IV. DO YOU WANT TO KILL ME?

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Vi dico solo che questo capitolo ha più di 11mila parole, quindi mettetevi comodi... ✨​

e che dire, i capitoli diventeranno pian piano sempre più lunghi quindi ne vedremo delle belle 🫡​


𝐌 𝐀 𝐃 𝐈 𝐒 𝐎 𝐍

Mi sveglio con l'ansia che mi divora lo stomaco e mi impedisce anche solo di fare colazione, il che è strano per me: io faccio sempre colazione, credo che farei colazione anche se ci fosse un'apocalisse zombie. La ragione? Oggi pomeriggio dovrò passarlo con James Starkey per cercare di spiegargli matematica. Non potrei lamentarmi, visto che in questo casino mi ci sono messa da sola. Quanto vorrei avere un filtro bocca-cervello e riuscire a ragionare qualche secondo prima di parlare. Mi sarei risparmiata molte situazioni scomode, come questa.

Mi dirigo in cucina e la stanza è vuota, visto che mia madre è fuori casa: mi sento incredibilmente in colpa a non averle ancora detto nulla su quanto successo a scuola, ma io e Alex non riusciamo mai a trovare un momento in cui siamo entrambi d'accordo. Quando per me il momento è adatto, lui ha qualcos'altro da fare e viceversa. Lei non ha ancora letto nulla da parte della scuola, visto che non controlla mai le email. Glielo dirò, solo... non adesso. Ma prometto che glielo dirò, devo dirglielo.

Prendo un bicchiere dalla credenza e butto giù un sorso d'acqua frizzante, incapace di mangiare nulla. James Starkey ha chiesto di seguirti.

L'ha fatto per gentilezza. James Starkey ha messo mi piace al tuo post.

Tiro fuori il telefono per cercare di scacciare questi pensieri dalla mia mente, e le notifiche che leggo non sono positive: "Ci dispiace, ma il posto di lavoro è già stato assegnato. Riprovi tra qualche mese."

Io non ho qualche mese, ho bisogno di un lavoro il prima possibile. Non voglio che mia madre si spacchi la schiena mentre io sto a casa a guardarla, devo trovare un modo per aiutarla, ma è impossibile se nessun locale vuole assumere studenti.

<<Sei pronta?>> mi chiede Alex, facendomi ritornare subito al mondo reale: <<Sì, sì, sono pronta. Andiamo.>> mi metto lo zaino in spalla ed esco di casa, salendo sull'auto di mio fratello. Ora, non immaginate chissà che roba: è un'auto usata di dieci anni fa che avrebbe sicuramente bisogno di una sistemata. Mancano però i soldi, e se vogliamo mangiare dobbiamo tenerci questa auto. Ogni metro produce un rumore fastidioso e costante da parte del motore, e ho paura che il veicolo si blocchi nel bel mezzo della strada da un momento all'altro.

Quando finalmente arriviamo a scuola e Alex parcheggia l'auto, tiro un sospiro di sollievo. Quest'auto ci abbandonerà, prima o poi, è solo questione di tempo. Ma fin quando va, facciamocela andare bene, presumo.

Appena entriamo nell'edificio ci separiamo, sia perché abbiamo lezioni diverse, ma soprattutto perché abbiamo conoscenze diverse.

Sun non c'è nemmeno oggi. Me la pagherà per avermi abbandonato non uno, ma due giorni. Anzi, se ne pentirà da sola, quando tra qualche mese avrà già finito tutte le assenze e dovrà passare gli ultimi mesi senza poter mancare neanche un singolo giorno.

<<Ehi.>> mi viene un colpo al cuore quando qualcuno mi parla da dietro senza che io mi accorga che qualcuno è arrivato. Mi giro di scatto e mi viene un secondo colpo al cuore: James. Non è conciato molto bene: ha i capelli tutti scompigliati con ciocche che spuntano in direzioni diverse, gli occhi circondati da delle occhiaie che lo fanno apparire come se non abbia dormito da tre giorni e in generale il suo colorito è abbastanza pallido. Ha addosso una felpa grigia, non rispettando il regolamento scolastico, ma non credo che gli importi un granché, però.

good in goodbyeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora