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Varcammo l'ingresso d'una sala d'attesa dalle minime dimensioni e dove persino un respiro di troppo riecheggiava di fastidio.
I due militari rimasero di guardia all'uscita di quella sala lasciandomi sola con quell'uomo dall'aria misteriosa e di cui neppure conoscevo il nome.
Alzò l'indice al cielo come a zittirmi ancor prima che potessi aprir bocca e nel mentre pareva cercare qualcosa in ogni angolo di quella sala ma non vi trovò nulla e ne fui sicura quando sospirò quasi di sollievo.
Il riccio era ben vestito in quella ch'era un'uniforme del distretto militare interno, diversa dalla solita divisa mimetica bensì accoglievano le sue braccia possenti e le cosce muscolose in un completo nero, cinghie grigie ai lati del cargo ed un giubbotto antiproiettile al di sopra della t-shirt. Un outfit dalle tinte scure che metteva in risalto la bellezza d'un volto angelico che però aveva appena assunto un'espressione minacciosa.

"Ascolta bene ciò che ti dirò perché non accadrà ancora, ci siamo intesi? Voglio aiutarti, so cosa è accaduto a tuo padre e so che non ne sei a conoscenza di tutto questo gran casino ma devi fare ciò che ti dico se vuoi uscirne viva."

Il tono di voce aveva appena sconfinato le barriere dell'eco in un sussurro e pareva esser così vicino al mio volto da farmi sentire vulnerabile. Riuscì soltanto ad annuire che forse ascoltarlo mi sarebbe stato d'aiuto per trovare una via di fuga.
Sfidai il suo sguardo in molteplici pensieri: avrei voluto capire meglio, ottenere delle risposte da lui e sapere magari una verità diversa. Ma quel video, mio padre davvero s'era suicidato. Cosa mi toccava fare per rimettere tutto in ordine? Era una responsabilità più grossa della mia testa ed io mi sentivo già stremata all'idea di dover scavare nella vita lavorativa di mio padre che da sempre mi aveva nascosta.

"Bene, vedo che è già tutto chiaro. Andiamo, abbiamo un lungo tragitto da percorrere verso casa tua."

Non esitai maggiormente ed il passo conseguì quello suo verso l'uscita ove lo sentì parlare con i due militari facendogli ben chiara la situazione della mia collaborazione dunque non vi era motivo per trattarmi in quel modo e che avrebbero anche potuto avviarsi nel furgone.
Poche ore più avanti tra la preparazione ed il da farsi del tragitto e ci ritrovammo a mettere piede nel viale della mia dimora con un magone al petto: avevo lasciato troppi ricordi tra quelle mura, trascinata via in una notte qualunque da mio padre e ribaltata in una nuova realtà così pesante da accettare.
Erano così convinti di trovare un laboratorio segreto ed il solo pensiero mi faceva accapponare la pelle.

"La signorina viene con noi, ci aiuterà a trovare ciò che stiamo cercando."

Dalle mie spalle provenì quella voce, un soldato a spingermi in avanti per farsi strada e ne conseguì una scossa mia di spalle, irritata da quel modo arrogante di trattarmi come fossi spazzatura.

"Non c'è bisogno di spingermi, ho capito."

Sbottai in modo categorico lasciando che lo sguardo fulmineo del riccio si focalizzasse su di me. Stavano esagerando e doveva capirlo.
Attraversammo il cortiletto di breve distanza sorpassando quell'erbaccia cresciuta da mesi; vividi erano i ricordi delle domeniche mattine passate proprio lì, con mia madre a farmi compagnia in sedia a sdraio e mio padre con il solito e difettoso tagliaerba che mai avrebbe gettato via e di cui ne costringeva a farne un ottimo lavoro in giardino senza mai peccare d'imprecazioni.
La porta d'ingresso venne spintonata da due uomini affinché s'aprisse con la forza e da subito venni accolta da un forte odore familiare, tutto pareva esser al suo posto.
Una forte sensazione che confondeva persino la mia mente proprio come se quello fosse un rientro a casa dopo una lunga giornata di lavoro.

"Lasciatele un attimo di respiro, dev'essere traumatico tornare nei ricordi del passato."

Ringraziai mentalmente quella sorta di gentilezza dedicatami dal riccio mentre le mie dita accarezzavano lo schienale del sofà oramai impolverato.
Percepivo tutti gli occhi dei presenti posati sulla mia persona ma questo non mi recava fastidio poiché fin troppo presa dal momento eppure, facendo per voltarmi verso loro, notai che stessero sulla difensiva come in una fase di combattimento e con le armi puntate in ogni angolo buio di casa mia.
Cosa credevano di trovare? Non vi erano presenti in dimora se non semplicemente noi.

"Dove si trova il laboratorio, Faith? Devi dircelo."

Il Generale sbottò indispettito facendo più di un passo minaccioso verso la mia figura che ne seguì il mio indietreggiare.

"Le ho già detto che non ne ho idea; sa cosa significa riuscire a spiaccicare due parole con un genitore soltanto di sera, al rientro dopo una giornata di lavoro? Perché era quello l'unico momento in cui trovavo mio padre in casa, a presenziare con il suo dovere da bravo genitore quale era e non come il mostro che credete."

Nel frattempo l'intera squadra militare occupò anche le camere di quella villetta con passi pesanti, ordini urlati al vento e lo sguardo del Generale più che inferocito che dava tutta l'aria d'esser un "me la pagherai".
L'uomo dai boccoli stressati avanzò in mia difesa facendo per trasportarmi con una forte presa attorno al mio polso.
Mi lasciò andare soltanto dopo aver superato il corridoio, lontani da occhi indiscreti. Perché aveva l'aria d'uno che conosceva già quel perimetro?
Trattenni il suo sguardo nonostante mi sentissi sotto pressione, nascosti in quell'angolo buio.
Non parlava, il suo fiato continuava ad imbattersi senza vergogna contro il mio volto poi allungò la mano posandola alla destra del mio capo in quella ch'era una libreria da parete.
Un forte rumore meccanico oltre la mia schiena mi fece voltare di scatto ritrovandomi con perplessità ad osservare la libreria che dapprima avanzò verso le nostre figure e poi, come fosse una porta, scattò.
Con calma, come in una fase numerica, si accesero delle luci bianche molto forti all'interno di quello che pareva essere davvero un laboratorio sotterraneo: dinanzi a noi vi era una lunga scalinata e scorsi dei banconi ospedalieri seppur con difficoltà.
Ero completamente sotto shock; con le voci possenti dei militari che ci superarono con maldestrezza e che giunsero alle mie orecchie come un fastidioso eco. Avrei potuto morire all'istante e nemmeno me ne sarei accorta.
Qualcosa in me era appena accaduto, una rottura nel petto come la fiducia in mio padre che sentivo ormai scemare. Quante cose mi aveva nascosto per così tanto tempo?

"Mi dispiace.. ma devi vederlo."

Il riccio mi appoggiò la mano sulla spalla spingendomi cautamente nel tragitto a seguire gli altri in quel sotterraneo.
Ma devi vederlo.
Mi ripetei mentalmente in quei passi imprecisi durante la scalinata.
Avrei atteso per porgli le dovute domande appena saremmo rimasti da soli ma sicuramente ne era a conoscenza di quest'ultime.
Un laboratorio con ancora dei camici bianchi adagiati su un lettino, tutto tinteggiato del medesimo colore, anche il marmo dei banconi che ospitavano utensili chirurgici di ogni tipo, mascherine e diverse ampolle.
Proprio quando voltai l'angolo rimasi pietrificata.
Una lunga linea orizzontale formatasi dai soldati che armati puntavano un chiaro bersaglio.
Avrei riconosciuto quella lunga gonna rossa e la camicetta bianca persino tra la folla d'un centro commerciale.
Sorpassai quei corpi massicci soltanto per adagiare le mani contro il vetro antiproiettile e le urla disumane dall'altra parte mi fecero rabbrividire.

"Mamma.."

Ansimai di dolore con le gambe che da lì a poco non avrebbero più retto il mio peso.
Non avevo idea di quanto potesse esser ancora viva neppure se ricordava di sua figlia dopo cinque anni di completa assenza da parte sua.
La brutta bestia che occupava il suo polmone me l'aveva strappata troppo in fretta e diciannove anni erano pochi per sopportare la perdita d'un genitore.
Com'era possibile tutto quello?
Ricordavo perfettamente il suo funerale, il pianto interrotto di quella giornata e la bara calata nella fossa.
Ma lei invece era lì, oramai una soppressa.

"Anche questo ti aveva nascosto tuo padre, Faith?"

Ci fu un momento di sarcasmo che neppure badai.
Il bel viso di mia madre come le braccia scoperte dalla camicetta estiva erano in uno stato avanzato di decomposizione e non frenava la furia del suo continuo scagliarsi contro il vetro con la prontezza di voler strappare le carni di qualcheduno pur di cibarsi.

"Continuate a cercare l'antidoto, deve esser nascosto da qualche parte qui dentro."

𝑅𝑒𝑏𝑖𝑟𝑡𝘩Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora