Non ti farò mai del male

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Michael. Ecco chi era.
"Come sei entrato?" Chiesi con tono infastidito.
"Dal cancello. Era aperto, sai? Perché hai scavato una buca?"
"Per metterci un regalo di una persona che voglio dimenticare. Comunque non sono affari tuoi".
"Veramente, ormai, sono affari di tutti. Prima la nostra prof, poi i tuoi genitori...chi mai sarà stato?" Disse con tono sarcastico avvicinandosi. Mi mise le sue maledettissime mani sulle spalle continuando a parlare: "Se credi che io non sappia che sei stata tu, ti sbagli di grosso".
"Ma cosa diavolo dici! Non ho neanche la forza per sollevare un'arma, come avrei fatto a rapire la nostra insegnante e ad uccidere i miei genitori?!"
"Forse è così, forse no. Ma io troverò il modo di incolparti, palla di neve".
Poi, mettendomi una mano dietro la testa e spingendola verso di lui, tentò di baciarmi.
Un sasso gli arrivò in pieno sulla testa prima che potesse farlo. Scosse la testa confuso e in quel momento gli tirai uno schiaffo.
Se ne andò via infuriato urlando:
"Non è finita, maledetta stronza! Non è finita!"
Guardai nell'oscurità da dove era arrivato il sasso, e sussurrai timidamente: "Grazie".
Qualcosa scappò via, probabilmente per non farsi vedere.
Ero stanca, così tronai dentro e mi feci una doccia. Alla fine andai a dormire. Che giornata.
Quando mi risvegliai, ero di nuovo bendata, ma questa volta ero nel mio letto. Qualcuno mi stava avvolgendo tra le sue braccia con il suo volto tra i miei capelli. Si rese subito conto che mi ero svegliata, così mi avvertì: "Non osar toglierti quella benda".
Accarezzandomi i capelli, disse che era presto e che avrei dovuto dormire ancora un po'. Mi strinse a se, annusandomi e appoggiando le sue labbra sul mio collo. Riappoggiò la testa sul cuscino, sussurrando di stare calma. Mi rassicurò dicendo che non mi avrebbe fatto del male e mi chiese chi fosse il ragazzo della sera prima. "Nessuno..." Risposi. Mi strinse più forte. "Chi. Era. Il. Ragazzo. Di. Ieri. Sera?" Domandò, sta volta più minacciosamente.
"Michael...un mio compagno di classe".
"Brava...sei stata sincera. Sapevo già chi era quel figlio di puttana, ma volevo vedere se mi dicevi la verità". Smollò la presa iniziando a baciarmi la spalla. "Sei proprio carina sai?"
Ero terrorizzata, ma sentivo che una nota di rosso stava apparendo sulle mie guance. Era la prima volta che qualcuno mi faceva un complimento. Una risatina uscì dalla mia bocca in maniera incontrollabile, facendo ridere a sua volta anche lui.
Mi fece voltare dalla sua parte, continuando a tenermi fra le sue braccia. "Posso vederti adesso?" Chiesi. Lo sentii solamente scuotere la testa in segno di disapprovazione.
Scostai le sue braccia e mi sedetti sull'orlo del letto. Tentai di togliermi la benda, ma lui mi bloccò. Mi girai velocemente prendendolo per i capelli e strattonandolo via. Riuscii per un attimo a vedere i suoi capelli. Erano corvini. Come avevo percepito il giorno prima, erano lunghi fino alle spalle e mossi. Non vidi altro. Mi tappò gli occhi con una mano mentre con l'altro braccio mi stringeva, bloccandomi. Rimettendomi la benda mi spinse sul letto. Si mise sopra di me, per tenermi ferma. Era fastidiosamente forte. Con la mano sinistra iniziò ad accarezzarmi il viso. "Cattiva, cattiva ragazza...ti avevo detto di non toglierti la benda".
"Ma io-"
Portò le sue labbra sulle mie, impedendomi di finire la frase. La sua lingua penetrò dentro la mia bocca e la mano che prima era sul mio volto si posò su un mio fianco. Non l'avevo ancora visto in faccia, ma qualcosa dentro di me mi diceva che stava nascendo un sentimento contorto nei suoi confronti.
Non tentai neanche più di liberarmi dalla sua presa. Tanto sarebbe stato inutile.
Sentivo le sue mani sulla mia pelle e la sua lingua a contatto con la mia. Era così dolce e delicato. Non sembrava esser capace di uccidere qualcuno. Eppure, era un assassino. Quella era l'unica cosa che mi faceva venire dei dubbi.
Girai di scatto la testa da un lato, impedendogli di baciarmi di nuovo, affermando: "Te l'ho già detto. Se non ti fai vedere allora vattene! E comunque, sei un assassino. Non potrei mai stare con uno come te. Quindi vattene via!"
Sbatté un pungo sul muro, urlando. Quando lo sentii urlare ebbi la conferma. Era sicuramente il tipo che era entrato in casa a cercarmi qualche mese prima. Subito sbottò: "Cos'hai che non va? Cosa?! Cosa ho fatto di sbagliato?! Dimmelo...ho fatto tutto per te. Tutto! Quando i tuoi genitori ti hanno buttato via i tuoi peluche eri triste, così io ne ho creati altri per renderti felice. La tua professoressa ti picchiava, così l'ho uccisa per renderti libera. Infine i tuoi genitori si sono messi in mezzo, gettando via i regali che avevo fatto per te, era ovvio che avrei dovuto ucciderli! Ora spiegami perché non mi ami! Dimmelo cazzo!"
Iniziai a tremare e delle lacrime iniziarono a colarmi dagli occhi. Bagnarono tutta la benda che in quel momento, oltre a coprirmi la vista, era anche terribilmente bagnata. Lui se ne rese conto e subito cercò di consolarmi: "No, no, no, no! M-mi dispiace tanto, i-io non volevo! Ti prego non piangere! Scusami, scusa!"
Mi fece sedere sul letto e mi abbracciò. Tremavo come una foglia, il terrore mi pervadeva. Perché proprio a me? Perché proprio a me dovevano capitare tutte quelle cose? Accarezzandomi i capelli disse che non mi sarei dovuta preoccupare e che non avrebbe più alzato la voce il quel modo. Con voce impaurita gli dissi: "V-vattene via..."
"C-cosa? Perché?" Chiese il ragazzo.
"Vattene via!" Affermai.
Sentii il ragazzo andarsene, chiudendo la porta della mia camera. Mi tolsi la benda e rimasi ad osservarla. Quello, era comunque un assassino. Non meritava ne comprensione, ne amore. Soprattutto amore. Lanciai via la fascia, urlando dalla rabbia. Presi la bici, andando il più in fretta possibile dalla mia ex insegnate in ospedale.
"Sei venuta di nuovo a trovarmi...non faccio neanche parte della tua famiglia, perché tieni così tanto a me?"
"Perché lei è l'unica persona che considero veramente importante, Signora Brown".
"Chiamami Margaret. Non sono più la tua insegnate".
"Sì...LUI...in questi giorni mi si è avvicinato. Ci ho parlato".
"Lo hai visto in faccia quindi?"
"No, mi aveva bendata".
"Cosa?!"
"Sì, ma ha giurato che non mi avrebbe mai fatto del male".
"E tu credi ad un pazzo omicida?"
"Se avesse voluto uccidermi, non crede che lo avrebbe già fatto?"
"In effetti..."
"Ha avuto un milione di opportunità per togliermi la vita, eppure non lo ha mai fatto".
"Ne sei completamente sicura?"
"Sì".
"Speriamo solo che continui ad avere questa simpatia per te".
"Già..."
L'ora delle visite finì ed io dovetti tornare a casa. Il giorno dopo sarei dovuta andare a lavoro, così decisi di fare tutti i lavori di casa, per poi andare a dormire presto.
Il giorno seguente, andai a lavoro, che iniziò subito male. Qualcuno spalancò la porta del locale con prepotenza, urlando: "Delle birre per me e i miei amici!"
Era Michael. Dannazione! Preparai quello che aveva chiesto e, quando gli portai le bevande al tavolo, lui e i suoi amici iniziarono a fare commenti e battutine inappropriate su di me.
Dopo qualche ora, i suoi amici se ne andarono e Michael rimase da solo. Come ultima richiesta prima di andarsene anche lui, domandò un bicchiere d'acqua. Quando glielo portai, mi prese per la maglietta e mi tirò sulle sue gambe. Era ubriaco. Tentò di baciarmi più volte, ma riuscii a fermarlo. Infuriato, lasciò il locale sbraitando contro tutti.
Finito il mio turno di lavoro, tornai a casa a sistemarmi. Quel bastardo mi dava davvero sui nervi.
In casa non trovai ne regali, ne biglietti. Mi serbava strano. Forse era meglio così. Le ore passavano ed io non sapevo cosa fare. Ero annoiata. Così decisi mi mettere della musica. Iniziai a cantare e la noia sparì. Trasportata dalle canzoni, non sentii che qualcuno era entrato in casa. Ad un tratto qualcosa cadde e si ruppe, attirando la mia attenzione, insieme a dei passi che scappavano via. Quello che si era rotto era una foto di me e i miei genitori, quando ero ancora una bambina. Mentre guardavo il riquadro frantumato, iniziai a sentire un rumore strano che contrastava quello della musica. Spensi la radio per sentire meglio. Erano le sirene di un'auto della polizia. Cos'era successo? Avevano catturato il ragazzo? Come sempre, presi la mia fidata bici e segui l'autovettura. Dopo un po', mi resi conto che la strada che stava percorrendo il veicolo era la stessa che portava all'ospedale. C'erano un sacco di persone all'interno di quell'edificio, poteva essere successo di tutto a chiunque.
Per curiosità, decisi di continuare a seguirla.

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