Grace (11)

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Aspettai che il Sole si tuffasse nell'oceano e che le prime stelle della sera apparissero col loro fragile luccichio per trovare le forze di alzarmi e tornare a casa.
Una volta arrivata nuovamente davanti quella villa mi fermai ad osservare le sue condizioni. Queste mi ricordarono quando un giorno mio padre mi prese con sè e mi spiegò che quando lui e mia madre mi concepirono, erano troppo piccoli e diversi per sposarsi e mettere in scena una di quelle famiglie unite e perfette. Così un giorno lei se ne andò, scomparve dalla circolazione, non facendosi sentire a nessun mio compleanno o altro, mi disse che non mi aveva mai cercato, che non mi aveva mai voluta. Perciò se dovesse mai tornare, suonare il campanello della porta della mia vita credo, anzi ono sicurissima che le chiuderei la porta in faccia.
Varcando la soglia di casa mi accorsi che non ero sola nell'edificio, segui le voci che mi portarono in soggiorno dove mio padre stava discutendo animatamente con qualcuno:
-No, non hai capito Carol, lei ne ha bisogno. Io non ci sono mai a a casa e...-
-No, non voglio i tuoi soldi, quante volte te lo devo dire???-
Mi accorsi che stavo ancora immobile accanto alla porta e che lui era talmente immerso nella conversazione da non avermi neanche notata.
-No, io non ho bisogno di lei...-
-No, no, no, NO! Ma con chi credi di parlare?-
-Senti sto solamente chiedendo se può parlarle...Per favore Ca...-
Si accasciò sul divanetto, si massaggiò le tempie, il tutto mentre il telefono emetteva il suono di quando l'altra persona attacca, fu solo allora che si accorse della mia presenza. E così dopo 17 anni che non l'ho mai visto bere, neanche nei momenti più difficili, lo sorprendo con un bicchiere in mano... lui non è così, ha mille diffetti, ma non questo...
quando vide la mia figura si fermò dal portarsi il bicchiere alla bocca, ma poi vidi un bagliore scuro passare nei suoi occhi grigi e riprese a fare quel che stava per compiere, come se io non ci fossi.
-Ti ricordi quando ti ho raccontato di tua madre?-
Lo guardai perplessa, come se ci fosse uno sconosciuto in casa mia,
"Lui non è così, non è disperato, lui è un uomo d'affari... Ma anche uno che si ostina a rendermi la vita difficile, lui. uno che combatte... Quest'uomo che ho di fronte chi è??"
Distolsi lo sguardo, disgustata dall'odore dell'alcool.
-Certo che lo ricordo, ma dimmi, cosa c'entra ora?-.
Il tintinnio del ghiaccio ancora solido dentro al liquido marroncino riempì quel maledetto silenzio...
-Perchè voglio sapere da e cosa ho detto-
...quella distanza che mi separò anni luce dall'esile figura di mio padre. Non potevo credere che ne stessimo parlando o che lo stesse tirando fuori proprio adesso, sapeva ch quella ferita era ancora aperta, era ancora aperta perchè lui si era rifiutato di parlarne. D' improvviso la vista si offuscò e m sorpresi a piangere.
-Comer immaginavo...- una, due lacrime scendevano dal mio viso, -non sei ancora abbastanza matura per discutere di questo.-
Un battito mancato, un altro.
-Devo andare a lavoro a Madrid-
Un colpo, due.
Mi passò accanto e senza nemmeno guardarmi in faccia andò nell'atrio, c'era una quiete infernale, talmente tanta che sentii il tintinnio delle chiavi.
Un crack, un altro.
-A....s...p...e..t..t....a..- sibilai, ancora immobile, ancora in piedi.
-Chiedi al tuo ragazzo di portarti a scuola e, mi raccomando, tienitelo stretto. Ci vediamo.-
Aprì e sbattè la porta di casa.
-ASPETA!!- riuscii a urlare, ma lui stava già sfrecciando via.
Volò via una maschera, poi n'altra.
Mi ritrovai sola, di nuovo, a raccogliere con le mani i pezzi di vetro che formavano un cuore, un cuore ormai distrutto, che non aveva forma, non aveva identità... il mio.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 14 ⏰

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