Capitolo 12

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Mi risvegliai dopo un tempo indefinito. Con la bocca impastata e la mente annebbiata cercai di mettere a fuoco la vista per capire dove mi trovassi.
Mi resi lentamente conto di non essere più a casa mia, bensì in una stanza spoglia, al cui interno si trovavano solo alcuni scarni mobiletti e un armadio.
La stanza era sbarrata da una porta, posta esattamente di fronte a me. Progressivamente presi anche coscienza della mia condizione. Mi resi conto di trovarmi su una sorta di letto, leggermente reclinato, con i polsi e le caviglie imprigionati da cinghie, apparentemente di cuoio.
Le mie braccia erano scoperte e in entrambe avevo delle flebo infilate, appese a degli appositi supporti muniti di ruote. Cercai di urlare, ma ero troppo debole e la voce mi morì in gola.
Tuttavia qualcuno dovette essersi accorto del mio risveglio, dal momento che la porta si aprì. Vidi entrare Carl, con uno stupido sorrisetto stampato sul volto.
<<Bene, bene, Giulia, ben tornata tra noi.>>
Avessi avuto le mani libere l’avrei strozzato prima ancora che potesse chiudere la bocca.
<<Dove cazzo mi hai portata e chi sei tu veramente?>> Le mie parole suonarono flebili ma dense di odio.
<<Come ti ho già detto sono un amico di George, ma, come forse avrai intuito, io non sono un dentista. In realtà mi occupo di ben altro e il nostro comune amico ne è perfettamente a conoscenza.>>
<<E sentiamo, di cosa ti occupi?>>
<<Io studio le aberrazioni e, se non è possibile fare altrimenti, le elimino, in modo che non possano arrecare danno alla comunità. Tu, mia cara, sei una di queste aberrazioni.>>
Mi sentii mancare il cuore.
<<Dunque quel verme schifoso ti ha raccontato tutto? E io che mi fidavo di lui!>>
<<Come avrai capito, io e George, siamo molto… intimi.>>
<<Non mi interessano le vostre abitudini sessuali. Dimmi semplicemente che cosa vuoi da me. Se sai come uccidermi, ben venga. Non aspetto altro. Possibilmente vorrei soffrire il meno possibile.>>
Lui mi guardò per alcuni istanti, come se stesse soppesando le mie parole.
<<Mi dispiace Giulia, ma non è così semplice, altrimenti non ti avrei portato sin qui.>>
<<Innanzi tutto mi piacerebbe appunto sapere dove è “qui”?>>
<<Siamo nel mio laboratorio personale. Il luogo in cui svolgo i miei studi e i miei esperimenti.>>
<<Esperimenti?>>
<<Esattamente. Devi sapere che il tuo strano caso non è isolato. Esistono dei precedenti di cosiddetti morti viventi. Il governo mi paga per riuscire a capire l’origine dei soggetti come te. Come nascono e perché. In secondo luogo il mio compito è quello di cercare di riportarvi “indietro”, se possibile. E, in subordine, uccidervi e cancellare le tracce della vostra esistenza se, come purtroppo è accaduto fin’ora, dovessi fallire.>>
Lo guardai con espressione disgustata. Dopodiché la mia risposta non tardò ad arrivare. <<Ascoltami bene, figlio di puttana, io non ho nessuna intenzione di prendere parte a nessun tipo di esperimento. Ne tantomeno di “ritornare indietro”, come dici tu e riprendere la mia vita schifosa, che non ha saputo fare altro che riservarmi dolore. Quindi, come ti ho già detto, passa direttamente alla fine del tuo lavoro e fammi fuori. Così potrò finalmente trovare la pace e porre fine alla mia inutile parvenza di vita.>>
Lui scosse la testa. <<Mi dispiace Giulia. Non posso accontentarti. Ho bisogno di te. Anche se vuoi morire, grazie a te potrei salvare delle altre persone che invece desiderano semplicemente riprendere a pieno titolo il loro posto nel mondo dei vivi.>>
<<Ti odio bastardo! Te e quell’altra checca fottuta di George.>> Mi agitai convulsamente sul letto che mi teneva imprigionata.
<<Ti consiglio di non muoverti troppo. Se non l’avessi notato hai due flebo infilate nelle braccia.>>
<<L’ho notato, bastardo. Cosa sono?>>
<<La prima è la tua fonte di alimentazione artificiale. A quanto pare sono giorni che non mangi.>>
<<Non ho fame. Hai mai sentito parlare di un morto fornito di appetito?>>
<<In effetti no, ma poiché il tuo corpo non è ancora morto del tutto, nutrendolo posso rallentare il processo di decadenza. Analogamente, con l’altra flebo ti posso iniettare un farmaco che ho sintetizzato io stesso, studiando i tuoi predecessori, che mi permette di rallentare i fenomeni post mortem. Come avrai notato infatti il tuo cuore batte ancora. E questo è un elemento di fondamentale importanza. Anche i tuoi polmoni non sono ancora collassati, non a caso respiri. E i tuoi arti rispondono ancora ai comandi del tuo cervello, privo d’anima, ma ancora attivo. Altrimenti non saremmo qui a parlare.>>
Carl fece una pausa, durante la quale parve studiare le mie emozioni.
<<Se io non ti iniettassi la mia cura, rischierei di perderti in troppo poco tempo. Così invece, oltre a fermare il fenomeno della tua decomposizione, posso provare a migliorare il mio siero, variandone le componenti a mano a mano che te lo inietto. Sono convinto di essere vicinissimo alla sintesi della cura definitiva. Anzi, se sarò fortunato, tu potresti essere la mia prima cavia a “guarire”. A quel punto sarai perfettamente libera di fare ciò che vorrai. Per me non rappresenterai più né una fonte di studio, ne una fonte di pericolo. Tornerai ad essere semplicemente Giulia. Sarai anche libera di suicidarti davvero, anche se dubito che troverai mai il coraggio di farlo realmente.>>
<<Quello che farò, se mai uscirò di qui, sarà denunciarti per sequestro di persona, dannata carogna!>>
Spiazzandomi Carl scoppiò in una risata.
<<E cosa scriverai nella denuncia? Che uno scienziato pazzo ti ha sequestrata perché ti sei trasformata in uno zombie e lui ha fatto di tutto per guarirti? Perdonami Giulia, ma ho difficoltà a pensare che qualcuno ti crederebbe.>>
Il suo tono di voce era ironico e indisponente. Ma ad un tratto mutò, facendosi di colpo serio, quasi accondiscendente. Prima di parlare mi guardò fissa negli occhi, smorzando la mia ira e facendomi scendere un brivido lungo la schiena.
<<Giulia, tu sei una bella ragazza, ed anche tremendamente giovane, per accettare questa sorte atroce. Anche se forse arriverai ad odiarmi, ti assicuro che farò di tutto per salvarti. E poi, chissà…>> il suo tonò tornò di colpo ironico. <<Magari anziché desiderare di uccidermi poi mi sarai riconoscente e accetterai un mio invito a cena.>>
Anche se non arrivai a colpirlo, mi limitai a sputare nella sua direzione, senza rispondere alle sue provocazioni.
Con uno stupido sorriso stampato sul volto scosse la testa e si allontanò raggiungendo la porta che conduceva al di fuori di quella squallida stanza.
<<Giulia, Giulia>> mi disse uscendo <<sei proprio testarda, ma sono contento di vedere che hai carattere. Ti aiuterà a resistere qua dentro, fino a quando non avrò finito con te.>>
<<Fermati, maledetto, mi lasci qui così?>>
<<Hai ragione. Aspetta.>>
Afferrò dal muro, un piccolo telecomando, che in precedenza non avevo notato e si mise ad armeggiare con esso. Di riflesso il lettino su cui ero imprigionata passò dalla posizione reclinata a quella distesa.
<<Ecco fatto >> disse <<ora sei pronta per la nanna. Ti ho iniettato anche una blanda dose di sonnifero. Vedrai che tra poco dormirai beatamente. A domani, piccola Giulia.>>
<<Muori!>> gli urlai mentre se ne andò chiudendo adagio la porta.
La sua espressione compassionevole, che gli vidi sul volto quando uscì dalla stanza, mi irritò ancor più dei suoi atteggiamenti ironici.
Rimasta sola cercai di rilassarmi un minimo e riflettere. Dovevo mettere ordine nei miei pensieri anche se mi sfuggivano dalla mente. Non fosse altro perché gli ultimi accadimenti mi apparivano ancor più assurdi di quelli che mi avevano condotto in quel luogo di tortura.
Cercai di collegare il filo di tutti i discorsi che quel maledetto mi aveva fatto, ma una sorta di torpore iniziò ad impadronirsi del mio cervello. Mi resi conto che effettivamente doveva avermi nuovamente drogato.
Mi addormentai maledicendo in cuor mio il governo, gli omosessuali e i morti viventi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 15 hours ago ⏰

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