Nove giorni. Radunmah e Osvoland avevano trainato il carro per nove giorni. Erano stanchi, affaticati, stremati.
<<Muovetevi! Più veloci!>> Portus continuava a gridare come se davvero servisse a qualcosa, come se i due potessero ignorare la fame, la sete e il sonno. Il loro aguzzino concedeva ben poche pause, per fortuna li faceva fermare quando lui stesso aveva fame o doveva andare di corpo.
Avevano da poco visto il tramonto dietro le montagne a Nord quando la loro attenzione venne attirata da qualcosa.
<<Delle mura!>> gridò entusiasta Radunmah.
<<Siamo arrivati alla capitale!>> esclamò euforico Osvoland.
Erano contenti di essere finalmente arrivati e si fermarono a contemplare quegli edifici così alti. Forse sarebbero stati venduti a un gargajin per fargli da servitori, forse avrebbero passato il resto delle loro vite a pulire le incrostazioni dei bagni pubblici dei beuluk, ma qualsiasi cosa sembrava meglio di quei nove giorni guidati dalle grida di Portus.I due feralni, però, si sbagliavano.
<<Zotici ignoranti.>> si lamentò il vice-capitano <<Calmitup è ben lontana, così come lo è qualsiasi forma di civiltà. Quella che vedete è Uttiscan, la città dei briganti, il motivo per cui le rotte commerciali non passano più per la penisola meridionale.>>
Radunmah e Osvoland ripresero a muoversi e si diressero verso Uttiscan. La strada portava direttamente all'enorme portone di legno e metallo che si trovava tra due torri di guardia a tre piani, le mura formate da tronchi d'albero si estendevano a perdita d'occhio.
<<Fermi!>> ordinò Portus <<Dove pensate di andare? Prendete la strada a sinistra! Siamo già in ritardo!>>In quel momento, il portone della città si aprì. I locali erano stati attirati dalle urla del beuluk. Si sentì uno scoppio e Portus cadde a terra: gli avevano sparato alla spalla destra. Quattro individui mascherati in maniera assurda uscirono dal portone, correndo in una formazione insolita e saltellando di qua e di là. Con rapidi movimenti delle mani, lanciarono dei pugnali verso i due feralni per tagliare le corde con cui erano legati al carro, poi si scagliarono contro di loro, li atterrarono e li ammanettarono. Apparvero anche due individui incappucciati insieme a un grande sturobuo, lo legarono al carro e raccolsero l'urucinto ferito per ammanettare anche lui e metterlo sul retro del mezzo sequestrato. Mentre spiavano oltre il portone, Radunmah e Osvoland vennero spinti e portati all'interno della città insieme al carro e al vice-capitano Portus.
<<Benvenuti a Uttiscan! Fatto bel viaggio? Speriamo che le vostre merci siano di valore!>> una folla schiamazzava e qualcuno tirava sassi e verdure marce. L'accoglienza non fu delle migliori.Uttiscan era la quarta città più grande del continente. Del resto, ce n'erano solo quattro. Era però l'unica a non essere sotto il controllo dei gargajin e gli urucinti non ci mettevano piede da decenni, se non come prigionieri e, secondo qualcuno, come ingredienti. Non esistevano possidenti né feudatari, niente vassalli né guarnigioni. Circolavano diverse voci sulla città, sulle sue origini, sulle attività svolte al suo interno. Si diceva che fosse nata dall'unione di alcune baraccopoli e villaggi caduti in disgrazia per una carestia o un'epidemia. Si diceva che venisse occultamente governata da agenti segreti che rispondevano direttamente ai praeclarus-flamen perché servisse a controllare meglio il resto del continente: "comportati bene o ti vendo a Uttiscan", "tenta di fuggire e ti rapiranno i banditi di Uttiscan". Si diceva che anche i traditori dell'impero venissero mandati lì.
Quale che fosse la verità, Uttiscan si prestava bene al suo ruolo e alla sua nomea. Edifici fatiscenti, vicoli stretti, angoli oscuri, case ammassate o costruite le une sulle altre: era il rifugio ideale per banditi, briganti, ladri, contrabbandieri e addirittura mercenari che svolgevano il lavoro sporco per alcuni soldati e possidenti senza scrupoli. La regola non scritta della città era "prendi o ti verrà preso, mangia o sarai mangiato". Era la sopravvivenza del più forte, del più furbo o del più spietato.
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Aradun - la Marcia dei Senza Nome
Fantasi''Siamo schiavi, non abbiamo diritti, poteri, nulla. Viviamo nel nostro piccolo villaggio come se la nostra vita fosse normale, ma siamo costretti a morire di fame per saziare i ricchi che vivono in città, nei loro palazzi e nei loro castelli.'' Nel...