1. CELESTE

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I primi giorni furono ardui, non ero abituata a quel ritmo. Tre volte a settimana, per la precisione Lunedì, Mercoledì e Venerdì, dovevo alzarmi presto la mattina e andare a lezione di danza classica prima di fare colazione, ed era al quanto stressante, ma ce l'avrei messa tutta per meritarmi la borsa di studio per l'anno successivo.
In questo modo la prima settimana volò in un batter d'occhio e mi resi conto che, dalla settimana successiva, il mio tempo libero si sarebbe ridotto, poichè si sarebbero aggiunti ai corsi a cui avevo già cominciato a prendere parte anche salsa e musica, dato che i professori di quei corsi erano rientrati dalle vacanze con una settimana di ritardo.

Il primo weekend passò velocemente, tra lo svolgimento dei primi compiti che ci avevano assegnato e alle prese di nuovi passi di danza.
Tuttavia, io e le mie nuove amiche avemmo il tempo di svagarci il sabato sera e, anche se Elisabeth ed io eravamo contrarie ad uscire, alla fine Shally e Liv riuscirono a convincerci, e devo dire la verità, ci divertimmo così tanto che la tensione per la settimana successiva passò.

Il lunedì mattina ero stanchissima, la sera prima ero rimasta fino a tarda notte a finire un saggio per storia dell'arte e della danza che riguardava lo stile  del Cinquecento.
Mi alzai, mi stropocciai gli occhi per vedere meglio, svegliai Liv, andammo dirette alla doccia, ci preparammo per la lezione di danza e uscimmo cercando di non svegliare Shally.
Tuttavia fu inutile, perché sbattei contro il suo comodino e feci cadere la sveglia per terra, la quale prese subito a suonare. Maledissi la mia sbadataggine, chiesi scusa a Shally e seguii Liv in sala prove a passo spedito.
Terminata la lezione, ritornammo in camera per cambiarci, mangiare qualcosa al volo alla mensa e dirigerci di corsa ai seminari della giornata.
Avevo in mano i fogli del saggio e un modulo da compilare per la salsa che mi avevano consegnato e che io avrei dovuto consegnare a mia volta al professore o alla professoressa di quel corso.
Ero così persa dai miei pensieri che non badavo a dove mi stavano portando i piedi.
Ad un tratto andai a sbattere contro qualcosa, o meglio, contro qualcuno e ritornai subito in me.
Ero finita addosso ad un ragazzo, e notai che aveva gli occhi color azzurro chiaro intenso e i capelli castano chiaro lunghi al punto giusto;  era alto e ben strutturato, dati i muscoli che mi accorsi avere nell'impatto.
Ad un certo punto mi resi conto che lo stavo fissando con troppa enfasi e le guance mi diventarono paonazze;  abbassai immediatamente lo sguardo e, a quel punto, mi accorsi che mi erano volati dalle mani tutti i fogli che tenevo stretti nelle mie mani pochi secondi prima
Mi inginocchiati trafelata per raccogliere i fogli, ma lui fece prima di me e me li porse tutti, tranne uno;  lo lesse e subito dopo mi guardò con uno sguardo furbo ma, al contempo, timido.
<Temo proprio che ci incontreremo spesso d'ora in poi, Cloud>
Non capivo a cosa si riferisse, e poi come mi aveva chiamata!?  Nemmeno mi conosceva quel tipo!
Alla fine, quando mi porse l'ultimo foglio, compresi a cosa si riferisse, facevamo parte dello stesso corso di danza, non ci potevo credere, che vergogna!
<Ma... >, non riuscii a dire altro che lui mi salutò con un cenno della mano e se ne andò.
Ma che razza di maniere erano quelle!  La giornata non poteva cominciare meglio!
Inoltre sentii che la campanella che preannunciava l'inizio delle lezioni era suonata, e mi misi a correre in  come una matta in cerca della mia classe.
La trovai ed entrando chiesi scusa al professore di storia dell'arte spiegandogli che mi ero persa, gli consegnai il mio compito e mi sedetti accanto ad un ragazzo che aveva l'aria di essere uno che vivesse di solo studio e lettura. Aveva capelli corti, ma non troppo, pettinati perfettamente, da dare quasi l'impressione che ogni mattina dedicasse almeno mezz'ora a passarvici il pettine ripetute volte, fino a che ogni capello si trovasse al posto giusto.
Non portava gli occhiali ed aveva degli occhi verde smeraldo semplicemente stupendi, ma non rispecchiavano affatto il suo carattere, meschino e con l'aria di essere superiore a tutti.
Seguimmo attentamente la lezione prendendo, talvolta, appunti e per quella giornata non ci assegnò alcun compito.
All'ora di pranzo mi ritrovai con le ragazze e mangiammo tutte assieme in mensa, chiacchierando su come fossero andati i corsi di ognuna ed evitando di mangiare quasi tutto ciò che contenevano i nostri vassoi, dato che il cibo della scuola non era il massimo.
Sembravano avanzi dell'anno precedente e mi sorpresi a non vedere alcuna mosca ronzare su di essi.
Il pomeriggio avevo provato a chiedere in direzione se mi potessero cambiare di corso, dato che non avevo la benchè minima voglia di incontrare di nuovo quello sconosciuto maleducato, ma, tuttavia, non persi molto tempo perchè i corsi erano ormai stati assegnati e non c'era nessun altro posto libero a mia disposizione.
Il giorno dopo, infatti, sarebbe cominciato il corso di salsa e dovevo riprendermi assolutamente da quella brutta giornata, e qual era il modo migliore di rilassarmi se non leggere?
Così, terminata la giornata scolastica, mi diressi immediatamente verso la mia camera.
Arrivata, cercai nello zaino la chiave, ma niente, non la trovavo. Temevo proprio di averla persa. E ora come avrei fatto!
Chiamai immediatamente Shally, dato che sapevo che Liv, in quel momento, stava seguendo un seminario di lingua e cultura straniera.
Appena rispose, mi fece capire che quello non era il momento giusto per disturbarla, non mi diede nessuna spiegazione e riattacco.
Ero disperata, avevo anche bisogno di fare una doccia, preferibilmente fredda, perchè stavo andando a fuoco dal nervoso.
Dovetti ritornare a scuola per chiedere in segreteria se, per caso, avessero trovato delle chiavi della stanza 122, ma niente, fu del tutto inutile.
Non sapevo cosa fare, così decisi di aspettare che Liv terminasse la lezione per ritornare insieme al dormitorio.
Dopo qualche minuto che la campanella annunciò la fine delle lezioni, scorsi la testa della mia compagna di stanza tra altri studenti che si riversavano nei corridoi frementi dalla voglia di uscire al più presto dall'Istituto.
Appena mi vide, mi raggiunse e le spiegai ciò che era accaduto; allora lei, dispiaciuta per la vicenda, mi diede le sue chiavi, dicendomi che lei doveva incontrarsi con una sua compagna in biblioteca per terminare un lavoro di scuola e che, al suo rientro, avrebbe bussato alla porta.
La ringraziai e corsi subito al dormitorio.
Varcata la porta, sentii dei passi avvicinarsi a me e intravidi una sagoma in penombra.
<Ti pare il modo di trattarmi così al telefono, Shally? Non sapevo come entrare!>, cominciai a dire, ma, non appena la sagoma si fece più nitida, mi accorsi che non era Shakly, bensì il ragazzo con il qualemi ero scontrata quella mattina, e sussultai.
<Cosa diamine ci fai qui? E come hai fatto ad entrare nella mia camera!! >, chiesi furibonda.
<Calma Cloud, ti sono solo venuto a riportare le chiavi, ce le siamo scambiate oer sbaglio stamattina, sai, quando mi sei venuta addosso... Sono venuto di persona, se le avesse trovate qualcun'altro chissà cosa sarebbe successo... >, disse in tono pacato senza dar foga alla mia rabbia.
<Innanzitutto non ti sono venuta addosso, semplicemente non ti avevo visto, secondo, non potevi cercarmi e darmele o lasciarle in segreteria?  Dovevi oer forza entrare e farmi prendere un colpo? E poi, che diamine significa quel nomignolo che mi dai?! >, ero su tutte le furie, e lui di certo non mi aiutava con quel tono di voce tranquillo, come se non si accorgesse che fossi furibonda per il suo comportamento.
<Non so come ti chiami, quindi sono venuto di persona, ti ho solo fatto un favore, ma se proprio non vuoi riprenderti le chiavi, le tengo io... >, risponde ancora tranquillo con un ghigno sul viso.
<Va bene, basta, grazie delle chiavi, ma ora esci immediatamente dalla mia stanza! >, conclusi.
<Okok, ci si vede Cloud! Ah, comunque io sono Thomas>, e con quelle parole scomparve dall'uscio della porta.
Avevo proprio bisogno di una doccia gelida per evitare che esplodessi.

Con le tempie che mi gelavano sotto il getto d'acqua fredda, volli dimenticare l'accaduto nella stanza con quel ragazzo, Thomas, e, pian piano, il sangue che mi ribolliva nelle vene si assopì.
Ma non riuscivo proprio a smettere di pensare a lui, al suo tono di voce così intenso e, in un certo senso, tranquillizzante... Nonono, dovevo assolutamente scacciare via quei pensieri, non avrei sprecato altro tempo nel pensarlo, dovevo smettere immediatamente.
Finii la doccia che, invece dibfarmi rilassare, mi fece uscire più stressata di prima.
Mi asciugai il corpo, strofinai con un asciugamano i capelli e gli passai delicatamente l'olio che usavo sempre per renderli più soffici e con dei ricci presentabili.
Mi vestii subito, dato che non ero amante delle creme corpo, e mi diressi nella stanza per studiare qualcosa. Qualsiasi cosa. Mi serviva distrarmi da quel fastidioso ronzio di pensieri che mi frullavano nella testa.
Ad un tratto sentii vibrare il mio telefono; era un messaggio del mio amico d'infanzia, Jey.
Da quando ci eravamo salutati per la mia partenza non ci eravamo più sentiti e fui molto felice di rispondergli, ma, mentre stavo digitando la risposta, mi chiamò.
Così passammo un'ora abbondante a chiacchierare del più e del meno, delle giornate trascorse lontani centinaia di kilometri di distanza, del nuovo anno scolastico e del suo nuovo lavoro.
Nel frattempo, fuori il cielo si era scurito e così ci salutammo, promettendoci di sentirci più spesso.
Era proprio vero, gli amici ti rendono felici anche nei momenti più stressanti.

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