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TIME TO ESCAPE

Run boy run! This race is a prophecy

Run boy run! Break out from society

-Run boy run

GRACE

Mentre Jody parla con un ragazzo standosene appartati in un angolo della stanza, io posso osservare tutto ciò che mi circonda: ventitre persone, sei divanetti, quattro tavolini sotto ognuno dei quali si trova un tappeto rovinato dal tempo, un distributore di tè e caffè. Ci sono anche delle finestre che si affacciano sulla città di New York, ma poiché tra tutte le persone che camminano nemmeno una si gira per osservare l'interno di questo edificio deduco che i vetri siano oscurati.

Diversi ragazzi mi lanciano degli sguardi cercando di non farsi notare, non li definirei indiscreti, piuttosto curiosi, come se volessero sapere qualcosa su di me.

Anche io vorrei tanto sapere chi sono, ma non riesco a ricordare.

A mia volta scruto gli individui, ma senza cercare di nasconderlo come fanno loro, lo faccio e basta. Sono in cerca di qualche risposta, e continuo a sperare di trovarne nelle ombre che si muovono e nei sussurri che aleggiano, desidero svegliarmi da questo incubo e tornare alla mia vita di prima, che anche se non la ricordo, sono sicura fosse meglio della situazione attuale. Ma nulla di tutto questo accade, rimango immobile nell'ignoto, senza sapere cosa succederà.

Torno a guardare la mia compagna di stanza e la vedo piangere, il ragazzo, che è di spalle rispetto a dove mi trovo io, cerca di confortarla dandole delle piccole carezze, poi si alza e viene verso di me.

Cosa sta succedendo?

Appena quest'ultimo è abbastanza vicino inizio a distinguere la sua corporatura: è alto, indossa una maglia nera aderente che delinea il suo fisico allenato, si muove con calma e tutti, quando lui gli passa accanto, abbassano gli occhi in segno di rispetto, o lo guardano con ammirazione. Ha la pelle chiara, quasi quanto la mia. Quando la distanza diminuisce ancora di più riesco a distinguere anche gli elementi del suo volto: capelli molto scuri e lucenti, leggermente mossi con qualche ciocca che gli ricade sugli occhi verdi chiari colmi di pietruzze dorate, una piccola cicatrice sullo zigomo destro e l'accenno di un sorriso sulle sue labbra.

-Ciao.- mi porge la mano destra -Ben arrivata, io sono Orion Balckwood.-

Ben arrivata.

Cerco di ignorare la rabbia che si sta facendo strada nel mio corpo. Come può tutta questa gente starsene tranquilla a sorseggiare caffè mentre siamo rinchiusi in una clinica? Qualcuno ha delle risposte? Qualcuno sa dove siamo e perché ci siamo?

Sospiro e gli stringo la mano -Grace Reynolds.-

Gli dico il mio nome come se fossi certa sia davvero il mio, ma non lo sono affatto, per quel che so potrei chiamarmi Ruth Adams, o Mary, o qualsiasi altra cosa.

-Voglio sapere cos'è questo posto.- mi impongo senza lasciarlo proseguire con il suo discorso, che sicuramente è lo stesso per ogni nuovo arrivato. Non ci vuole un genio per capire che tra i ragazzi è lui che comanda, quello da cui vanno tutti per cercare aiuto, ma io non devo essere aiutata, ho bisogno di avere delle risposte, e subito.

-Sediamoci.- accenna al divanetto dietro di lui con un movimento del capo.

-No.- sbuffo incrociando le braccia al petto. -Sono stufa di sentirmi dire "seguimi", "ti porto da una persona che saprà spiegarti cos'è questo posto" e non ottenere nulla. Se ho fatto i calcoli bene sono qui dentro da quasi due ore, e a stento so come mi chiamo. Non ricordo nulla delle mia vita prima di oggi, e ti sarei molto grata se potessi spiegarmi il perché.-

Il lato oscuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora