CAPITOLO 3 - parte seconda

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«Bene, spero tu sia pronta ad andare, perché è giunto il momento», disse suo padre, irrompendo nel suo campo visivo con le braccia allargate nella speranza, forse, di ricevere un abbraccio di addio da parte di sua figlia.

Lei lo guardò con sguardo truce, restando ferma come una statua. Cercò di fargli capire con lo sguardo il sentimento che provava nei suoi confronti. «Non ho portato con me nulla», grugnì con tono freddo. Sperava che, con quella scusa, potesse tornare indietro e controllare se Brither fosse ancora tutto intero. In caso contrario, sarebbe stata lei stessa a staccare la testa al Comandante di suo padre, per infilarla su una picca ed esporla proprio nella Sala del Trono.

«Mi spiace deluderti, mia dolce figlia», la schernì Fyrell. Le prese il folto con una mano, alzandoglielo in modo che i loro occhi fossero allineati e lei vedesse il suo sorriso dolce e compiaciuto allo stesso tempo. Voleva farle sapere che l'amava ma che era orgoglioso di quella mossa vile e senza spina dorsale. «Ma ho chiesto al nostro fidato servo Gybbo di prepararti la sacca mentre eravamo qui. La tua uniforme ti aspetta, vatti a cambiare».

Ightar si alzò in punta di piedi, cercando di raggiungere il volto di suo padre. Le mancavano pochi centimetri, ma non sarebbero stati quelli a fermarla dal suo intento.

Digrignò i denti. «Ti odio».

«Me ne sarai riconoscente».

«Mai».

Seguì la Creatura dalla pelle scura che aveva visto parlare con la Comandate. Sembrava un essere gentile e ben disposto al dialogo, cosa che lei non era. Si era intromessa nel suo campo visivo, con una sacca famigliare tra le mani.

Camminarono in silenzio per tutto il Palazzo Imperiale, fino a raggiungere l'ala in cui erano situati i dormitori dell'esercito. Aprì una porta sulla sinistra ed entrò. Una volta dentro, fide due file lunghissime di letti a castello realizzati con il legno del Regno della Terra, meravigliosamente intagliati con i simboli che rappresentavano i quattro Regni e i quattro Spiriti che dominavano le Lande di Rehlo.

Non si permise di restare a bocca aperta, per quando desiderasse farlo. La fae lasciò cadere la sacca su un letto prima di girarsi a fronteggiarla. L'espressione dolce e amichevole era completamente sparita dal suo volto, lasciando spazio a uno sguardo freddo e autoritario. «Io aspetterò fuori. Il vestito lascialo qui, i servi sapranno rimandartelo indietro. Io sono Ajhana e sarò la tua Comandante, in caso dovessi finire nella mia squadra». Non si dilungò in altre presentazioni, la lasciò da sola in quell'enorme stanza.

Di fianco alla sacca era presente un'uniforme in pelle di drago, resistente ma per niente efficace come quella delle schiere più alte dell'esercito. Le loro erano composte da acciaio elfico, il miglior metallo che si potesse trovare in tutte le Lande.

Si tolse quell'incubo rosso e andò a lavarsi il volto. Rimase sorpresa di come l'acqua scorresse senza dover utilizzare le gemme di acqua. Anche il vento era piacevolmente diverso, in quel luogo.

Tornò al letto e si infilò la lunga calzamaglia nera e la casacca dello stesso colore. Indossò il corpetto in pelle, allacciandolo sul davanti con delle stringhe. Allacciò le protezioni che andavano sulle spalle, sugli avambracci, attorno al busto e sulle gambe prima di mettere gli stivali. Allacciò i capelli in una lunga treccia che arrotolò alla base della nuca. Prese la sua sacca e la indossò.

Una volta fuori trovò Ajhana e, insieme, raggiunsero il cortile. Lì, un piccolo manipolo di cavalli montati le stava attendendo. La Comandante le raggiunse, in sella al suo meraviglioso cavallo. «Siamo pronti, ci accamperemo sul confine con il Regno di Fuoco prima di sera», ordinò, prima di capeggiare il piccolo plotone.

Ightar prese l'ultimo cavallo rimasto libero, assicurò la sacca e l'elmo e seguì il gruppo, restando infondo e abbastanza distante da non comprendere le loro chiacchiere e le loro risate. Le urtavano i sensi. Com'era possibile che avessero tutta questa voglia di parlare e ridere mentre si avviavano per andare in guerra? Cosa c'era di divertente nell'uccidere creature che, anche se erano Esiliati, erano come loro? Per quanto li odiasse per essersi presi sua madre, odiava ancor di più chi apparteneva ai Lucyle, e odiava suo padre per averla costretta ad arruolarsi.

Ma odiava ancor di più sé stessa per averglielo permesso.

«Quindi, la famosa Principessa dall'arrabbiatura facile ci farà compagnia da questo momento in poi», disse una voce maschile, fendendo i suoi pensieri e riportandola alla realtà. Ightar rimase sconcertata nel vedere la bellezza del maschio che l'aveva affiancata.

«Credo che questo non sia il modo corretto di rivolgersi a me».

«Tesoro, mettiti in testa che con quella divisa, su quel cavallo e in questa situazione, tu hai perso tutti i tuoi privilegi. Ora sei una semplice recluta, e, per quanto i tuoi terrificanti occhi facciano venire la pelle d'oca pure al buco del mio culo, dovrai obbedire anche ai miei comandi», rise. «Comunque, sono Markko, Comandante del gruppo a nord delle Lande di Mezzo». Provò a porgerle una mano per presentarsi, ma lei lo ignorò.

«Sarò anche una semplice recluta, ma merito rispetto anche io».

«Non credo».

La Comandante Gyra li affiancò, guardando in cagnesco Markko. «Vattene immediatamente e lasciala stare», ruggì. Il maschio si defilò e, prima che anche Gyra lo seguisse, la femmina si girò verso di lei. «Ti prego di scusarlo, quando beve troppo sidro non ragiona bene fino al giorno dopo. Non intendeva mancarti di rispetto...».

Ightar alzò una mano per bloccarla. «Senti, non importa. Non serve che tu faccia la gentile con me, adesso. Non ho bisogno di carità, non ho bisogno di pena. ho bisogno di essere lasciata in pace, e gradirei che continuasse così».

Vide Gyra raddrizzare le spalle e alzare il mento in segno di orgoglio. Tirò saldamente le redini e diede un forte impulso con i talloni al cavallo, che partì al galoppo per tornare in testa al gruppo.

Una volta usciti dai confini del Palazzo Imperiale, l'andatura aumentò fino a che non si trovarono tutti a galoppare spediti verso il confine con il suo Regno.

Attraversarono le verdi terre, illuminate dalla luce dorata del sole della sera. Di lì a poco sarebbero riusciti a raggiungere il confine prima che calasse la notte, e prima che le Chimere si presentassero a cibarsi delle loro paure.

I cavalli elfici erano famosi per la loro velocità e per la loro resistenza. In poche ore potevano percorrere centinaia di chilometri senza battere ciglio.

Dopo due ore, Ightar riuscì a vedere il confine che divideva i due Regni. Era un'enorme barriera di luce dorata che solamente i Reali e l'Imperatrice potevano vedere e percepire. Le altre Creature Magiche, quelle comuni, avvertivano solo la loro energia sfrigolare in prossimità dei vari confini.

«Bene, siamo quasi arrivati. Oltrepassiamo il confine e ci accampiamo. Preparate la magia!», ordinò la Comandante. Prepararono i cavalli per il salto che li avrebbe aspettati, e quelli obbedirono senza alcuna resistenza.

Fuoco e SangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora