ombre silenziose

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La notte era ormai calata del tutto quando Jisung fece ritorno nella sua stanza, ma l'incontro con quel ragazzo lo teneva sveglio. Si girava e rigirava nel letto, con i pensieri che si accavallavano. Cosa aveva voluto dire con quelle parole? E perché il suo sguardo lo aveva fatto sentire così... esposto?

Decise che la cosa migliore da fare era ignorarlo. Era solo il suo primo giorno, e probabilmente stava già immaginando cose. Ma il campus aveva un'aria strana, quasi come se ci fosse qualcosa di nascosto dietro le apparenze.

Il mattino dopo, Jisung si alzò presto per il suo primo giorno di lezioni. Si vestì in fretta e cercò di dare un'occhiata veloce alla mappa del campus che aveva ricevuto il giorno prima, ma le strade sembravano tutte uguali. Mentre camminava lungo il viale principale, vide gruppi di studenti radunati in cerchio, chiacchierando e ridendo tra loro. Nessuno sembrava notarlo, il che era esattamente quello che voleva.

O almeno, così pensava.

Nel bel mezzo del cortile, vide di nuovo lui: il ragazzo della notte precedente. Era appoggiato a una colonna di marmo, con lo stesso sguardo penetrante che lo aveva osservato la sera prima. Accanto a lui c'erano altri due ragazzi, altrettanto enigmatici. Uno aveva i capelli leggermente arruffati e un sorriso malizioso stampato in volto, mentre l'altro sembrava un po' più silenzioso, con gli occhi bassi e un'aria pensierosa.

Senza volerlo, i loro sguardi si incrociarono, e Jisung sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Istintivamente, accelerò il passo, cercando di ignorarli. Ma quando superò la fontana, udì una risata alle sue spalle.

"Sembri perso."

Jisung si fermò di colpo. La voce era diversa da quella del ragazzo della notte prima, ma altrettanto affascinante. Si voltò e vide uno dei due ragazzi che era con lui. Era il tipo con il sorriso malizioso, quello con i capelli disordinati. Stava camminando verso di lui, con un'andatura rilassata, ma i suoi occhi brillavano di una curiosità pericolosa.

"Prima volta qui?" domandò il ragazzo, senza aspettare risposta. "Sono Minho, piacere."

Jisung si bloccò. Minho. Lo stesso nome che aveva sentito più volte mentre attraversava il campus. Gli studenti sembravano parlare di lui e del suo gruppo con una sorta di rispetto misto a paura. Ma non riusciva a capire il perché. Minho non sembrava particolarmente minaccioso, almeno non in superficie. C'era quel sorriso sicuro e disinvolto, ma qualcosa nel modo in cui si muoveva, nel suo sguardo penetrante, faceva sentire Jisung a disagio, come se potesse vedere oltre le sue difese, oltre le cicatrici che cercava di nascondere.

"Jisung," rispose dopo un attimo di esitazione. "Sono nuovo qui."

Minho lo scrutò per un secondo, quasi come se sapesse già tutto di lui. "L'avevo immaginato. Il campus può essere un posto strano, soprattutto se non sai chi evitare."

Jisung deglutì, confuso da quelle parole. "E chi dovrei evitare, esattamente?"

Un'altra risata, ma questa volta più profonda, arrivò alle sue spalle. Jisung si voltò di scatto e vide il ragazzo della notte precedente, quello con la giacca di pelle nera. Sembrava che ogni volta che lo guardava, il tempo rallentasse per un istante. I suoi occhi scuri lo fissavano con una calma inquietante, mentre si avvicinava con passo lento e misurato.

"Lascia perdere Minho," disse il nuovo arrivato con una voce bassa ma autoritaria. "Si diverte a spaventare i nuovi arrivati."

Minho alzò le mani in segno di resa, il sorriso mai scemato. "Non faccio altro che dire la verità, Chan. Questo posto non è per tutti."

Jisung sentì una tensione crescere tra i due, ma non era una tensione ostile. Sembrava più una sorta di comprensione tacita, come se comunicassero senza bisogno di parole.

"Bangchan," si presentò il ragazzo in giacca di pelle, allungando la mano verso Jisung. La stretta era sorprendentemente forte, e Jisung sentì un formicolio strano attraversargli il braccio.

"Ora che conosci i nostri nomi, starai bene," aggiunse Minho, con quel solito sorriso che faceva sembrare ogni sua parola una mezza verità.

Prima che Jisung potesse rispondere, un'altra figura si unì al gruppo. Un ragazzo più basso, con lineamenti delicati e capelli biondi che sembravano quasi brillare sotto la luce del sole, camminava verso di loro. I suoi occhi, di un colore che ricordava il cielo d'inverno, lo fissarono con una dolcezza che lo fece sentire momentaneamente al sicuro.

"Sono Felix," disse, la sua voce calda e accogliente, spezzando la tensione che si era formata tra Minho e Bangchan. "Non dare ascolto a Minho. Il campus è un bel posto, ma sì, ci sono alcune cose che dovresti sapere."

Felix gli sorrise, un sorriso che sembrava sincero, e Jisung si rilassò leggermente. C'erano troppi misteri in quel gruppo, e Jisung non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che qualcosa di molto più grande di lui stesse accadendo dietro quelle facce amichevoli.

"Quali cose dovrei sapere?" domandò, sentendosi sempre più coinvolto in una rete invisibile.

Felix gli lanciò uno sguardo veloce, poi a Bangchan e Minho, prima di rispondere. "Lo scoprirai a tempo debito."

Ancora una volta, Jisung si ritrovò senza risposte, con più domande di prima. Ma ora non era solo la sua mente a turbinare: c'era un'inquietudine che cresceva nel suo petto. Questi ragazzi non erano come gli altri. E lui era appena entrato nel loro mondo.

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