Capitolo 8 - Toccala un'altra volta e ti uccido

74 9 1
                                    


Dylan

Dove cazzo sei, principessa?

Erano venti minuti che io e Alex perlustravamo la casa della confraternita, senza risultati. Gwen sembrava scomparsa nel nulla ed ero sull'orlo di una crisi di nervi. Avevo interrotto la scopata della sera per cercarla e adesso non c'era traccia di lei.

Merda.

«Al piano di sopra non c'è,» urlò Alex, venendomi in contro. Ci eravamo divisi per controllare stanza per stanza. In giro non si vedeva più nemmeno quel coglione di Jackson.

«Neanche qui. Quanto cazzo è grande questo posto?» Mi passai le mani fra i capelli, esasperato. Magari non stava succedendo niente di male, magari ci stavamo preoccupando per nulla e quando l'avremmo trovata avremmo anche fatto la figura degli sfigati impiccioni.

Che diritto avevo di seguirla?

Che diritto potevo vantare su di lei? Nessuno.

Eppure una piccola parte di me, quella in gabbia, chiusa nel profondo della mia mente, ringhiò il suo dissenso.

Bravo uomo delle caverne.

«Ehiii ragaaaazzi.»

«Stacy!» Alex si precipitò da lei, appena uscita da uno dei bagni. Era spettinata, un po' brilla e barcollava appena. Niente di grave. «C'è anche la tua amica lì dentro?»

«Eh?» Sembrava perplessa. Doveva essere meno lucida del previsto.

«Gwen,» m'intromisi. «C'è Gwen in bagno?» Guardai oltre la sua spalla, deciso a sfondare la porta della toilette se necessario. Stacy però si appoggiò ad Alex con tutto il suo peso scuotendo la testa.

«Aaaahhh, Gween. No, non è con me,» biasciò. «Sono stata con un amico stasera, ma poi mi ha scaricata e mi sono chiusa lì dentro a bere e a piangere. Non è stata una buona idea,» ridacchiò, poi emise un piccolo singhiozzo e Alex la cinse la vita con un braccio. Alzò lo sguardo su di me, vagamente preoccupato.

«Forse dovrei riportarla a casa,» azzardò e io annuii. «Ma non voglio lasciarti da sola a cercare...»

«Gwen?» tentai.

«Jackson.»

Digrignai i denti. Potevo gestire benissimo da solo la cosa con quello. Non sarebbe successo niente che un paio di decenni in carcere non potessero sistemare.

«Non alzerò un dito su di lui,» garantii. Stacy rise, con un ottimo tempismo, anche se immaginai non avesse capito una parola. Alex mi rivolse un sorrisetto da "non ti crede nessuno".

«Vado a cercare la mamma, gli mollo Stacy e poi torno da te. Non fare cazzate mentre non ci sono,» mi ammonì e si incamminò alla volta di Brandon. Poi si fermò. «E non fare nulla che io non farei!» urlò sopra la musica.

Ricevuto, Maine.

Sala studio, sala studio, sala studio che sembrava una cabina armadio piena di ciabatte pelose. Quante camere aveva quel posto? Le ragazze non potevano aver bisogno di così tanto spazio per le loro cose. Oh, una sala cinema.

Continuavo a camminare, schivando coppiette vomitevoli, bunnies arrapate e ragazzi ubriachi. Aprivo una porta dopo l'altra, interrompendo pomiciate e rischiando di prendere almeno tre malattie veneree. Non avevo più incontrato Alex, speravo fosse riuscito a lasciare Stacy a Brandon. La mamma chioccia si sarebbe presa cura di lei. Io, intanto, pregavo di non sorprendere Jackson a fare qualcosa che mi avrebbe costretto a usare la forza.

Pensa alla borsa di studio, Dylan.

Pensa alla mamma.

Pensa a tuo fratello.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 27 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Come acqua nel desertoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora