Abbiamo passato una notte infernale tra freddo, scomodità totale e una puzza di chiuso che, piuttosto, avrei preferito tornare alla casa famiglia. In compenso abbiamo avuto la possibilità di caricare i telefoni e, anche se male, di dormire almeno un paio d'ore.
Ora siamo uno accanto all'altra sulla via principale della città dove è situata la centrale della polizia. Mentre cammino riesco a vedere me da piccolo con un lungo cappotto, cappello di lana e guanti da neve mano nella mano con mia madre, quel pomeriggio aveva nevicato e io non avevo niente di pesante per sopportare tutto quel freddo. Al solo pensiero mi scende una lacrima silenziosa lungo la guancia che asciugo immediatamente con il dorso della mano, non voglio che Jess mi veda piangere, non voglio che nessuno mi veda piangere. Non sono uno che piange spesso o che scoppia per la minima cosa, ma da due giorni qualcosa è cambiato e mi sento continuamente esplodere, potrei crollare anche solo se mi venisse male il caffe.
Quando raggiungiamo la centrale nessuno di noi due ha ancora aperto bocca, ma Jess decide di rompere il silenzio
"Sei pronto?"
Annuisco leggermente e ci dirigiamo verso l'ingresso.
All'interno regna il silenzio totale se non per l'interferenza di qualche radio. Ci avviciniamo alla scrivania dell'agente seduto all'ingresso ma non ci nota minimamente, quindi mi schiarisco la voce e lui alza gli occhi.
"Vorremmo parlare con John, fa parte dei servizi segreti." chiedo timidamente
"Voi siete?"
"Jessica Price e Ryan Wolfe." risponde immediatamente Jessica al mio fianco
"Intendo per lui siete ...?"
"Ah, mi scusi, siamo suoi cugini"
"Alla lontana" aggiunge Jess.
L'agente Williams, questo è il nome che ho letto sul cartellino che porta appuntato alla camicia all'altezza del cuore, ci guarda di sbieco, ma decide comunque di chiamare John.
"Agente John Miller richiesto dai signorini Price e Wolfe all'ingresso, grazie"
Ringraziamo l'agente che ci fa cenno di sederci sulle sedie di plastica blu nella sala d'aspetto.
Aspettiamo una ventina di minuti per vedere John, aveva una riunione importante, ci disse l'agente prima di mettersi le cuffie alle orecchie per ascoltare chissà che cosa. Ma finalmente vedo uscire dalla porta che conduce nella centrale vera e propria una donna in divisa con un cappuccio in testa e un passamontagna che per un attimo mi sembra mia madre, ma poi le pronuncia le parole
"Potete entrare. John è di là, vi sta aspettando" dice con una voce che non è assolutamente quella di mia madre e mi risveglio come se mi avessero buttato addosso una secchiata d'acqua gelida in faccia. Do una gomitata leggera a Jess che nel frattempo, con la sua fantastica abilità di dormire ovunque, nel frattempo si era appisolata con le braccia incrociate sul petto e la testa penzoloni. Si sveglia di soprassalto e mi guarda malissimo rimproverandomi di questa mia azione terribile.
"Scusa" le sussurro abbassandomi un po' di modo che mi possa sentire.
Il misterioso agente ci scorta oltre la porta verso una grande stanza circolare con al suo interno solo un grande tavolo circolare in metallo con 12 sedie affiancate ad esso. Solo una è occupata da un uomo che sembra apparentemente minaccioso ma appena alza lo sguardo su di noi gli spunta un sorriso a trentadue denti e a quel punto riconosco John.
Jessica mi guarda come se fosse sul punto di chiedere 'chi cazzo è questo?', quindi mimo con le labbra la parola 'John' e lei alza gli occhi al cielo, allora le do un leggero pizzico sulla spalla per ricordarle che è maleducazione.
"Ragazzi! Quanto tempo!" esclama John mentre ci si avvicina con le braccia allargate "Fatevi dare un abbraccio!" ci stringe in una presa solida e forte, ma allo stesso tempo dolce e protettiva.
Non faccio in tempo a John che a Jessica non piacciono gli abbracci che lui lo ha scaraventato via con uno spintone.
"Non ti conosco! Non ti permettere mai più di toccarmi, stronzo!" urla Jess visibilmente presa dal panico.
"Jessica, calmati. Non lo fa con cattive intenzioni"
Da quando sua madre è morta rifiuta ogni forma d'affetto che non sia da parte mia o da parte di suo padre, Aaron. Avevano un legame tutto loro. Quando da piccolo andavo a casa sua per giocare insieme le trovavo sedute vicine sul panchetto del pianoforte che ormai non suona più.
"Scusami, non volevo spaventarti, sono John, un caro amico dei vostri genitori e, a proposito, mi dispiace tanto, ma vi giuro che stiamo facendo il possibile per farli tornare a casa." dicendo questo allunga una mano in direzione di Jessica e lei la stringe non totalmente convinta.
"Ciao, John, siamo qui per un preciso motivo e immagino tu possa sapere quale." chiedo
"Certo, vorrete sapere perché hanno rapito i vostri genitori, no?"
"Secondo te, genio?" dice con tono provocatorio Jess, ma so che la sua è solo una difesa, una corazza che ha messo su mattone per mattone dopo innumerevoli sofferenze, a partire dalla scomparsa della madre.
"Okay, vi spiegherò tutto, ma per favore, sedetevi" e ci indica due sedie davanti alla sua.
Lentamente decidiamo di sederci e lui inizia a parlare.
"Sapete che i vostri genitori sono agenti segreti, giusto?"
Annuiamo all'unisono e lui ricomincia a parlare.
"Stavano indagando sotto copertura in una fabbrica per motivi che non posso spiegare..."
"Spero tu stia scherzando" esclama Jessica agitando le braccia
"No, ragazzi. Non posso dirvi più di quello che vi sto per raccontare. Dicevamo: i proprietari della fabbrica hanno scoperto che i vostri genitori avevano trovato prove compromettenti e hanno deciso di ricattarci rapendoli e chiedendoci, in cambio della loro libertà, di smettere di fare indagini su di loro. Questo è tutto quello che potete sapere, mi dispiace."
"Tranquillo John, ci sei stato molto di aiuto." Dico cercando di tranquillizzarlo. Ma le mie intenzioni vanno in fumo quando Jessica si alza, prende la sedia dallo schienale e la scaraventa per terra iniziando ad urlare.
"Siamo scappati dalla casa famiglia!" un pugno sul tavolo
"Abbiamo dormito in un cazzo di garage!" un altro pugno, stavolta accompagnato da una lacrima
"Non mangiamo da 2 fottutissimi giorni!" ancora un pugno, lacrime ormai a dirotto e le si incrina la voce
"Tutto per non sapere niente! Niente!" si accascia per terra e io le corro incontro per sorreggerla e consolarla.
"Va tutto bene. Non è niente..." le dico accarezzandole i capelli. Il suo corpo è sconquassato dai singhiozzi e fa fatica a respirare, ma con un po' di tempo la sua schiena inizia ad alzarsi e abbassarsi in modo sempre più regolare sotto il mio tocco.
Chiedo scusa a John con lo sguardo, ma lui mi rassicura dicendo con il labiale che è tutto normale.
"Che ne dite se ora andate fuori a prendere una boccata d'aria e ci vediamo tra un'oretta qui fuori alla fine del mio turno?"
Annuisco, prendo per mano Jessica e l'accompagno fuori.
ho appena scoperto l'esistenza del grassetto, quindi li scriverò così i miei messaggi. ALLORAH. su questo capitolo cho sbattuto la testa una marea di volte perché non sapevo come scriverlo, ma vabbeh. spero vi piaccia. BUONA LETTURA 😘✨️
CZYTASZ
Pensavamo di non farcela...
Mystery / ThrillerDue adolescenti, Jessica e Ryan, si ritrovano in un vero e proprio giallo. Riusciranno a salvare i propri cari?