Inspira - Espira

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Un urlo.

È così che si sveglia quella notte, Manuel: sentendo un urlo.

Il che è strano, perché l'unica voce in quella casa è la sua, a meno che... 

Simone.

Si alza dal letto di corsa, senza pensarci due volte, attraversa il corridoio e si dirige verso la camera di Simone. Apre la porta e lo trova seduto sul letto, rannicchiato su se stesso, con le ginocchia al petto e le braccia a stringerle. 

Lo sguardo fisso davanti a lui, una lacrima che gli scende lungo il viso e il respiro affannato, troppo affannato. Manuel si avvicina piano, cerca di non spaventarlo. 

Gli prende una mano e gliela stringe cercando di non fare troppa pressione, ma facendogli sentire la sua presenza come se pensasse che non riesce a vederlo. 

«Simò, va tutto bene. Sei al sicuro. A casa. Ci sono io.» Cerca di ripeterglielo più volte, come una litania, sperando che la situazione migliori. Lo fa invano, tuttavia. Il respiro di Simone diventa sempre più corto, affannoso e Manuel capisce cosa sta succedendo. 

Gli stringe ancora di più la mano in un punto preciso. 

«Simo, guardami, ti prego.» Lo supplica portandogli l'altra mano sulla guancia. 

«Respira con me. Uno, due, tre, quattro» dice mentre inspira. «Ora butta fuori, uno, due, tre, quattro» mentre espira. Lo fanno due volte prima che Manuel ricominci a parlare e gli dica altro. 

«Trova cinque cose che puoi vedere, mentre continui a respirare.» Vede gli occhi di Simone iniziare a spostarsi, segno che lo sta seguendo, e lo sente che continua a respirare. 

«Bravo, ci so' io co' te. Continua così.» Lo incita, continuando a respirare come hanno iniziato. 

«Okay, ora mi servono quattro cose che puoi tocca'.» 

Lo guarda attentamente, controlla il suo respiro e gli sembra cambiare di pochissimo. Lo vede toccare il lenzuolo, il collo della sua maglietta e allargarla un po', come in cerca d'aria. Lo vede toccare il cuscino e, per ultimo, lo sente toccare il suo viso. È la prima volta che Simone lo tocca dopo quello che è successo e quasi gli si mozza il respiro anche a lui. 

L'affanno inizia a diminuire e, in quel momento, Manuel riprende «Stai andando bene, ora mi servono tre cose che puoi sentire.» 

Simone chiude gli occhi e Manuel lo interpreta come un segno che si stia concentrando, così cerca anche lui di sentire. 

La sua voce. 

Il fruscio degli alberi fuori dalla finestra. 

Il ticchettio dell'orologio sulla parete. 

Aspetta che riapra gli occhi prima di chiedergli «Due odori che ti piacciono o che riesci a sentire in questo momento.»

Manuel direbbe il profumo di Simone e l'odore dell'ammorbidente delle lenzuola. Non sa cosa direbbe Simone e in quel caso non sa nemmeno quando le ha trovate, però continua a controllare il suo respiro e gli poggia una mano sul petto, sperando che non si scosti: vuole cercare di capire se il battito del suo cuore stia rallentando insieme al respiro. 

«Ci serve un'ultima cosa, ora. Un'emozione che senti.» Fa una pausa, perché sa che è una cosa difficile in quel momento preciso, così raccoglie qualche idea e riprende a parlare: «Hai ragione, so che è difficile trovare un'emozione, ma va bene così. Sei stato bravissimo 'o stesso. 'O vedi che stai a respira' di nuovo?» 

Lo guarda annuire e sa che gli basta quello, che è il più che gli può dare in quel momento Simone. 

Manuel gli porta la mano dietro la nuca e appoggia la fronte a quella di Simone. «Sei forte, Simò, e va tutto bene. Sei al sicuro con me» gli dice con il tono più rassicurante che ci sia. 

«Ce sto io co' te» aggiunge, lasciandogli un bacio sulla fronte. 

Manuel non sa bene come muoversi dopo quel momento, non sa se sia il caso di lasciarlo solo, non sa se ha bisogno di altro, ma crede sia devastato da quella esperienza. Crede che sia provato e pensa che il sogno sia sicuramente legato a ciò che è successo, ma sa che non lo saprà mai, almeno fino a che Simone non ricomincerà a parlare. 

Così cerca di fare mente locale a cosa succedeva quando lui, da piccolo, aveva qualche incubo. Ricorda con lucidità Anita portarlo in cucina, metterlo sul tavolo per farlo sedere alla sua altezza e preparargli una camomilla. «Bevi, ti aiuterà» gli diceva sempre, per poi portarlo nel lettone con lei. 

Manuel è certo che Simone non voglia che dorma insieme a lui, ma decide che una camomilla può fargliela. Si alza dal letto e «Sdraiati e cerca di rilassarti, io ti vado a preparare una camomilla calda.»

Simone segue quello che dice e Manuel lo lascia per andare in cucina. C'è un bollitore vicino al piano cottura, quindi si rilassa un po': ci impiegherà meno tempo. 

Sa di avere la camomilla, perché Virginia gli ha dato da portarsi un vasetto di quella del suo orto, preparata l'anno prima. «Ha tutto un altro sapore e poi a Simone piace» gli aveva detto. 

Si passa una mano sul volto, mentre aspetta che l'acqua si scaldi. L'orologio segna le 3:10 e lui è esausto, non crede riuscirà a tornare a dormire dopo quello che ha visto, dopo le condizioni in cui è Simone. 

Ancora una volta maledice Dante, per aver creduto che lui fosse la scelta giusta per aiutare Simone. 

Lui non è la scelta giusta per nessuno, figurarsi per Simone. 

Prende il bollitore e versa l'acqua nella tazza dove, precedentemente, ha messo i fiori essiccati. Ha ancora qualche minuto prima di tornare da Simone e capire come comportarsi. 

Sbircia dalla porta, per vedere se Simone è ancora sveglio. È girato verso il muro, quindi non può capirlo. 

Quando filtra i fiori e prende la tazza da portargli, lo trova con lo sguardo fisso verso l'armadio e una mano portata alla gola. Immagina che l'urlo sia stato uno sforzo eccessivo per le sue corde vocali che non si muovono da due mesi e che sia quello il motivo della mano alla gola. 

Si siede sul bordo del letto, accanto a lui e gli porge la tazza. «Tieni, ho messo dentro anche un po' di miele. Ti aiuterà per la gola.» 

Il mezzo sorriso che spunta tra le labbra di Simone gli fa capire che ha fatto la cosa giusta. Probabilmente è anche la cosa giusta per il fatto che Simone, mentre con una mano prende la tazza, con l'altra lascia una carezza sulla guancia di Manuel. 

Resta lì finché non finisce la camomilla e continua a fargli compagnia, in silenzio. 

Alla fine, Manuel crede ci sia bisogno anche del silenzio in alcuni momenti. Esserci senza dire nulla, ascoltando il silenzio e lasciando che esso ti pervada. 

Non chiude la porta, quando se ne va. Ha paura che se avesse avuto bisogno non l'avrebbe sentito. 

Non riprende sonno, così decide di prendere un libro che sta usando per la tesi e continuare la lettura. 

Il giorno dopo Simone non esce dalla camera. Manuel spera che sia semplicemente sfinito dall'attacco di panico della notte precedente e che non fosse come a casa sua, quando passava giorno e notte in camera, tuttavia prende come segnale positivo il fatto che le tende siano tirate e che dalla finestra entri la luce del sole. Raramente succedeva a Roma. 

Manuel gli porta da mangiare, ma Simone non tocca nulla. Non vuole costringerlo, quindi evita. Esce dalla camera di Simone un'altra volta, chiedendosi se dovesse chiamare la dottoressa Camilli dopo quello che era successo quella notte. 

Domanda che rimane senza risposta e un'altra notte che arriva con la paura che possa succedere di nuovo. 

Hold on to meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora