XXXVII

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L'aria fredda che arrivava dalle montagne lo fece rabbrividire per qualche secondo, costringendolo a stringersi dentro alla giacca di velluto. Gli occhi scuri vagarono per qualche secondo lungo il paesaggio circostante, la nebbia delle prime ore del mattino oscurava parzialmente le alte colline, mentre l'erba sotto ai suoi piedi pareva già completamente ghiacciata. Quasi non sembrava essersi accorto dell'inverno che prepotente aveva scacciato gli ultimi raggi del sole estivo, oppure in quell'angolo di terra tutto pareva alterato, persino lo scorrere del tempo. Non ricordava effettivamente quanti giorni fossero passati dal loro arrivo ad Orgosolo, certamente il tempo non lo aveva aiutato a scacciare quella sensazione. Si era sentito immediatamente disorientato, come fuori posto in quel paese che pareva quasi essere rimasto intrappolato in un istante non definito. Aveva preso a passeggiare all'interno delle sue vie, ogni giorno un percorso diverso. Si era accorto che ciò che lo differenziava dalla città in cui era abituato a vivere, non fosse la quantità di persone che lo abitavano, ma il modo in cui queste si relazionavano. Aveva sentito addosso gli sguardi dei pochi passanti che aveva incrociato, gli occhi sottili, ridotti quasi a due fessure scure. Avrebbe potuto giurare di essersi sentito improvvisamente minacciato, come se si fosse macchiato di un qualcosa che ancora non conosceva.

Le campagne erano vaste, diverse dai campi aperti che era abituato a vedere. Quando per la prima volta aveva seguito lo zio fuori dal paese, seduto dietro al suo vecchio carro, si era preso il tempo necessario per osservarle. Il territorio pareva prevalentemente collinare e montuoso, l'unica area pianeggiante era quella di Locoe, lungo il corso del fiume. Antonia sedeva accanto a lui durante quei brevi tragitti, spiegava con voce fine ma ricca di orgoglio tutto ciò che poteva osservare. Suggeriva nomi delle montagne, dei fiumi, ma anche di tutte le piante che arricchivano il paesaggio. Gli occhi di Mario si riempivano a poco a poco di meraviglia, non aveva mai visto un posto simile.
Le campagne parevano fitte, talmente estese da non riuscire ad immagine una via d'uscita. Ma quando aveva domandato di poterle visitare, Antonia si era fatta immediatamente tesa. Mario aveva osservato il tumulto dietro agli occhi scuri della donna, perciò si era detto che non avrebbe più posto quella domanda.
Le montagne erano talmente alte da farlo sentire piccolo, talmente tanto da mettergli quasi paura. Durante il giorno le osservava con curiosità, quasi come avrebbe fatto un bambino, ma la notte gli incutevano timore.

Antonia, accanto a lui, si stringeva dentro allo scialle di lana scuro. Il fazzoletto nero le copriva i capelli schiariti dal tempo, i lembi di stoffa stretti in un nodo sicuro sotto al mento. Il viso della donna era contratto in una espressione dura, mentre lo sguardo fissava un punto in lontananza. Mario provò a seguirlo, cercando di vedere ciò che la madre osservava già da qualche minuto, ma non riuscì a distinguere niente. Soltanto la nebbia, le montagne quasi spettrali dietro di essa, il silenzio che in quel preciso istante pareva quasi sacro. Istevene si muoveva veloce dentro al paesaggio tetro, senza parlare. Pareva quasi incapace di portare avanti una conversazione, se non con pochissimi eletti. Mario non doveva essere tra questi, perché l'uomo aveva smesso di rivolgergli anche il più fugace degli sguardi.
Istevene aveva certamente addosso qualcosa che ricordava Antonia. I tratti del viso parevano gli stessi, così come le rughe di espressione attorno agli occhi e alle labbra. Ma il tempo pareva averlo segnato più di quanto avesse voluto fare con la sorella. L'uomo si muoveva lentamente, nonostante la sua sicurezza, Mario aveva notato come trascinasse quasi la gamba destra. Eppure non pareva volersi fermare, il lavoro nelle campagne forse era l'unica cosa rimasta. Un po' come Raimondo. Non erano poi così diversi, tra di loro, e forse era tutta una questione di famiglia.
Inaspettatamente, fu Antonia a rompere il silenzio.

"Tuo fratello non era ancora nato quando decidemmo di lasciare Orgosolo" disse. Mario capì dalla sua voce flebile quanto alla madre costasse parlare di Lorenzo. Erano sempre stati troppo distanti, loro due, troppi diversi per capirsi. Nonostante fosse arrivato dopo, era sicuro che Antonia avesse passato anni della sua vita a rincorrere il fratello. Improvvisamente si accorse del nodo alla gola, che bruciava quasi quanto gli occhi già appesantiti dalle lacrime. "Non volevo andare via, è stato tuo padre a convincermi" mormorò, Mario la vide voltarsi verso l'uomo che in silenzio continuava a sbrigare le sue faccende. Adesso era quasi completamente scomparso dietro alla nebbia fitta, e Mario dovette assottigliare gli occhi per distinguere la sua figura. "Non avevo altra scelta, sapevo che non avrei potuto farvi crescere in-" disse, ma immediatamente parve fermarsi. "Perché?" domandò allora, "perché siete andati via?". Si voltò verso Antonia, trovandola già con gli occhi fissi sul suo viso. La donna aveva gli occhi carichi di stanchezza, certamente le ferite bruciavano ancora. "Avevo un fratello" disse poi, "un fratello maggiore, ma mi è stato portato via" confessò. Mario aggrottò la fronte, "non capisco" mormorò. Antonia sospirò, portandosi una mano davanti alle labbra tremanti il suo sguardo si posò nuovamente sull'uomo solo. "Mario, Lughia*, io e Istevene, questo è l'ordine" spiegò a voce bassa, "tua zia fece da madre a tutti noi, Mallena* era certamente presa da faccende più complicate" disse ancora. Mario aggrottò nuovamente la fronte, o forse non aveva mai smesso di farlo, perché i muscoli del viso adesso si erano fatti talmente tesi da procurargli dolore. Antonia non aveva mai parlato della sua famiglia d'origine, e Mario non aveva certamente avuto mai il piacere di conoscere qualcuno che ne facesse parte, se non il fratello minore. Ma improvvisamente una domanda diversa prese forma dentro alla sua mente, offuscata dalle parole della madre e dal freddo che pareva voler squarciare la sua pelle per arrivare fin dentro le ossa. Il cuore prese a battere più velocemente, perché in mezzo a tutti quei nomi che già aveva sentito, uno soltanto parve attirare la sua attenzione. C'era un fratello della donna che portava il suo nome, o meglio, era lui stesso a portare il nome di questa persona. "Chi è Mario?" domandò allora.

Antonia si fece immediatamente cupa, Mario la vide avvicinarsi e posare le mani fredde sulle sue guance arrossate. Gli occhi della madre erano più scuri del solito, arrossati dalle lacrime che prepotenti minacciavano di uscire e dal vento che arrivava dalle montagne, Mario ebbe quasi la sensazione di vacillare davanti ad essi. Le rughe di Antonia adesso erano nitide, talmente vicine da poter osservare come queste avessero profondamente scavato la pelle della donna fino a martoriarla di segni e macchie scure. Eppure non pareva aver perso la sua bellezza, si disse, Antonia aveva in qualche modo mantenuto i tratti morbidi e femminili nonostante la sua espressione perennemente corrucciata. Le sue mani erano fredde, talmente tanto che Mario volle ritrarsi dal suo tocco, ma quella precisa idea ebbe soltanto il tempo di attraversare la sua mente. Antonia si allontanò con la stessa velocità con la quale Mario l'aveva vista farsi sempre più vicina, adesso poteva notare la sua bassa statura, e quanto quegli abiti neri che per una vita intera aveva portato in realtà la facessero sembrare ancora più minuta. Non aveva mai visto la donna indossare un colore diverso, ed immediatamente qualcosa parve accendersi all'interno del suo cervello. "Mamma" la chiamò, ed il termine gli restò sulle labbra come resti di un frutto amaro che aveva voluto sputare. Erano anni che non utilizzava quella parola, aveva sempre osato chiamarla madre, perché così gli era stato insegnato fin dalla tenera età. Provò a sentirsi in colpa per aver in pochi secondi gettato al vento tutto quel rispetto alla cui costruzione la donna aveva dedicato tutta la sua intera esistenza. 

"Promettimi che non porterai alcun risentimento" la sentì mormorare, le labbra screpolate parvero macchiarsi improvvisamente di un rosso vivo, come se queste avessero improvvisamente preso a sanguinare. Mario si era fatto cupo, mimando quella tristezza che contraddistingueva la donna come avrebbe potuto fare uno specchio, per la prima volta parve veramente sangue del suo sangue. Se la donna gli domandava di non riservare alcun cattivo umore nei suoi confronti, allora doveva aver nascosto per anni qualcosa di veramente grave, Mario si sentì immediatamente macchiato di un crimine che non aveva mai commesso. O forse lo aveva sempre portato addosso, ancor prima di venire al mondo la sua anima doveva essere stata segnata da un destino di silenzi e rimorsi ingiustificati. "Adesso o mai più, Mario" continuò Antonia, forse preoccupata di fronte al silenzio del figlio, improvvisamente la donna gli parve determinata. Certamente non si sarebbe tirata indietro, avevano percorso tutta quella strada per un motivo preciso, ed in mezzo a quelle montagne nessuno avrebbe potuto udire il loro segreto, tanto meno spargerlo altrove. 

Mario ebbe soltanto la forza di annuire, e allora Antonia si sentì libera di annuire, e soprattutto di raccontare con voce tremante e debole ciò che per anni aveva tenuto nascosto.

Mille miglia | Vol. IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora