Capitolo 42

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Kat non pensava sarebbe andata così, ma nonostante la presa del ragazzo attorno al suo collo, non aveva paura. Il sorriso ribelle sul suo volto rosso non faceva che darle un'aria inquietante e malata. 

«VUOI MORIRE? MUORI!» sbraitó rabbioso.

Proprio quando pensava che sarebbe svenuta, che se doveva morire sarebbe morta senza rimpianti, allora la natura fece il suo corso. I polmoni di Kat iniziarono a rombare nel suo petto, il suo cuore tuonava, il dolore sfrigolava impetuoso, tutto era un brivido, la vita scalpitava ferocemente dentro di lei: non voleva morire! Spalancò gli occhi e con tutta la forza che aveva in corpo prese a dimenarsi controllata dal suo istinto di sopravvivenza, tirò con tutte le proprie forze un calcio tra le gambe di Matt. Il colpo fu acuto e centró il bersaglio, il ragazzo si lasciò scappare un urletto di dolore piegandosi in due. 

Kat fece un enorme respiro scivolando al suolo esausta, respirando a pieni polmoni, in gola il sapore amaro della sofferenza, si dissetò dell'ossigeno che tanto le era mancato. La sua bolla di apatia esplose, era stata scoppiata dalla sua immensa voglia di vivere che implacabile, ora, le scorreva nel sangue. 

Guardò Matt vedendolo sotto una luce nuova, non era più disinteresse, non era più pena, nemmeno paura, era la consapevolezza di quanto fosse grave ciò che le aveva appena fatto, ciò che le aveva sempre fatto, ciò che si era sempre lasciata fare. Lo guardò come se fosse la prima volta, spalancando gli occhi e rimanendo senza parole in bocca. Il suo cuore vacillò.

Matt l'aveva davvero strozzata, voleva ucciderla? Matt l'aveva davvero maltrattata, insultata. L'aveva davvero umiliata davanti a tutti, degradata, devastata. L'aveva davvero spinta al suicidio. Le aveva rovinato la vita, e non era minimamente consapevole di quanto male le avesse fatto, non era minimamente interessato, non era minimamente dispiaciuto, anzi peggio si divertiva nel renderla misera. A lui piaceva rovinarle la vita, e più Kat realizzava il suo sadismo, più fermentava in lei il bisogno di giustizia. Più qualcosa che non aveva mai voluto provare le scivolava sotto pelle: odio. Non aveva mai odiato prima, lo seppe in quel momento, perché l'odio, quello vero, diventó parte della sua carne. Perché desideró vederlo morto.

Matt le tirò un'occhiataccia riprendendosi e con uno scatto la bloccò spalle al muro, premendole una mano sul petto e alzando l'altra chiusa a pugno, pronto a colpirla.
Kat chiuse gli occhi preparandosi al colpo.
«La pagherai!» esclamò determinato.
Katherine sentì l'aria muoversi sulla sua guancia, strinse gli occhi pronta, quando un forte strattone le fece spalancare le palpebre.

Matthew stava ruzzolando a terra, mentre un'ombra scura dalla chioma nera si stava scagliando su di lui. Rimase imbambolata davanti a quella scena da film, cercando di capire di chi si trattasse.
Il bullo sentì il colpo alla schiena mentre una figura più forte di lui gli si sedeva sopra, ancorandogli i polsi al terreno. Prima che potesse vedere il volto del proprio aggressore un cazzotto lo colpì rapido sullo zigomo. Uno e poi un'altro, e un'altro ancora, senza dargli tregua, senza dargli modo di capire cosa stesse succedendo. Lo stavano colpendo con tutta la rabbia che aveva sempre vomitato nel mondo, ridandogli indietro tutto ciò che aveva impresso nelle sue vittime.
Kat non poteva crederci.

«PEZZO DI MERDA! NON OSARE TOCCARLA, NON OSARE TOCCARE UNA DONNA MAI PIÙ, STRONZO!» lo colpì di nuovo spaccandogli qualcosa che gli macchiò le nocche di rosso.

«Jack…» borbottò scioccata Kat. Le sembrò si fosse teletrasportato davanti a lei da un altro universo, da un universo lontano a cui non apparteneva più.

Era proprio lui: Jack, vestito di nero con tutte le proprie catene, con quella cicatrice sul sopracciglio a farlo sembrare un vero e proprio delinquente. Colpiva Matt ancora e ancora, le mani già sporche di sangue. La sicurezza di chi l’aveva già fatto un milione di volte, ma la passione di chi lo stava facendo per la prima.
Era il corpo del suo Jack, eppure tutta quella violenza… non pensava ne fosse capace. 
Le tornarono in mente dei flash spezzati del loro passato insieme: Jack che le porgeva dei fazzoletti, che le sorrideva, che la faceva ridere dicendo che se Jade aveva le tette era del tutto normale ne fosse attratta, Jack che la stringeva, che la sosteneva, che si faceva sospendere per lei. Quel ragazzo così dolce e buono, come poteva essere la stessa persona davanti ai suoi occhi, la stessa macchina da guerra? Sembrava una bestia fuori controllo, si allarmò; non si sentiva spaventata da lui, ma non voleva finisse in carcere per averla salvata. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 14 ⏰

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