5. CELESTE

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A parte l’intoppo iniziale, la settimana filò liscia, e stranamente Thomas non si fece vedere per tutti i giorni, lasciandomi da sola persino alla lezione di salsa.
Qualcosa non andava, me lo sentivo.
A

rrivate al venerdì sera ero distrutta, ma la mattina dopo non sarei dovuta andare al lavoro, e perciò, dopo vari tentativi di persuasione da parte di Shally  per andare tutte assolutamente ad una festa della scuola e, alla fine ho ceduto e, a patto che non avremmo fatto le ore corte, abbiamo cominciato a prepararci.
Anche Elisabeth aveva deciso di venire con noi dato che, come tutti i fine settimana, si ritrovava da noi a causa  dei compagni di letto della sua coinquilina.
Le continuavamo a dire che qualche volta avrebbe dovuto mettere le cose in chiaro con quella tipa, Sarah mi sembra si chiamasse, perché la stanza non era soltanto sua.
Comunque, ci misi un po’ a decidere cosa indossare, ma alla fine, anche se non ne ero totalmente convinta, scelsi un vestito aderente approvato alla grande da Shally e Liv dato che, come dicevano le mie compagne, mi metteva in risalto le “curve perfette che avevo”.
Era un vestito nero con un il bordo argentato, che ho accompagnato da uno scalda-cuore e dei sandali altrettanto argentati.
Shally e Liv indossavano due vestiti, rispettivamente rosso e blu, attillatissimi che mettevano in risalto il seno, accompagnati da tacchi vertiginosi dei medesimi colori.
Beth, invece, aveva un semplice vestito grigio elegante che le ricadeva morbido sui fianchi e delle semplici vans.
Arrivate alla festa, avevo notato che la maggior parte degli invitati era già ubriaca e riversa nel giardino in parte a vomitare in parte a pomiciare in un modo al quanto ribrezzante.
Dopo un paio di drink Liv aveva cominciato a non capire più niente e io e Elisabeth le facevamo  da babysitter, mentre Shally l’avevamo persa d’occhio da un po’.
Odiavo le feste proprio perché quasi tutti ci andavano per sfarsi bevendo a non finire e cercando le loro prede da portare a letto.
Stavo cominciando a uscire pazza, quando intravidi la compagna esule in un angolino con un ragazzo.
Avvicinandomi per portare via Shally al dormitorio insieme alle altre, mi accorsi che il ragazzo con cui stava scambiando effusioni al quanto vomitevoli era il ragazzo che fino ad una settimana prima mi ritrovavo sempre in mezzo ai piedi e che, per non so quale strano motivo, questa settimana non si era fatto vivo per niente.
Quando ho strabuzzato gli occhi, mi sono accorta che mi ero avvicinata troppo e lui se ne era accorto.
Mi stava fissando, incredulo alla mia vista, ma non capivo perché quella scena mi provocava una sensazione di fastidio. Cavolo, non mi importava nulla di lui.
Perché, ogni volta che lo vedevo, non riuscivo più a ragionare? Non lo sopportavo neppure.
Ho fatto per voltarmi e andarmene quando ho sentito una presa ferma afferrarmi per un braccio.
In tutto ciò, Shally si era limitata a sbuffare, a inveire contro di me dicendomi qualcosa, ma subito dopo aveva ripreso a pomiciare con un altro ragazzo.
Io non sapevo che fare, se muovermi o meno, se parlare o no.
Ma non ci misi molto a pensare che lui mi attirò a se e, fissandomi intensamente, appoggiò la fronte sulla mia.
Non capivo cosa stesse succedendo, la testa mi diceva di andarmene, di mandarlo a quel paese, ma qualcosa mi impediva di muovere ogni singolo muscolo e, in fondo, non volevo nemmeno io allontanarmi da lui.
La ragione stava cominciando ad abbandonarmi.
«Sei così dannatamente sexy Cloud, perché mi fai questo.» cominciò a dire, non capivo a cosa si riferisse.
«Perché mi tratti male?», continuò a dire, ma quella domanda rimase a mezz’aria, perché, subito dopo, mi strinse di più a se e mi baciò.
Non capivo cosa mi stesse facendo quel ragazzo, più passava il tempo più avevo voglia di lui, continuava a baciarmi, sempre più appassionatamente.
Avevo perso completamente la lucidità, in quel momento sentivo il bisogno di assaporarmi ciò che mi stava facendo, le nostre lingue legate insieme sembravano. Sembrava tutto così familiare. 
La voce di Liv però mi svegliò dallo stato di trance in cui mi trovavo e qualcosa cambiò in me. La ragione vinse, lo allontanai da me con una spinta, ma il respiro affannoso che avevo non accennava a voler smettere.
«Perché questa settimana non ti sei fatto vedere?», non so per quale motivo, ma la mia voce trapelava un senso di trepidazione.
Ma era ovvio che quella domanda non avrebbe ricevuto alcuna risposta.
Alzai i tacchi e me ne andai, quella serata era durata fin troppo e, senza fiatare, le mie amiche mi seguirono.
Già lo sapevo, quella notte non avrei chiuso occhio, e il giorno dopo sarei sembrata un cadavere al lavoro.
Ero maledettamente frustrata dal fatto che, ogni volta che lo vedevo, in me si accendeva qualcosa che non riuscivo ad evitare.
Ma non potevo, lui sicuramente era uno dei soliti ragazzi Don Giovanni, non mi sarei di certo fatta abbindolare da lui.
No, no e no, doveva finire assolutamente questa storia.
Avrei chiesto al professore di salsa di farmi cambiare compagno.

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