4. CELESTE

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La mia prima lezione di salsa si è rivelata un disastro, non solo perché le coppie le ha scelte il professore, e quindi ha pensato bene che io e quel ragazzo che mi fa impazzire saremmo stati un’ottima coppia, ma anche per il semplice fatto che tra me e lui c’è stato un silenzio imbarazzante, interrotto solo da una fragorosa risata dovuta dal fatto che una delle coppie, sbagliando un passo, avevano fatto un bel tuffo sul pavimento.
Tuttavia, non credo che la giornata sarebbe potuta continuare peggio; al pomeriggio, dopo lo studio, sarei dovuta andare alla ricerca di un lavoro per poter pagare parte delle tasse accademiche, poiché la borsa di studio non copriva tutte spese, e soprattutto non volevo gravare sulle spalle della mia famiglia, dato che non vivevamo di certo nel lusso come la maggior parte degli alunni di qui.

Subito dopo l’ultima lezione della giornata mi sono fiondata in camera a concludere una ricerca sulla nascita della fotografia per poi cambiarmi e, con Liv, andare per le vie di Brooklyn alla ricerca di quel fatidico lavoro.
Anche se Liv era convinta che l’avrei trovato facilmente perché, sue testuali parole, “chi non accetterebbe una come te? I clienti non farebbero altro che aumentare!”, avevo paura che avrei sprecato una giornata, che nessuno mi avrebbe accettata perché priva di esperienza.
«Ma dai, sai fare tutto, mi hai fatto vedere tremila foto dei dolci che cucini, e che sono sicura siano squisiti, almeno alla vista lo sono sicuramente. E poi dai, sei ordinata in un modo da far paura, e per non parlare di quando non sai fare qualcosa, ti metti di coccio e, dopo due o tre tentativi, sembra che tu sia nata per fare quella cosa. Vedrai che tutti ti vorranno!», ha aggiunto per l’ennesima volta Liv con un entusiasmo incredibile, che per un momenti mi ha coinvolta.
Però non era tutto così semplice come la metteva la mia amica, infatti, dopo due ore e tre bar ancora non avevo un lavoro.
A un certo punto, sfinita dalla lunga camminata, dissi a Liv di rientrare e, al rientro, mi attirò un cartellino appeso sopra la porta del bar dove mi ritrovavo spesso a fare colazione o studiare: ebbene si, cercavano due camerieri.
Tuttavia non ero sicura fosse una bella idea lavorare lì, era un luogo in cui si riunivano gran parte dei miei compagni e mi avrebbe dato fastidio ricevere battutine sgradevoli.
D’altro canto quel lavoro mi serviva davvero e, dopo un breve colloquio con la proprietaria, diventai a tutti gli effetti parte dello staff di quel bar.
Dovevo presentarmi tutti i giorni subito dopo le lezioni tranne il martedì e il sabato e la domenica avevo il turno di mattina.
Perciò il giorno dopo, finiti i corsi, mi sono diretta immediatamente al mio nuovo lavoro e ho cominciato il turno.
Ero così entusiasta e fiera di me stessa per essere riuscita finalmente a trovare un lavoro.
Dopo circa un’oretta avevo imparato a fare gran parte delle cose che mi meravigliai di me stessa, ma quando stavo per staccare, mi sembrò di sentire una voce familiare chiedere di poter occupare l’altro posto vacante di cameriere.
In quel preciso istante lo vidi, era lui!
Eh sì, a causa del fastidio improvviso che mi pervase ciò che si trovava dentro al vassoio che avevo in mano si rovesciò per terra e tutto andò in frantumi.
A quel punto, Thomas si è girato scorgendomi, mentre la proprietaria, giustamente infastidita, mi ordinava di ripulire tutto e che sarebbe stato meglio per me non combinare altri casini, altrimenti mi sarei scordata quel lavoro. Magnifico!
Detto ciò, mi misi subito a pulire tutto il casino che avevo fatto e, poco dopo, sentii qualcuno avvicinarsi.
Avevo come la sensazione che la serata non sarebbe finita bene.
«La smetti di seguirmi Cloud?», e con questa sua uscita si mise in ginocchio come per chiedermi se mi servisse aiuto.
Non lo capivo proprio quel ragazzo.
«Ma sei serio?! Io ti seguo? Se sei tu che ti materializzi ogni volta che sto facendo qualcosa! È colpa tua se mi è caduto tutto.», gli ho praticamente inveito contro.
«Mh, sarà. Comunque, ti serve una mano?»
«Me la cavo benissimo da sola, grazie.»
Detto questo mi ha guardata per un momento con uno sguardo profondo, come se stesse per aggiungere qualcosa, ma alla fine ha fatto solo un cenno, si è alzato e se ne è andato.
Com’era possibile che ogni volta che c’era lui succedeva sempre qualche disastro? Eppure in lui c’era qualcosa di strano, qualcosa che, anche se non l’avrei mai ammesso, mi attirava come una calamita.

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