Stai attento ;; 10

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Quella sera, Jimin era a casa sua, disteso sul letto con la luce soffusa della sua lampada da notte che proiettava ombre morbide sulle pareti

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Quella sera, Jimin era a casa sua, disteso sul letto con la luce soffusa della sua lampada da notte che proiettava ombre morbide sulle pareti. Dopo una lunga giornata di lezioni, il suo corpo reclamava riposo, ma la sua mente non smetteva di rimuginare su quanto aveva scoperto in bagno. Le voci dei ragazzi che parlavano della festa di Jungkook e delle droghe continuavano a riecheggiare nella sua testa. Aveva cercato di scacciare quei pensieri, di convincersi che poteva dormire su quella faccenda, ma sapeva di essere troppo turbato per lasciar perdere così facilmente.

Si era confidato con Taehyung qualche ora prima, cercando di trovare un consiglio o almeno un po' di sollievo.

Taehyung aveva reagito con preoccupazione, ma anche con prudenza. «Non possiamo affrontare Jungkook direttamente. Dobbiamo essere sicuri di ciò che facciamo...» gli aveva detto, il viso serio. Jimin sapeva che aveva ragione. Affrontare Jungkook senza prove o piani poteva essere rischioso. Ma più ci pensava, più sentiva crescere dentro di sé la necessità di fare qualcosa.

I suoi occhi si chiusero, il respiro divenne più regolare. Stava per cedere al sonno, quando improvvisamente il suono secco della vibrazione del suo cellulare lo svegliò di soprassalto.

Si rigirò, sbadigliando leggermente, e allungò una mano verso il telefono sul comodino. Pensava fosse Taehyung, magari per un messaggio dell'ultimo momento. Quando accese lo schermo, però, la sua stanchezza svanì all'istante.

Un messaggio anonimo.

Non c'era nome, solo un numero sconosciuto. Il testo era breve e semplice: "Stai attento a ficcare il naso."

Il cuore di Jimin iniziò a battere all'impazzata. Si tirò su dal letto, gli occhi spalancati per l'adrenalina.

La mano che teneva il telefono cominciò a tremare leggermente mentre leggeva e rileggeva quelle parole, cercando di capire chi potesse avergliele mandate. Non c'era dubbio su cosa volessero dire: qualcuno lo stava avvertendo. Qualcuno sapeva che aveva sentito quella conversazione in bagno.
Ma chi?

Il suo primo pensiero andò immediatamente a Jungkook. Forse qualcuno aveva riferito a Jungkook che Jimin si stava informando su di lui, o magari Jungkook aveva i suoi "occhi" all'interno dell'università. Sapeva che Jungkook era influente, conosceva moltissime persone, e il suo circolo di amicizie era molto esteso. Non sarebbe stato difficile per lui scoprire chi parlava di lui, e chi ascoltava.

Il panico cominciò a montare. Jimin lanciò un'occhiata alla finestra, come se si aspettasse di vedere qualcuno fuori ad osservarlo. Le tende sottili oscillavano lievemente, mosse dalla brezza notturna. Tutto sembrava normale, ma il messaggio anonimo gli faceva sentire l'aria pesante e opprimente. Per un attimo, si chiese se non fosse tutto un errore, una coincidenza. Ma poi, leggendo nuovamente quelle parole, capì che non lo era.

Rimase seduto sul letto per qualche minuto, il cellulare stretto tra le mani. Doveva pensare a una mossa, e doveva farlo velocemente.

La prima cosa che fece fu bloccare il numero. Era un gesto automatico, anche se sapeva bene che chiunque avesse mandato quel messaggio poteva comunque raggiungerlo in altri modi. Poi aprì l'app di messaggistica per scrivere a Taehyung. Le dita gli tremavano mentre digitava:

𝙄𝙣 𝙮𝙤𝙪𝙧 𝙝𝙖𝙣𝙙𝙨 ;; 𝙆𝙤𝙤𝙠𝙢𝙞𝙣Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora