Capitolo 17

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Otilia Roman

Un volo interminabile...

Le undici ore più lunghe della mia vita.

Sono stanca, anche se non ho fatto fisicamente nessuno sforzo. Ho cercato di dormire invano. Ho guardato –per modo di dire- diversi film dei quali non ricordo minimamente nemmeno la trama. Nemmeno Sandra ha dormito più di tanto, mi ha tenuto compagnia in silenzio, continuando a stringermi la mano mentre attraversavamo l'oceano e il giorno diventava notte.

Scendere da quel maledetto aereo è stato forse ancora più difficile che salirci. Non fisicamente parlando.

L'aria fredda del mese di novembre è pungente quando ci scontriamo, io troppo accaldata dalle ore passate al interno di quel cubiculo, lei troppo aspra con coloro che tornano in patria dopo tanto tempo. La notte fonda abbraccia tutto ciò che ci circonda, vorrei che abbracciasse anche me. Essere inghiottita dall'oscurità non mi dispiacerebbe minimamente.

L'essere qui è l'unica cosa che mi sta spezzando, e non per i motivi che tutti crederebbero.

Trascino il mio corpo insieme a Sandra oltre i controlli. Quel zaino che ho in spalla e che non pesa minimamente in questo momento sembra aver almeno una trentina di chili in più.

‹‹Ci aspetta mio fratello.›› mi dice, stiracchiandosi, camminando lentamente verso le porte a vetro che ci fanno uscire nella zona dove solitamente le persone a te care ti attendono con gioia. Felici di rivederti, riabbracciarti e passare nuovamente del tempo con te.

Annuisco, lasciandola uscire per prima.

Estraggo il cellulare dalla tasca della giacca pesante e cerco una rete internet alla quale collegarmi, ma senza risultato. Che rottura.

Chiederò al fratello di Sandra un po' di internet, oppure ne approfitterò appena arriveremo a casa sua per una doccia veloce. Prima del nostro viaggio in macchina di oltre cinque ore dobbiamo per forza fare una sosta a casa sua.

‹‹Eccolo.›› le sento trillare, cammina più veloce, prendendo la rincorsa prima di buttarsi tra le braccia di un ragazzo poco più altro di lei.

Finalmente qualcuno che non sembra un gigante.

La stretta che i due si scambiano mi stringe il cuore. Il modo in cui Sandra nasconde il viso tra i collo e la spalla del fratello. Le braccia di lui che la circondano saldamente, stringendo quel corpo gracile con affetto. La faccia di lui che si perde tra i capelli di lei per pochi attimi prima che i due si separino.

Un sorriso dolce compare sulla faccia di Alex, l'unico maschio della famiglia Boboc. I capelli castani è ricci non sono troppo lunghi in cima alla testa, ma sono corti sui lati. Ha gli occhi del stesso verde della sorella e un corpo che ti lascia intendere che passa diverse ore in palestra, probabilmente allenandosi per le selezioni che dovrà affrontare per entrare in polizia.

Mi avvicino e il suo sguardo si sposta dalla sorella su di me, il sorriso restando dipinto sulle sue labbra carnose. È la prima volta che ci vediamo faccia a faccia, ma sappiamo l'un del esistenza dell'altro. Forse qualche volta ci siamo intravisti nelle chiamate di Sandra, ma niente di più.

‹‹Alex...›› mi tende una mano che stringo in maniera impacciata ‹‹mi dispiace di conoscerti in queste circostanze.›› aggiunge, e il sorriso che gli stavo offrendo si affievolisce.

‹‹Otilia.›› sospiro, e non aggiungo altro.

Ritraggo la mia mano dalla sua stretta e sposto lo sguardo sulla sorella, perché troppo a disagio. Dovrei sentirmi addolorata per la perdita di mio padre. Dovrei piangere e non avere la forza di respirare. Forse così dovrei apparire ai suoi occhi, eppure eccomi qui, solo stanca e con una voglia matta di tornare da dove sono venuta.

Sei la mia Chicago (hockey romance)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora