Capitolo 4 - Parlami

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Trascorsero tre giorni.
Roxane, Serra, Kris e Kayle erano in pena per me.
Non dormivo a sufficienza e a stento mangiavo un boccone tra una vivisezione ed un esame al microscopio.
Scrivevo appunti sui miei taccuini o sul computer, dividevo i campioni e li comparavo, scattavo foto, video oppure facevo delle registrazioni vocali se avevo le mani occupate.
La sera era il mio momento preferito.
Il resto del gruppo tornava nelle tende a dormire ed io restavano solo con Lei.
Trascrivevo tutto quello che avevo raccolto durante il giorno sul computer creando cartelle su cartelle, salvando file su file.
E lo facevo ad alta voce.

"Diamine, 100 cartelle!" esclamai, quando ebbi finito di scrivere. "Mi stupisce che questo coso non abbia ancora dato il messaggio di memoria piena!".

Mi voltai verso di Lei.
Mi preoccupavo sempre di richiuderle lo squarcio che la divideva in due prima di rimettere la capsula in verticale, anche se questo significava scucirla di nuovo l'indomani e ciò portava via spesso molto tempo.
Cucivo con così tanta cura da far invidia ad un sarto ed i punti non si vedevano a meno che non la si guardasse con attenzione.

"Anche per oggi abbiamo finito. Il Congresso sarà soddisfatto... ".

Già il Congresso sarebbe stato inondato da scartoffie da esaminare, ma a me mancava ancora una cosa.
Tutte le sere, quando spegnevo il computer, mi appoggiavo alla capsula con la fronte e accarezzavo il vetro all'altezza del suo viso.
Le luci accese della capsula facevano brillare il liquido anti-decomposizione ed alteravano il colore dei suoi capelli, facendoli diventare di un biondo normale, più umano.

"Parlami... " la supplicai con un filo di voce, così esiguo che io stesso avevo a stento sentito la mia voce.
Come poteva parlarmi?
Erano tre giorni che l'aprivo e la richiudevo portandole via ogni volta qualche centimetro di qualcosa.
Organi simili ai nostri per funzione, diversi nella forma e nel colore.
Ed il suo sangue...
Il suo sangue era nero come l'inchiostro. Un sangue ferroso, che rendeva i tessuti e gli organi duri come cotiche.
Continuavo a non spiegarmi l'assenza dei piedi e la loro cauterizzazione.
Ma non m'importava neanche.
Il mio unico pensiero ora era di restare con lei quanto più possibile, prima che Congresso decidesse di rinchiuderla da qualche parte protetta dall'esercito.

"Parlami" ripetei, questa volta con un po' più di voce. "Parlami, ti prego... se parli dovrò continuare a studiarti".

Il suo stomaco si mosse. Mi allontanai dal vetro e mi stropicciai gli occhi: lo avevo visto davvero o era la stanchezza a farmi un brutto scherzo?
No, mosse di nuovo la pancia.

Com'è possibile? No, anzi, è strabiliate devo solo cercare di capire come fare per...

Muoveva il ventre, ma non le labbra, come una ventriloqua.
Ebbi un'idea.
Feci un piccolo taglio alla trachea e la intubai come se fosse in crisi respiratoria... e la sentii respirare!
Un respiro molto veloce rispetto a quello di umano dormiente e più simile a quello di un animale.

"Sei viva! SEI VIVA!" esultai, ma la gioia che provavo era troppa per limitarsi a saltare per la stanza come alla finale di una partita: dovevo dirlo a tutti.
Ma fu proprio in quel momento in cui, da fuori, udii delle urla raccapriccianti.

Prologues of Arcani - Il ricercatoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora