Capitolo 7: La gara

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Joey:

Il giorno dopo ci trovavano in cima ad una collina.

C'era una grossa pista, che dopo un po' si trasformava in un incrocio, da entrambe le parti era in salita e poi di nuovo in discesa, una discesa quasi in verticale, ma non portava fino alla fine del paese, la pista finiva prima, creando un buco, volevano farci morire?

Se non volevano andare dritti, per le due piste, potevano prenderne un'altra, alla nostra destra,, non era una discesa ripida, anzi, ma non vedevo dove portasse.

Ci dissero che per vincere dovevamo arrivare a sinistra dell'area, ma a fianco alla lunga pista con l'incrocio c'era un buco, un dirupo, lungo tutta la striscia, come avremmo fatto ad arrivare dall'altra parte? Forse tramite la pista a destra.

Guardai oltre la staccionata, di fronte alla pista davanti a me, c'era il mare, ma nemmeno un pezzo di spiaggia sabbiosa, e comunque era impossibile arrivarci tramite le piste, c'era un dirupo davanti alla staccionata. Guardai alla destra della pista principale, c'era un bosco, ci si poteva arrivare facendo una deviazione, invece che prendere l'incrocio bisognava fare una curva ed entrare nel bosco, ma non sembrava accogliente, e non credevo che potesse essere la soluzione.

Ci diedero il via, io e i miei compagni ci sedemmo su una strana bici da quattro, io e Atlas ci mettemmo davanti, e le due vipere dietro.

Decidemmo di provare a prendere la pista di destra, quella nascosta dalla foresta, alcuni provarono ad andare lungo la pista principale, altri ci seguirono.

Ci ritrovammo in un vicolo cieco, la staccionata ci bloccava, ci riflettei un attimo, «ho capito» esclamai, un'idea si fece spazio nella mia mente, «dobbiamo tornare in cima» ordinai, dovemmo scendere e trascinare la bici, in salita non ce la facevamo a pedalare tutti insieme.

Ma le due serpi erano pigre e lasciarono a noi il lavoro, camminarono lungo tutto il tragitto dietro di noi, come se stessero facendo una passeggiata.

«Hey, voi due! Datevi una mossa! Ho intenzione di vincere» sbraitai, per farmi sentire, stavano perdendo velocità, entrambe alzarono gli occhi al cielo, «volete far vedere agli altri che siete forti anche voi? Volete farvi valere?» Si illuminarono e corsero fino a raggiungerci.

Una volta tornati in cima ci sedemmo sulla bici, «cosa vuoi fare, ragazzina?» Chiese Meredith preoccupata, «quando vi dico 'ora' voi dovete girare verso destra, non dobbiamo dare nell'occhio se vogliamo vincere, deve quasi sembrare un errore, okay?» Si guardarono e annuirono, Atlas non fiatò e io lo presi per un sì.

Iniziammo a scendere velocemente, prendendo velocità, e ci serviva essere veloci se volevamo addentrarci nel bosco, visto che era in salita l'inizio.
Quando fummo abbastanza in giù e abbastanza veloci gridai: «ORA!» La bici si girò quasi facendoci ribaltare, ma riuscii a mettere il giusto peso verso sinistra.

Urlammo quando ci sembrò di andare incontro ad un albero, ma almeno, agli occhi degli altri, sembrava solo un errore, grazie alla virata improvvisa.
Riuscimmo ad entrare nel bosco e la bici si fermò per il sentiero in salita, non ci potevano più vedere. Scendemmo e iniziammo a tirarla lungo il sentiero.

«Ci puoi spiegare qualcosa?» Chiese Maggie, spazientita.

«Siete pronti a farvi una nuotata?» Tutti e tre spalancarono gli occhi, increduli.

«Dobbiamo arrivare giù in fondo, poi nuotare lungo tutta la riva, fino ad arrivare all'unico bar sulla spiaggia, ma non dobbiamo farci vedere, perciò dobbiamo stare bassi» spiegai. Peccato solo che una volta arrivati scoprimmo che non esisteva una riva, l'acqua arrivava fino alla staccionata, era quasi come una piscina. Anzi, forse era una piscina.

«Bene... penso che dovremo alzarci i pantaloni, ma sicuramente ci bagneremo», Meredith e Maggie sbuffarono all'unisono, iniziarono a insultare me e qualsiasi altra cosa passasse loro per la testa, ma non se lo fecero ripetere due volte e arrotolarono i leggins fin sopra le ginocchia.

Io indossavo dei pantaloni della tuta larghi, perciò feci meno fatica di loro, stessa cosa Atlas.

«Lasciamo qui la bici?» Annuii, sarebbe stato un peso inutile, lo nascosi in un cespuglio e iniziammo a camminare nell'acqua.

Non mancava molto, peccato solo che l'acqua si stava alzando, nonostante non ci fossimo allontanati dalla 'riva'.
«Sembra proprio che ci dovremo fare un bel bagno», affermai, Meredith strillò, facendomi ridere.

«E tu cos'hai da ridere ragazza di campagna? Se ci bagnamo i capelli poi si arricciano tutti!» Guardai i loro capelli, erano mori e lisci come spaghetti, le due si somigliavano molto, tranne per gli occhi, una li aveva azzurri e l'altra castani, in più Meredith aveva un neo sopra la bocca. Non erano sorelle, ma sorellastre, avevano la stessa madre ma un padre diverso.

Da quello che avevo capito prima nacque Meredith, durante l'allattamento la madre tradì suo marito con un altro uomo, da cui ebbe Maggie. Avevano circa un anno di differenza, ma Meredith era stata mandata a scuola dopo, per stare con sua sorella.

«Forza dobbiamo andare», gli altri non se lo fecero ripetere di nuovo e ci incamminammo.

Meredith e Maggie si strizzarono i vestiti e i capelli, prima di riprendere a camminare una volta usciti dal bar sulla spiaggia.

Atlas sembrava tranquillo, ogni tanto ci mettevamo a chiacchierare. Ma non sembrava uno di molte parole. Io adoravo chiacchiere, ma solo con le persone con cui prendevo confidenza, e mi ci voleva un po' di tempo per smettere di essere timida con le persone nuove.
Meno gli altri erano estroversi più tempo impiegavo io a comportarmi normalmente.

Ci ritrovammo in un paesino, dove c'erano tante bancarelle, la gente ci guardava male, probabilmente perché eravamo tutti bagnati.

«Che figuraccia! Non ho mai fatto figuracce in vita mia e la prima volta che sto vicino a questa qua ne faccio una, assurdo!» Trillò Maggie.

«Giuro! La sfigata sta contagiando anche noi!» Cinguettò Meredith.

Le guardai in cagnesco, e quando loro mi rivolsero uno sguardo di scherno smisi di trattenermi dallo strozzarle.
Presi Maggie per il colletto della maglietta.

«Prova un'altra volta a dire una cosa del genere e giuro che non te la faccio passare liscia», mi voltai verso la sorellastra, «vale anche per te, razza di vipera analfabeta».

Maggie rise, «e dimmi su, cosa ci faresti?» Mi provocò. Le tirai leggermente una ciocca di capelli, facendole emettere un gridolino.

«Devo continuare?» Scosse velocemente la testa e la mollai con uno strattone, facendola barcollare e finire addosso a Meredith, che quando sbatté sul suo petto la spinse con forza.

«Non mi toccare!» Sbraitò.
«Gné gné gné» fece l'altra. Iniziarono a battibeccare.
Presi l'orecchio di una tra le dita di una mano, e quello dell'altra tra le dita dell'altra mano, cominciai a trascinarle come due bambine imbronciate.

«Dobbiamo muoverci se vogliamo vincere, le vostre litigate da bambine non servono a niente, se volete risolvere qualcosa vi consiglio di usare le maniere forti, ci metterete meno tempo a risolvere».

«Ahi». «Ahi». «Ahi». Iniziarono a lamentarsi mentre le spingevo. Atlas ci seguiva divertito.

«Ce la fate a camminare da sole o vi devo portare in braccio?» Le due scossero la testa e le lasciai andare.
Corremmo fino al traguardo, vincemmo la gara.

E poco dopo di noi arrivarono Duncan e Sophie e il resto del loro gruppo.

Duncan si avvicinò a me, mentre aspettavamo l'arrivo degli altri.

«Devo ammetterlo, sei stata brava», confessò sconfitto.

«Come scusa? Non ho sentito bene», sbuffò, trattenendo un sorriso.

Cos'è, ridi sempre e ora che hai perso no?

«Te l'ho detto. Io vinco sempre. Stai attento a fare scommesse con me».

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