27.

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Aprii lentamente gli occhi: sentivo veramente molto caldo, e notai che mi ritrovai sdraiata su un piano molto duro, su un piano in legno. Tentai di mettermi seduta ma le mie braccia e le mie gambe erano bloccate, non riuscivo a muoverli e a poter cambiare posizione: guardai i miei arti e vidi che ero legata a delle catene. Notai che indossavo soltanto il mio intimo, le mie mutande e il mio reggiseno, quasi sbiancai rendendomi conto di essere conciata in quel modo, e avevo molta paura che Giuseppe o qualche altro membro del gruppo mi avesse molestata e violentata, eppure non sentivo dolori particolari, soprattutto nelle mie zone delicate e private.
La stanza era quadrangolare, con diverse torce di fuoco poggiate sui muri che creavano tutto il calore che percepivo da quella stanza: non c'erano finestre, c'era soltanto una porta che dava l'accesso all'arra esterna alla stanza, e mi sembrava così lontana da raggiungere.
Mi trovavo su una sorta di tavolo di legno e alzando un pochino la testa, poco distante da me, vidi Stefano che aveva gli occhi chiusi, sperando che avesse solo perso i sensi: indossava solo dei boxer neri e per quanto il suo corpo fosse perfetto, notai tutte le ferite che quei ragazzi gli avevano lasciato; graffi di colore rosso vivo sul volto, segni di bruciatura sulla parte del torace, sulle sue braccia e sull'addome notai diversi lividi violacei, mentre le sue gambe erano ricoperte da ulteriori tagli provocati probabilmente da un coltello affilato, in maniera molto precisa.
'Stefano!' urlai, ma lui non si mosse, anche se fortunatamente notai che il suo petto si alzava e abbassava, anche se debolmente.
'Stefano, svegliati!' urlai ancora, ma sembrava non sentirmi e continuava a non muoversi.
Mi sembrava di essere tornata nel periodo del Medioevo: quella stanza sembrava letteralmente una stanza di tortura, per la maggior parte in legno e per di più legata a delle catene, che potevano essere tirate attraverso una leva che si trovava sopra alla mia testa, probabilmente per estendere ulteriormente il mio corpo e farmi del male. Giuseppe stava letteralmente esagerando, non stava più ragionando: era diventato troppo spietato, troppo irrazionale e una piccola parte di me voleva credere che semplicemente non si stesse rendendo conto fin dove si stesse spingendo. Per un momento, pensai che parlargli potesse essere utile: era chiaro che anche lui, come ognuno di noi, avesse avuto un brutto passato alle spalle che lo aveva formato, e lo aveva portato a ciò che era oggi. Ognuno aveva una propria storia, ma non era una giustificazione al dolore che provocava alle altre persone: avevo come la sensazione che fosse sempre stato solo, o che avesse avuto tanto peso da portare sulle spalle fin da quando era piccolo, ma non ne potevo avere la certezza, nonostante le poche chiacchierate che avevo avuto con lui, che erano comunque sempre state molto spiacevoli da parte mia.

Qualche lacrima uscì fuori dai miei occhi stanchi: Stefano continuava a non accennare alcun segno di movimento e nonostante continuassi a osservare il suo torace, avevo timore che non si svegliasse più.
Dopo qualche minuto, come se leggesse i miei pensieri, vidi il suo capo voltarsi verso di me, e aprì lentamente gli occhi qualche secondo dopo il movimento: guardai quegli occhi verdi a pezzi, rotti, spezzati dal dolore che avevano subìto, stanchi della situazione che stavano vivendo.
'Ali' sussurrò il moro flebilmente, a malapena percepii la sua voce. Mi faceva male vederlo in quello stato, immaginavo che avesse lottato molto per sentirmi nonostante tutte le percosse che aveva ricevuto.
'Sono qui, Ste' gli sorrisi, cercando di rasserenarlo.
'Non dovresti essere qui' continuò, e la sua voce iniziava ad assumere un tono leggermente più alto e normale.
'Dubitavi davvero che non avrei provato a salvarti?' gli chiesi, un po' confusa.
'Non volevo che venissi, non volevo che mi vedessi in questo stato, non volevo che ti facessero ancora del male' rispose.
'Io e Matteo volevamo salvarti, stavamo cercando di escogitare qualcosa per poter entrare qui e portarti via, ma ci hanno preso prima che potessimo anche soltanto pensare davvero a un piano'
'Allora perché sei praticamente nuda? Sei bellissima, come sempre, ma ti hanno fatto del male?' domandò, e mi venne istintivamente da sorridere e probabilmente stavo anche un po' arrossendo.
Nonostante ci conoscessimo ormai da quasi un anno, i miei sentimenti per lui erano un crescendo e chissà se continueranno a crescere così tanto dentro di me: non riuscivo minimamente a pensare a un futuro senza di lui, senza questi momenti di complimenti in un momento di difficoltà, senza i suoi sguardi, senza i suoi abbracci e senza i suoi baci. Prima di lui, non avrei mai pensato che mi sarebbe piaciuto essere abbracciata e ricevere attenzioni, non sapevo neanche che cosa fosse l'amore, ed era stato proprio grazie a lui che avevo capito cosa fosse davvero quel sentimento tanto rinomato e di cui tutti parlano: l'amore non era semplice, era un percorso pieno di ostacoli, alcuni più piccoli e altri più grandi che potevano portare a due tipologie di conclusioni, la chiusura del percorso o il continuo del percorso in salita; nonostante io e Stefano avessimo affrontato diversi tipi di ostacoli, eravamo lì, insieme, seppur distanti fisicamente, e bastava guardarci per darci forza e per sprigionare il sentimento di amore che provavamo l'uno per l'altra. Lo amavo veramente troppo, e il fatto che fosse ancora vivo quasi mi faceva dimenticare il fatto che fossi legata a delle catene da cui difficilmente sarei potuta fuggire, e che iniziavano a irritarmi la pelle.
'Ho perso i sensi quando ci hanno catturati e non so se mi hanno fatto del male, non sento nulla e non so Matteo come stia, ma ha ricevuto un brutto colpo' confessai.
'Lo so, Giuseppe mi stava raccontando come vi avrebbero catturato mentre mi stava bruciando' affermò, e rimasi stupita dal suo racconto.
'Che ti hanno fatto, Ste?' ebbi il coraggio di chiedere, nonostante sapessi perfettamente quanto potesse fargli male ricordargli quei gesti, ma dovevo sapere che cosa aveva ricevuto da quell'essere spietato e senza cuore.
'Farei prima a dirti cosa non mi ha fatto' continuò, accennando un piccolo sorriso. 'Sembra di essere in una di quelle caverne dell'epoca antica in cui torturavano i prigionieri: Daniele ha preso un coltello e mi ha inflitto diversi tagli, Leonardo ha cercato di bruciare il mio corpo mettendomi letteralmente del fuoco sopra il corpo, e Giuseppe mi ha riempito di calci e pugni che credo che almeno una costola si sia rotta, non riesco a capire quale parte del corpo mi faccia più male. Tra l'altro, questi polsini e queste cavigliere sono molto strette a queste catene, e iniziano a bruciarmi i polsi e le caviglie' concluse, e sospirai.
Capivo tutte quelle urla di dolore al telefono a cosa fossero dovute, così come le ferite sul suo corpo scolpito: mi venne in mente la prima volta che vidi che lo stavano attaccando, quando lo feci venire a casa mia per medicarlo, e quei tempi mi sembravano così distanti dalla realtà che stavamo vivendo: in quel periodo, quel gruppo mi sembrava soltanto il classico gruppo di bulletti da cui stare lontani, mentre oggi erano diventati dei teppisti veri e propri, pronti a tutto pur di raggiungere i loro scopi.
'Sono stata una stupida a non arrivare prima, e mi dispiace che ti abbiano fatto così tanto male. Mi sta venendo in mente quando ti avevo fatto venire a casa mia per la prima volta per medicarti, di mia spontanea volontà, e già da lì volevo prendermi cura di te. Vorrei essere più coraggiosa e-'
'Non ricordo di averti raccontato di quell'episodio così tanto nel dettaglio' notò. Effettivamente, lui ancora non sapeva nulla del fatto che mi ricordassi tutto.
'Ho visto l'urna di Salvatore e ho iniziato a ricordare tutto. Ricordo ogni singola cosa, e mi fa male il fatto che tu abbia pensato che la causa della mia perdita di memoria fossi stato tu. Non potevi prevedere quello che ci sarebbe accaduto' continuai.
Finalmente, fece un sorriso completo e i suoi occhi sembravano rinati dopo quella notizia: non potevo aspettarmi reazione migliore, sapevo quanto avesse lottato per cercare di farmi recuperare la memoria, e fortunatamente, nonostante le difficoltà iniziali, era riuscito a trovare la forza di rimanermi accanto. Affrontare le difficoltà non era da tutti, e sicuramente nel nostro passato non le avevamo affrontate nel migliore dei modi, però appunto parliamo del passato; nel presente, eravamo due persone completamente diverse, una coppia completamente diversa da prima.
'Sono così felice che ti ricorda di tutto, avrei tanto voluto esserci nel momento in cui la memoria è tornata, però continuerò sempre a incolparmi dell'incidente, avrei dovuto prevedere che ci sarebbe stato qualcosa che si sarebbe messo in mezzo a quel momento che sembrava magico e perfetto per noi, che purtroppo ha un cognome e nome preciso' affermò il ragazzo.

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