4. Perfetta

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Noah

Provo l'impulso irrefrenabile di soffocarmi con un cuscino.

Dovrei dormire, dovrei davvero farlo, ma non faccio che pensare a Zoey Harrison. Oggi ci siamo quasi avvicinati. Lei si è aperta, ha parlato davvero con me... E poi ha ricominciato a nascondersi. Per qualche secondo mi ha permesso di intravedere al di là della maschera di indifferenza che indossa sempre, e poi è tornata a nascondersi, come sentendosi già troppo esposta.

Vorrei davvero aiutarla, ma temo di fare un passo falso e che lei si chiuda definitivamente in sé, precludendomi la possibilità di scorgere poco alla volta cosa si porta dentro.

Okay, adesso basta.

Mi alzo, ho capito che non dormirò oltre stanotte. Mi dirigo nel mio studio e inizio a frugare nei cassetti, fino a che trovo una matita decente e un foglio non stropicciato. Poso il tutto sulla scrivania e fisso la pagina bianca, aspettando un'illuminazione.

Il disegno mi ha sempre aiutato a schiarirmi la mente. Nei momenti peggiori, quando io stesso ero il mio peggior nemico e non riuscivo a convivere con i miei pensieri, quando mi era impossibile fingere sorrisi e ignorare il battito impazzito del mio cuore, tracciare linee sulla carta mi ha sempre permesso di salvarmi.

Ultimamente disegno volti. Persone arrabbiate, che piangono, felici, deluse, piene di aspettative, con il cuore a pezzi, impaurite. Persone con il viso inespressivo, ma i cui occhi sono un urlo di dolore.

Non hanno mai tratti precisi, non ragiono mai particolarmente sulle fisionomie. Ciò su cui mi concentro è esprimere al meglio i loro moti interiori.

Rappresento me stesso. Le mie paure, le mie debolezze. Le traccio chiaramente, senza filtri, nel modo più crudo possibile. Mi espongo, perché so che nessuno - a parte me - li vedrà mai.

È l'unico momento in cui mi permetto di essere debole, di mettere a nudo le mie emozioni. Quando arrivo al limite le espongo tutte su quel foglio bianco, così da poterle poi mettere da parte; prima, cioè, di fare ciò che ci si aspetta da me: mostrarmi perfetto.

Oggi, però, vorrei fare qualcosa di diverso.

Chiudo gli occhi, e visualizzo ciò che desidero. Memorizzo l'immagine, la rendo nitida, la studio fino a essere certo di averne colto l'essenza.

Solo allora inizio a tracciare i primi tratti.

Parto con il contorno del viso. Non mi faccio guidare dal caso, ma seguo la memoria. Volto ovale e proporzionato, contornato da corti capelli mossi. Disegno gli occhi, grandi e gentili, con un velo di paura che spero di riuscire a rappresentare. Le labbra carnose in una linea dritta e seria, che si tendono, quando è necessario, in un sorriso spento che non coinvolge mai anche lo sguardo. Il naso piccolo e dritto, le guance rosee e magrissime - forse troppo. La fronte un po' alta, ridimensionata dai ciuffi più corti ai lati; traccio anche le piccole rughette che le vengono tra le sopracciglia quando si concentra e, nel farlo, sorrido.

Inizio a delineare maggiori dettagli, a rendere i tratti più precisi. Piano piano il suo volto diventa sempre più realistico, tanto che mi sembra di averla qui a fianco a me.

Finalmente ho finito. Sollevo il foglio e osservo orgoglioso il risultato.

Sospiro, lascio il disegno sul ripiano e guardo l'ora. Sono quasi le sei, quindi decido di andare in palestra. Spero davvero che l'allenamento possa essere la soluzione.

 Spero davvero che l'allenamento possa essere la soluzione

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