Close your eyes

6. THOMAS

Dalla festa in cui ho baciato Cloud, la mia mente è completamente andata in tilt.

Tutti mi conoscono e quindi tutti, o meglio, tutte, sanno che con me le cose serie non esistono, ma non riesco proprio a capire perché con lei, dannatamente bella e insopportabile, è diverso.

Dopo quel bacio, quel maledetto bacio, mi sono sentito smarrito, dovevo assolutamente allontanarmi da lei, altrimenti sa solo Dio cosa succederebbe, un casino ne sono sicuro, un fottuto casino.

Non mi ero fatto vedere per un po', ma nel corso che seguivamo insieme lei quel giorno non c'era.

Meglio... ma chi volevo prendere in giro, la dovevo cercare, subito.

Durante l'orario di pranzo mi sono fiondato al bar, avevo deciso di rompere un po' le scatole a Cloud, dato che l'avevo vista iniziare a lavorare lì, e quale occasione migliore di prendere l'altro posto da cameriere.

Come pensavo, al pomeriggio ha iniziato il suo turno e, ovviamente, il suo turno combaciava col mio.

«Ehi Cloud, ho come la sensazione che stai facendo di tutto per evitarmi!» ma in tutta risposta ho ricevuto da lei una frecciatina che celava una frase del tipo "smettila altrimenti finisce male".

«Il gatto ti ha morso la lingua per caso?», nessuno metteva in un angolo Thomas Smith.

«Se vuoi attaccare briga con me, non ci casco, non sono il tipo di ragazza tette e culo e niente cervello, sappilo.» cazzo quanto mi faceva impazzire.

«Senti, non ho voglia di litigare con te, non possiamo semplicemente provare a conversare come due persone normali?»

«Io li conosco molto bene i ragazzi come te, nella loro lista, sempre se ce ne abbiano una, non è compresa la parola "conversazione" con una ragazza, quindi lasciami in pace» cavolo se aveva gli artigli quella ragazza, e li sapeva usare bene.

«Pensala come vuoi, ma ero serio quando ti ho detto che vorrei solo conoscerti».

«Certo, ora ho capito, l'altra sera il bacio, ora la "conoscenza" per portarmi a letto e poi chi si è visto si è visto, un'altra ragazza da aggiungere tra le conquiste, o mi sbaglio?»

«Sì, ti sbagli, tu non mi conosci affatto, e se la pensi così peggio per te. Quel bacio non è significato niente, ero ubriaco e tu eri lì, tutto qui», cazzo se non era vero, ma non volevo dirle la verità sennò sarei stato fottuto.

«Questo lo so perfettamente...solo, perché?» sembrava quasi dispiaciuta, ma quel momento è durato un istante, subito dopo è ritornata diffidente nei miei confronti.

«Mi hai evitata per tutta la settimana e ora mi pedini, cominciando a lavorare persino nel locale in cui lavoro anche io. Perché? », non sapevo come risponderle e così sono rimasto in silenzio e ho sostenuto il suo sguardo.

«Vedi? Quando non ti conviene eviti le domande scomode, come l'altra sera». A questo punto ho parlato.

«Non è certo per te che sono qui prima di tutto, e in secondo luogo ciò che ho fatto la settimana scorsa, del perché non ero in Accademia non ti riguarda Celeste», non l'avevo mai chiamata così e, dalla faccia che ha fatto, credo se ne fosse accorta anche lei, ma anche se non era quella la verità, avevo dovuto risponderle così, altrimenti avrebbe capito tutto.

«Capito!», e invece no che non aveva capito, ma a me andava bene così, era quello che volevo, o non proprio, ma l'avrei avvicinata col passare del tempo, ne ero sicuro.

A quel punto non ha più sprecato altro tempo con me ed è tornata dietro al bancone per gli ordini presi precedentemente.

Durante il turno ho preso vari ordini e, quando era dietro al bancone, glieli ho passati, ma oltre a quello e qualche occhiata di sfuggita, quella sera non ci siamo più rivolti parola.

Tra i vari clienti ho notato un tipo strano, che la fissava insistentemente, sembrava un maniaco, allora ho deciso di tenerla lontana da quello e l'ho servito io, anche se con una cortesia forzata.

Al momento della chiusura, se ne è andata senza dire una parola facendo un cenno con la mano alla proprietaria, Anais.

Non mi sarei arreso così facilmente, questo era poco ma sicuro.