Capitolo 23

122 6 2
                                    

Lili;

Era passato un anno, la vita sembrava essersi stabilizzata su binari diversi, lontani da quel turbinio di emozioni che mi aveva trascinata in un buio profondo.

Eleonora era incinta di Davide, e la notizia mi aveva colpita in modo particolare: un misto di sorpresa, gioia e, inevitabilmente, un piccolo pungolo di malinconia.

«Già lo senti scalciare?» le domando, accarezzando dolcemente il suo pancino tondo. Lei annuisce sorridendo.

«Ogni tanto, soprattutto la sera, quando mi metto di lato... si fa sentire eccome.» Il suo sorriso era radioso, e non potevo che condividere la sua gioia.

Mateo era felicissimo all'idea di avere un fratellino.
A soli cinque anni, parlava ormai senza problemi e non faceva altro che chiedermi quando sarebbe arrivato il "nuovo bimbo".
La sua spensieratezza e la sua curiosità mi riempivano di orgoglio e di sollievo, considerando tutto quello che aveva passato.

Quanto a me, avevo imparato a convivere con la stampella, la mia compagna inseparabile.
La gamba faceva ancora fatica a reggere il peso, ma il dolore non era più insopportabile come un tempo.
Ero tornata a lavorare, anche se con ritmi più rilassati per evitare di danneggiare ulteriormente la mia salute.
Gli eventi dell'anno passato avevano lasciato segni profondi, ma il sostegno psicologico mi aveva aiutata a ritrovare una parvenza di equilibrio.

«Si può sapere di cosa stavate parlando voi due?» chiede Davide entrando in casa, ancora in tenuta da partita, con i capelli arruffati e quel sorriso stanco ma soddisfatto.
Avevamo seguito la sua partita in TV, tifando come sempre.

«Ehi, campione!» lo saluto con affetto.

«Stavamo parlando con tuo figlio.» dico ridendo, indicando il pancino di Eleonora.

«Papà! Mi aiuti a fare i compiti?» interviene Mateo, correndo verso di lui con un quaderno tra le mani.

Davide lo prende in braccio e lo porta in cucina.

«A' papà, so' stanco... che c'hai da fà?» borbotta mentre si siede al tavolo.
La scena era comica: Davide cercava di risolvere gli esercizi di addizioni che Mateo gli mostrava, ma non riusciva a capirci nulla.

«Ma che so ste cose...?» sbuffa, fingendo di fare i calcoli mentalmente. Mateo lo guardava perplesso.

«Papi, devi farli in colonna, non con la calcolatrice!» ride, mentre Davide aveva un'espressione scioccata.

«A papà, io non so bravo quanto te. Me so' preso er diploma comprato!» Scoppiamo tutti a ridere, persino Eleonora, che scuote la testa divertita.

«Forse era meglio non fare un figlio in questo momento...» dice scherzando.

Improvvisamente, il telefono di Davide, che era sul tavolo, aveva iniziato a squillare.
Il sorriso che avevo sul volto si era spento immediatamente quando leggo il nome che compariva sullo schermo.

Davide si alza e prende il telefono.

«Scusate, arrivo subito.»

«Lautaro, dimmi,» dice mentre si allontana in salotto.

E io sentivo il cuore sprofondare.

Cerco di concentrarmi su Mateo e i suoi compiti, ma sentivo ogni singola parola della loro conversazione.

«Nono, certo, passa pure tranquillamente. Non ti preoccupare, te la porto io in macchina... Sì, sì, a dopo.» La chiamata si concluse in modo freddo e il mio cuore si era contratto ancora di più.

Davide torna in cucina come se nulla fosse successo.

«Amo', prendi il mio borsone, ce sta dentro una collana di un mio compagno di squadra. Pensavo fosse mia e me la so' portata via.»

Eleonora annuisce e andando a cercargliela.
Io invente rimango in silenzio.

Non c'era bisogno che Davide mi dicesse altro. Sapevo benissimo chi fosse quel "compagno di squadra". 

«So chi era, Davide. Non serve che lo camuffi.» dico senza alzare lo sguardo, accarezzando i capelli di Mateo che era concentrato sul suo quaderno.

Lui rimane in silenzio.
Si avvertiva una tensione che nessuno dei due voleva affrontare.

Poi, il campanello suona.

Mateo corre insieme a Davide ad aprire la porta. Io rimango nella cucina, cercando di fare di tutto per non uscire.

La sua voce..risuonava chiara e pungente.

«Ehi!! Mateo, ciao piccolo!» dice Lautaro, con quel tono caldo e familiare che mi aveva sempre colpita.

Mateo lo saluta dolcemente, e poi fu il turno di Eleonora.

«Ciao Lautaro» lo saluta lei, mentre lui le poggiava una mano sul pancino.

«Ehi, come sta questo pargoletto?»

«Bene, bene, cresce» risponde Davide, avvolgendo una mano sul fianco di Eleonora.

Io osservavo la scena da dietro l'uscio della porta, combattendo con ogni fibra del mio essere per non farmi vedere.

«Ho Fatima in macchina. Stavamo andando a cena... volete unirvi a noi?» chiede Lautaro, con quella leggerezza che mi fece male al petto.

Il silenzio cala sulla stanza, ma fu Mateo a rompere tutto.

«Mamma, andiamo a cena con Lautaro?» Il mio cuore si ferma per un attimo, mentre notavo Lautaro irrigidirsi.

«Domani lavoro, piccolo. Vai tu con papà ed Ele se vuoi.» Sussurro piano, cercando di nascondere la mia voce.

«Meglio un'altra volta, Lauti»risponde Davide, chiudendo con quel tono amichevole che solo lui riusciva a mantenere in quelle circostanze.

Lautaro sembrava bloccato, come se non sapesse più cosa dire.
Il suo sguardo cercava il mio, ma io ero rimasta nascosta, lottando contro il tumulto dentro di me.

«Va bene, sarà per la prossima volta. Ciao ragazzi, salutami Mateo.» Si congeda con un sorriso, e appena esce, tutto sembrava essere finito.

Davide torna in cucina e mi guarda.

«Lili...»

Alzo lo sguardo, trattenendo il respiro.

«Dimmi, Davide.»

«Mi dispiace che hai dovuto vedere tutto questo.» La sua voce era bassa, quasi colpevole.

«Tranquillo, Davide. Tranquillo.» Rispondo, cercando di mantenere una parvenza di serenità, ma dentro di me sapevo che quella ferita non si sarebbe rimarginata facilmente.

Lautaro era tornato, e con lui, tutti quei sentimenti che pensavo di aver sepolto.

𝐒𝐜𝐢𝐯𝐨𝐥𝐢 𝐝𝐢 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐨; 𝐋𝐌Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora