tirandolo invano per cercare di rimetterlo dritto, ma ogni tentativo sembrava solo peggiorare la situazione. La cosa peggiore era che oltre ad essere storto, non si apriva neppure.

"Che diavolo hai combinato, Jake? Dio voglio ucciderlo con le mie mani, anzi vorrei schiacciarlo con uno scarafaggio sotto al piede così!" imprecò a bassa voce, calcando il piede contro il pavimento per la frustrazione.

Come se le sue parole avessero invocato il diavolo in persona, Jake apparve proprio dietro di lei, con quel suo dannato sorrisetto. "Buongiorno anche a te, vicina."

Emily si voltò bruscamente, il volto segnato da una smorfia di irritazione. "Vuoi spiegarmi perché il mio armadietto sembra che sia stato colpito da un tornado?"

Jake si fermò a pochi passi da lei, osservando il disastro che aveva causato con un'aria divertita. "Ah, sì, l'armadietto. Stavo solo cercando di aprirlo te l'ho accennato ieri... forse ci ho messo un po' troppa forza."

"Troppa forza?" Emily lo guardò incredula. "Hai praticamente accartocciato si la tua parte che la mia! Ti rendi conto che dovrò fare i salti mortali per aprirlo adesso, vero?"

Jake scrollò le spalle, il sorriso che non accennava a diminuire. "Ti ho detto che mi dispiace, dai. Non è colpa mia se questi armadietti sono fatti di cartapesta. Un calcio e si piegano come fossero di gomma."

Emily alzò gli occhi al cielo, cercando di non cedere alla tentazione di lanciargli contro tutto ciò che aveva a portata di mano. "Sai, Jake, per qualcuno che è così bravo a 'chiedere scusa', sembri non riuscire a evitare di causare danni."

Jake si avvicinò, appoggiandosi contro il muro accanto all'armadietto distrutto. "Beh, immagino che sia parte del mio fascino. Bello e dannato si dice così no?"

Emily si lasciò sfuggire un sospiro esasperato, ma c'era un lieve accenno di sorriso che le sfuggì nonostante tutto. "Bello e dannato, eh? Se per definirti così devi fare cazzate del genere", disse indicando platealmente gli armadietti scassati "allora sì, sei proprio affascinante, molto bello e stramaledettamente DANNATO."

Jake rise piano, un suono profondo e leggermente sarcastico. "Ehi, almeno non ti annoi con me nei paraggi, no?"

Emily lo fissò, cercando di mantenere un tono serio, ma sentendo la tensione della mattina sciogliersi un po'. Come fosse possibile che anziché peggiorare, quella giornata stava migliorando non l'aveva ancora capito, ma lasciò stare. "Se per non annoiarmi intendi che mi fai venire voglia di strangolarti, allora sì, ci riesci benissimo."

Jake la osservò per un attimo, notando un'ombra di stanchezza dietro il sarcasmo. "Tutto bene, Em? Mi sembri più stressata del solito."

Emily abbassò lo sguardo, fingendo di concentrarsi sull'armadietto. "È solo la festa delle luci. Ci sono ancora un sacco di cose da fare, e il tempo stringe."

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