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accatastati l'uno sull'altro, fogli stropicciati con scarabocchi d'illeggibili appunti presi durante lezioni soporifere, e qualche bicchierino semivuoto di quel caffè annacquato che i distributori automatici dell'istituto rifilano agli studenti: che prepararsi per una verifica sia sempre stata un'impresa tanto ardua?

indispettito dallo stomachevole saporaccio dell'orzo che sta sorseggiando nel tentativo di assumerne i valori eccitanti e rimanere dunque vigile, l'indomabile han jisung comincia ad avere qualche riserva. è anzi, irremovibilmente convinto del fatto che dovrebbe essere ritenuto illegale, pensare di poter fissare un compito in classe ad inizio ottobre. perciò, mentre le teste dei suoi migliori amici sono ricurve sui manuali di filosofia, assorbiti dal silenzio tombale della biblioteca nella quale stanno studiando, lui si dondola sulla sedia, gemendo intorpidito.
«tutto questo è inaccettabile!» grugnisce d'improvviso, riaprendo bocca dopo ben tre minuti, dall'ultima lamentela, sta migliorando. seungmin lo folgora, pronto a sgridarlo altre cinquanta volte, se necessario.
«abbassa quella voce, vuoi farci cacciare?» sussurra, puntandogli contro una penna nera, dal tappo traforato da miriadi di segni lasciati da denti affilati. dev'essere di jeongin, è lui il conclamato ciancica-cancelleria del gruppo.

e che gruppo, un'accozzaglia improbabile di personalità tanto contrastanti da non avere praticamente niente in comune, eccezion fatta per il reciproco rispetto dei loro interessi, per lo più di nicchia; come jisung, gran patito di ogni gruppo musicale abbia cavalcato l'onda del successo dagli anni ottanta ai primi duemila, che ha trovato una sorta di alter ego in jeongin, la sua versione cinefila. dall'altra parte del lungo tavolo, siedono spalla contro spalla minho e seungmin, rispettivamente il più grande amante dei gatti che il mondo abbia mai visto, e l'unico diciottenne sulla faccia della terra che si ostina ancora a collezionare figurine di cuccioli, con l'obiettivo di completare l'ennesimo album dimenticato perfino dagli edicolanti, sulle quattrocento razze canine esistenti. ma questo è un segreto, ovviamente, nessuno al di fuori della loro elitaria cricca ne è a conoscenza.

nonostante le loro innumerevoli bizzarrie, e qualche stravagante modo di fare, l'insolitamente ordinario lee felix non potrebbe desiderare amici migliori, trai loro noiosissimi coetanei, meri compagni di scuola. paradossalmente, felix sente di essere il più diverso, assolutamente normale, privo d'alcuna ossessione giovanile, il suo unico interesse è entrare in una buona università, studiare pedagogia, e diventare un insegnante, in futuro, senza tuttavia privarsi del divertimento adolescenziale. capisce, quindi, che incurvarsi per ore ed ore sui libri di testo non è certo un piacere per chiunque. ad esempio, per il suo amico del cuore, non lo è affatto.
«non è giusto, perché stiamo già studiando? quando è ricominciata la scuola? tre settimane fa? non è normale avere un compito in classe già dopodomani.» borbotta infatti jisung, noncurante delle raggelanti occhiatacce che la bibliotecaria della scuola, una donna sulla sessantina dal naso aquilino e labbra aranciastre perennemente increspate, continua a lanciargli. la sua pazienza ha un limite, ed han ci è pericolosamente vicino.
«han, chiudi il becco e studia.» lo rimbecca stavolta jeongin, presagendo un imminente rimprovero. ma han è troppo sovversivo, per sottomettersi alla volontà di una qualunque autorità, a meno che non si tratti di jimi hendrix. se il chitarrista di voodoo child gli ordinasse di tacere, si cucirebbe la bocca seduta stante.
«mi rifiuto di studiare!» annuncia infatti, chiudendo platealmente il libro.

il tacchettio delle ballerine oramai démodé della bibliotecaria lo congela sul posto, asfissiando in un istante la sua microscopica, arrogante ribellione all'istruzione obbligatoria.
«silenzio!» sibila autoritaria la signora, stringendosi con inquietudine nel suo infeltrito golfino di colore lilla, ed i cinque annuiscono, scusandosi all'unisono.

felix trattiene una risata, quando jisung riprende a fissare con aria di sfida il ritratto di schopenhauer riportato nel manuale di filosofia, come avesse subito da lui un torto madornale. in effetti è così, se quel rinomato pessimista non avesse mai filosofeggiato, a quest'ora lui sarebbe a casa, sotto le coperte, ad ascoltare qualche disco di indie alternativo dal suo stereo nuovo di zecca. invece è qui, a scuola, alle cinque e trenta di un piovigginoso pomeriggio.
«che ingiustizia.» mormora, sconfitto.
«odio questa materia, non capisco niente!»
«piantala di frignare, ti do una mano.» sospira minho, stanco del suo incessante lagnarsi, e quando sta per sfilargli il libro da sotto il naso, il castano solleva un sopracciglio, scettico.
«tu? ma dai.» sbuffa in una smorfia, un riflesso quasi involontario. minho non è certo una cima, accettare il suo aiuto è decisamente l'ultima spiaggia, tanto vale fare da soli.
«va' al diavolo, bastardo. non sarò mai più gentile con te.» boccheggia offeso il suo amico, incrociando le braccia al petto, e nei secondi che seguono, non vola una mosca. solo lo sgranocchiare di jeongin fa da sottofondo, intento a divorare un pacchetto di patatine stantie nascosto nell'astuccio, perché si sa, nella biblioteca è assolutamente vietato introdurre cibo, bevande, radio portatili e quant'altro possa potenzialmente sporcare e danneggiare i libri, o distrarre gli altri studenti, ed il nome di jisung è sulla buona strada per essere aggiunto a questa lista nera.
«che pizza.» barbuglia, sfogliando svogliatamente le pagine del testo.

prima d'avanzare l'innocente proposta di studiare un po' assieme, felix avrebbe dovuto tenere in considerazione che quel pomeriggio, jisung si sarebbe servito di ogni sotterfugio, pur di sottrarsi a quel noiosissimo compito. ma felix è un ragazzo estremamente paziente, oltre ad un promettente uomo d'affari, conosce i suoi polli, e sa perfettamente come imbonirli. perciò sfoggia un tiepido sorriso, agguanta una ciuffo ribelle della sua folta chioma color miele e picchietta gentilmente contro la spalla del suo migliore amico, coperta da un leggero maglione traforato, rosso e grigio.
«facciamo così, se riesci a startene in silenzio e studiare fino alle sette, domani mattina mi sveglio prima e ti prendo quel disco di cui parlavi.» propone, godendosi orgogliosamente il processo di formazione di un ghigno soddisfatto sul volto di jisung, che scuote quella sua testa bruna e riccioluta e gli afferra una mano, per stringerla goffamente.
«affare fatto!» accetta, ottenendo un secondo rabbuffo dall'attempata bibliotecaria.
«fate silenzio!» tuona infatti dalla scrivania.

jisung ridacchia, e così fa anche felix, trai sospiri oramai rassegnati del resto del gruppo.
«prenderò grace, di jeff buckley.» ammicca han, entusiasta. per il suo interlocutore, tuttavia, non significa assolutamente nulla, quel nome gli entrerà da un orecchio ed uscirà dall'altro, come accadde qualche mese prima, quando si ritrovò nel negozietto di musica senza ricordarsi il titolo di un album dei radiohead di cui avrebbe dovuto comperare un vinile. allora lui, una valigetta d'articoli per scrivere ambulante, afferra i suoi post-it color pesca e ne appiccica uno sul quaderno ad anelli dell'amico.
«scrivimelo qui, ho paura di dimenticarlo.» dice, indicando il foglietto con la punta di una delle sue tante matite, meticolosamente temperata. felix è ordinato, preciso, mai posseduta una penna difettosa, una gomma da cancellare sporca, mai un righello scheggiato, è tutto perfetto. jisung canticchia a labbra serrate, e trascrive frettolosamente quanto dettogli.
«tieni, e fammi sapere quanto spendi.»

minho e jeongin si scambiano qualche occhiata d'intesa, domandandosi quanto durerà la quiete appena conquistata, e pregano superi perlomeno i dieci minuti. ma il silenzio di han è direttamente proporzionale al suo interesse, più tiene ad un disco, più a lungo riuscirà a tacere, e seungmin non potrebbe esserne più felice.
«finalmente, un po' di pace. adesso chiudete tutti il becco, non voglio cominciare l'ultimo anno con un'insufficienza.» dichiara risoluto, e tra tutti, l'annuire di felix è certamente il più vigoroso, completamente d'accordo.

in fin dei conti, l'ultimo anno è il più importante, e felix vuole arrivare all'esame finale con la giusta preparazione, le salde amicizie di sempre, e la consapevolezza d'aver vissuto dignitosamente e senza alcun rimorso, quelli che tutti ritengono essere gli anni migliori nella vita di una persona, i tanto attesi diciotto.

niente di più, niente di meno.

𝐦𝐞𝐥𝐨𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚𝐜 • 𝐡𝐲𝐮𝐧𝐥𝐢𝐱 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora