Ripartire da zero ;; 1

48 11 8
                                    

Nonostante la sveglia stesse già suonando da cinque minuti Jimin non ne voleva sapere di alzarsi da quel letto

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Nonostante la sveglia stesse già suonando da cinque minuti Jimin non ne voleva sapere di alzarsi da quel letto.
Erano le sei e venti del mattino, il sole non era ancora sorto eppure il biondino sentiva già il tiepido caldo settembrino illuminargli la pelle.

«Jimin la sveglia!» gridò sua madre.
Il ragazzo si rigirò tra le coperte, cercando di ignorare il richiamo della madre, ma la voce insistente lo raggiunse di nuovo, stavolta più vicina.

«Jimin! È tardi, devi prepararti per l'università!» aggiunse, bussando leggermente alla porta.

Con un sospiro esasperato, il ragazzo allungò una mano pigra verso il cellulare, spegnendo la sveglia con un tocco veloce. Si portò un braccio sugli occhi, cercando ancora di rimandare l'inevitabile. Era una di quelle mattine in cui il letto sembrava avvolgerlo con una promessa di conforto che fuori, nel mondo reale, non avrebbe trovato.

Infine, con riluttanza, si mise seduto sul bordo del letto, passandosi una mano tra i capelli disordinati. "Un altro giorno", pensò, mentre i primi raggi del sole cominciavano appena a filtrare dalle persiane. Il cielo era ancora di un tenue color viola, preludio all'alba imminente.

«Arrivo...» mormorò, anche se sua madre probabilmente non poteva sentirlo.

Si alzò in piedi, stiracchiandosi, mentre i suoi occhi vagavano pigramente per la stanza, cercando mentalmente la sua uniforme scolastica. Dopo qualche minuto, finalmente si decise a indossarla. Il tessuto dell'uniforme era rigido e ancora fresco, quasi come se cercasse di riportarlo alla realtà. Ma nella sua mente, Jimin era ancora perso in quel torpore dolce-amaro del dormiveglia, quel confine indistinto tra sogno e realtà che gli sembrava sempre così fugace.

Dopo essersi sistemato i capelli biondi, scese le scale. Al piano di sotto, il profumo di caffè appena fatto lo accolse insieme al rumore delle stoviglie. Sua madre era già sveglia da tempo, intenta a preparare la colazione.

«Buongiorno, finalmente ti sei deciso,» disse lei con un sorriso divertito mentre gli porgeva una tazza di tè. Jimin annuì, grattandosi la nuca.

«Non riesco a svegliarmi, oggi...» borbottò, sedendosi al tavolo.

«Sarà che hai fatto tardi anche ieri sera con quel telefono a furia di parlare con Yerim» replicò lei con uno sguardo ammonitore, ma senza troppo severità. Jimin scrollò le spalle senza rispondere, sorseggiando il tè caldo e cercando di scrollarsi di dosso la stanchezza. Yerim era la sua più grande amica, l'aveva conosciuta cinque anni prima e da allora non si erano mai più lasciati, nonostante i trasferimenti di Jimin.

☁☁☁☁

Jimin camminava lentamente lungo il viale alberato che conduceva alla sua nuova università. Le foglie di settembre, ormai ingiallite, si staccavano dagli alberi e fluttuavano leggere fino a terra. Il suono delle sue scarpe sul marciapiede lo accompagnava in quella mattina silenziosa, e nella sua mente si faceva sempre più strada un pensiero inevitabile: era di nuovo da solo.

𝙄𝙣 𝙮𝙤𝙪𝙧 𝙝𝙖𝙣𝙙𝙨 ;; 𝙆𝙤𝙤𝙠𝙢𝙞𝙣Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora