Epilogo

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«Sa, signor Balestra, il taxi che ora sta arrivando e che la accompagnerà in aeroporto, ha accompagnato il signor Manuel proprio fino a casa, ieri»

Questa frase non faceva che rimbombare nella testa di Simone dal momento in cui Laura l’aveva pronunciata.

Lo aveva accompagnato fuori dall’hotel.
Lo aveva accompagnato all’interno del taxi.

E ora che, su quel taxi, vi era seduto sopra, non riusciva a smettere di pensarci e, soprattutto, a pensare di dover prendere una decisione.

Che cosa doveva fare?

Doveva lasciare che Manuel rimanesse soltanto un bel ricordo, la dimostrazione pratica che – se vorrà – potrà lasciare che, un giorno, l’amore lo riavvolga in un abbraccio, o correre a riprendersi ciò che, nel modo più stupido e codardo possibile, aveva lasciato andare via?

Se avesse avuto più tempo a disposizione, probabilmente, Simone avrebbe stilato la tabella dei pro e dei contro che era solito fare ogniqualvolta, davanti a sé, si prospettava una decisione difficile da prendere.

Ma…

Ma, oltre a non avere molto tempo, non riteneva neanche corretto lasciare che fosse la razionalità a decidere per lui.

C’erano in gioco i sentimenti.

C’era in gioco quell’amore che, in un silenzio spezzato soltanto da respiri irregolari, Simone aveva soffocato.

No.
Non posso affidare ad una tabella, al lancio di una moneta o a chissà quale altro escamotage una decisione così importante, una scelta che va fatta con il cuore, solo perché non ho il coraggio di farlo io.

Ripensò a quel piccolo, minuscolo, passo in avanti compiuto su quella terrazza che, ormai, si era lasciato alle spalle.

Ripensò al modo in cui aveva deciso, con serenità, di entrare in società con Palmieri.

Ripensò al coraggio che aveva avuto nell’allontanare Alberto, al modo in cui aveva capito quanto fosse deleteria la presenza di quell’uomo nella sua vita.

Ripensò a quell’ultima settimana.

A quanto aveva riso, ad esempio, ché Simone non credeva nemmeno di esserne ancora capace.

Alla semplicità con cui era riuscito a mostrare il vero Simone.

E tutto ciò era merito soltanto di una persona.

Manuel.

Il suo Manuel.

Sorrise ancora, nell’accostare quell’aggettivo possessivo al nome di Manuel.

E stava ancora sorridendo quando il tassista gli rivolse la parola.

«Sta spiovendo, signor Balestra. L’aereo parte in orario, sarà a Milano per tempo»

E fu lì, in quel momento, che Simone realizzò tutto.

Chissenefrega dell’aereo.
Chissenefrega di Milano.
Chissenefrega del lavoro.
Chissenefrega pure di Domenico e di tutte le paure che mi ha lasciato addosso.
Io amo Manuel e non posso perderlo.

«Non andiamo più all’aeroporto. Mi accompagni nello stesso luogo in cui ha accompagnato il signor Manuel, ieri. Per favore»
«Ne è sicuro?» chiese il tassista, confuso.
«Le assicuro che non sono mai stato più sicuro in tutta la mia vita. Anzi, mi scusi. Ci possiamo fermare un attimo qui?»

Il tassista annuì e permise a Simone di scendere dalla vettura.

Ché probabilmente, non sarebbe entrato dal tetto della casa come nelle favole che Manuel immaginava da bambino, ma almeno un mazzo di fiori, beh, quello gli sembrava il minimo.

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