Capitolo 25

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Lili;

Le foto mi avevano travolta come un'ondata improvvisa. Ero bloccata davanti allo schermo, incapace di pensare chiaramente, finché non sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla. Mi voltai di scatto e noto Rodrigo, con un'espressione comprensiva ma distante.

"Ehi... stai tranquilla" dice con voce calma, come se quelle parole potessero davvero risolvere il caos che si era appena scatenato.

Mi provai a calmare, ma era impossibile.
Il battito del cuore mi rimbombava nelle orecchie, e ogni respiro sembrava più difficile del precedente.
Senza dire nulla, afferrai le mie cose e mi fiondai fuori dalla stanza, sentendo le lacrime formarsi agli angoli degli occhi. Dovevo andarmene.

Arrivai di corsa a casa di mio padre, Mateo ancora inconsapevole di tutto. Mio padre mi accolse con lo sguardo preoccupato.

"Ehi amore, tutto bene? Ti vedo strana..."

Non riuscivo a dire niente. Non volevo fargli capire il disastro in cui mi trovavo. Presi Mateo tra le braccia e lo strinsi forte, cercando di mascherare il mio tremore.

"Papà, devo tornare in Italia. Subito."

Mio padre mi guardò perplesso, ma non chiese spiegazioni.
Sapeva che qualcosa non andava, ma rispettava il mio silenzio.
Preparammo rapidamente le valigie, e nonostante il mio tentativo di essere discreta, i paparazzi erano già all'erta.

Il tragitto verso l'aeroporto fu un incubo. Flash, telecamere, domande gridate da ogni angolo. Mateo, confuso e spaventato, mi strinse la mano mentre cercavo di coprirlo il più possibile.
Era troppo tardi.
Le immagini di noi due si stavano già diffondendo come un virus, e io non potevo fermarlo.

Una volta al gate, pensai di essere al sicuro, ma non appena ci imbarcammo, qualcuno iniziò a scattare foto a bordo.
Li sentivo, quei flash nascosti, cercando di immortalare ogni mio movimento. Mateo cercava di riposare appoggiato a me, ma io ero troppo tesa per rilassarmi.

Sapevo che una volta tornata in Italia, sarebbe stato un inferno.

_

Non appena l'aereo atterrò in Italia, sentii il peso di ciò che mi aspettava.
Ero esausta, ma sapevo che la parte peggiore doveva ancora arrivare.
Davide mi aveva chiamata qualche volta durante il volo, ma non ero riuscita a rispondere.
Quando finalmente arrivai a casa, fui accolta da una folla di paparazzi che mi aspettava fuori. Flash impazziti, voci sovrapposte, domande che non volevo sentire.

Davide era già fuori, con il volto teso e gli occhi furiosi.

"Una cazzo di vita non ce l'avete, vero??" urlava, cercando di mandarli via, ma quei predatori non mollavano.
I loro obiettivi si fissavano su di me e su Mateo, che si stringeva alla mia gamba con occhi spaventati.

Appena Davide mi vide, senza perdere tempo, prende Mateo in braccio e corse verso casa.
Io lo seguii, il cuore martellante e le gambe pesanti come il piombo.
Appena la porta si chiuse dietro di noi, tutto crollò.
Mi sentii improvvisamente vuota e distrutta.

Senza dire una parola, mi lasciai cadere sul divano, incapace di pensare, incapace di respirare.
Davide, dopo aver sistemato Mateo in camera, insieme ad Eleonora tornò in soggiorno e si sedette di fronte a me.

Lo guardo, cercando di trovare qualcosa da dire, ma la verità era che non avevo le forze.
Le lacrime iniziarono a scendere silenziosamente.

"Lili... cosa diavolo è successo?" chiede con tono preoccupato, ma anche incredulo.

"Il telefono non smette di squillare, e... quelle foto..."

Non riuscivo a rispondere. Ogni volta che provavo a parlare, sentivo un nodo stringersi in gola. Tutto ciò che potevo fare era rimanere lì, con la testa tra le mani, sperando che tutto questo incubo finisse.

"Ho combinato un casino, Davide. Un casino enorme."

Lui sospira, passando una mano tra i capelli.

Ero un disastro.

𝐒𝐜𝐢𝐯𝐨𝐥𝐢 𝐝𝐢 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐨; 𝐋𝐌Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora