CAPITOLO 2 (POV DI JESSICA)

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"Mamma!" grido tra i singhiozzi "Mamma dove sei?"

Tutti mi guardano eppure è come se non esistessi al tempo stesso.

Sto per salire sulla barca di salvataggio quando vedo una chioma biondo cenere risalire a galla. Sono i suoi capelli. Non riesco più a respirare. Mi si appanna la vista ma una presa salda mi afferra dalle ascelle e mi trascina sulla barchetta di salvataggio.

Mi sveglio completamente sudata in una camera che non è né la mia né quella di Ryan.

Giro piano la testa e trovo Ryan rannicchiato su una poltrona con una coperta. Giro la testa dall'altra parte e vedo un piccolo comodino con un bicchiere d'acqua che non aspetto a bere.

Mi faccio forza sui gomiti e mi metto a sedere, in quell'esatto momento si sveglia anche Ryan. Si stropiccia gli occhi in una maniera che mi fa sempre ridere, ma non ora.

"Quanto è durato stavolta?" chiedo a Ryan mentre mi stacco la flebo dal braccio.

"Solo due ore."

è mio solito svenire, ma spesso i miei collassi durano almeno cinque ore, se non giorni interi.

Sono i momenti che odio di più della mia vita perché rivivo sempre la stessa scena, sono chiusa in un loop infinito di dolore e tristezza.

Anche se ormai sono passati dieci anni, i ricordi di quel giorno mi rimangono nitidi nella mente, come se fosse successo ieri.

Mi alzo e mi rivesto mentre Ryan mi guarda totalmente contrariato come tutte le volte che svengo e mi rifiuto di rimanere in ospedale un minuto di più.

"Senti Ryan, ora abbiamo problemi ben più grandi" lo guardo dispiaciuta consapevole del legame che ha con sua madre.

"Hai qualche idea su dove andare? Penso che se hanno rapito i nostri genitori, chiunque essi siano, magari vorranno anche noi." Ryan finisce la frase così velocemente che non ho nemmeno il tempo di metabolizzare.

"Ryan tutto bene? Hai parlato così veloce..."

"No! Non va tutto bene! E soprattutto non siamo in ospedale. Jess... Siamo in una casa famiglia." scoppia a piangere e lo avvolgo in un caldo abbraccio mentre cerco di metabolizzare la situazione. Essendo lui alto un metro e settantacinque e io solo un metro e cinquanta gli arrivo a malapena al mento, ma so che gli piace comunque.

"Niente va bene... Tu hai il tuo modo di sfogarti: svieni, come quella volta. Io invece mi tengo tutto dentro fino a che non arriva qualcosa di grosso ed esplodo."

Il fatto che Ryan sia così triste e agitato non mi mette per niente forza visto che, di solito, io sono quella aggressiva ed impulsiva che fa i danni e lui quello calmo e tranquillo che vi pone rimedio.

Ora si sono invertiti i ruoli e ciò mi destabilizza abbastanza, ma non posso cedere ora che lui ha bisogno di me.

"Andrà tutto bene... Almeno spero." sussurro sul suo petto che si alza e si abbassa in maniera sempre più regolare.

"Penso che per prima cosa dovremmo uscire da qui e andare a casa."

Ryan si stacca dall'abbraccio, recupera le sue cose e, dopo aver appurato che è sicuro, saltiamo dalla finestra della casa. Ormai siamo due esperti a scappare.

Dopo i miei innumerevoli collassi finivo continuamente in ospedale e con me c'era sempre Ryan, peccato che mi trattenevano lì per più di due giorni dopo il mio risveglio, così abbiamo imparato a scappare. Le abbiamo provate tutte: la finestra, distrarre la segretaria, corrompere un bambino con delle caramelle per distrarre i medici... Insomma, di tutto.

Mentre camminiamo fuori dal vialetto della casa, una signora sui quaranta ci ferma.

"ragazzi non potete scappare, so che è difficile ma ora la vostra casa è questa"

ci mette un braccio sulle spalle e ci riconduce all'interno per la cena.  

Pensavamo di non farcela...Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz