Epilogo

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Camminavo in maniera instabile.
Non per il buio, ci vedevo bene, ma le mie nuove gambe erano esili e lunghe per quel corpo sproporzionato.
Il tentacolo sfiorava terra e l'uncino graffiava le pareti di cemento.
Distinguevo vari odori: melma, urina, topi, immondizia, scarti industriali.

Sono le fogne.

Disse quel briciolo di coscienza che mi era rimasta.

Andranno bene, per ora. Posso aspettarla qui.

I topi e gli insetti mi avrebbero nutrito, me lo aveva garantito.
Camminai per un tempo interminabile.
Poi lo vidi.
Era come me.
Forse lo era stato anche in passato.

Fratello, mi chiamò mentalmente.

E la mia coscienza, ormai agli sgoccioli, riconobbe qualcosa di famigliare in quella voce.

Sorella, lo corressi nella mia mente, ma il concetto di maschile e femminile apparteneva ad una vita che non ci sarebbe mai più stata.
Mi avvicinai a lui.

Fratello, lo chiamai a mia volta. Aspettiamo qui?

Sì, Lei ha detto così...

Per quanto dovremmo aspettarla?

Questo non lo so, pensò tristemente.

Ora vieni... non lasciamo i nostri fratelli da soli.

Ci sono altri fratelli?

Sì... senti le loro menti?

Era vero. Eravamo centinaia.
Un tempo Umani. Ora suoi figli.

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Ringraziamenti.
Grazie a te, chiunque tu sia, per aver letto questo mio primo Prologo.
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Grazie ancora,
Mara

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