Twins

Mi è sembrato di vedere un lupo mannaro -3-

Vivienne non aveva mai pensato che la sua razionalità potesse essere messa alla prova in quel modo. Aveva sempre creduto che ogni mistero, ogni fenomeno, avesse una spiegazione logica, ancorata a principi tangibili, concreti. Ma ora si trovava di fronte a Nico, con la sua voce profonda e le parole che sembravano scardinare ogni certezza, introducendo l'incredibile nell'ordinario.

Era un mondo nuovo, pericoloso e arcano, che s’insinuava nelle sue convinzioni come un’ombra. L'incredibile si faceva spazio, mettendo radici laddove prima c’era solo scetticismo. Tra il crederci e il rifiutarlo, Vivienne si sentiva sospesa, in bilico sul filo sottile tra ciò che è e ciò che non può essere. E mentre Nico si preparava a raccontarle la verità, lei sapeva che, comunque fosse andata, niente sarebbe stato più come prima..

«Mi stai suggerendo di abbracciare ciò che sei senza esplorare le verità nascoste?» chiese Vivienne, la curiosità velata da un velo di incredulità.

Il ragazzo fece una smorfia di disapprovazione, il suo sguardo intenso. «No, intendo solo che dovresti assaporare l'idea che ci sia un mondo oltre la monotonia della vita quotidiana.»

Lei non rispose, e infatti fu lui stesso a proseguire, la voce bassa, quasi carica di una stanca rassegnazione. «Che tu voglia credermi o no, non mi interessa davvero. Puoi pensare ciò che vuoi. Sono qui solo per assicurarmi che tu non faccia qualche stupidaggine.»

Vivienne sollevò un sopracciglio, lanciandogli uno sguardo inquisitorio. «Stupidaggine?» ripeté, con un accento di sfida nelle parole.

«Volevo solo chiederti di tenerti questo segreto per te.» La sua voce si abbassò ancora, quasi tremante. «Per quanto ti possa sembrare impossibile o disumano, ci sono persone là fuori che pagherebbero oro per la mia testa, persone che cacciano i licantropi… come fosse un hobby.»

Lei deglutì, sentendo lo stomaco annodarsi. Per lei, il concetto di caccia apparteneva ai volatili, alla natura stessa, e persino quella le pareva crudele. Non riusciva a concepire che esistessero individui pronti a inseguire creature come Nico per sport o divertimento.

Lui abbassò lo sguardo, come se le sue parole fossero pietre che lo appesantivano. «All’inizio mi trasformavo nel bosco, cercavo rifugio tra gli alberi per sfuggire agli sguardi, ma presto ho capito che era troppo pericoloso. Non solo per me, ma per ogni essere vivente che vi abitava. Ogni mattina mi ritrovavo tracce di sangue animale sulle labbra, e una volta… una freccia d’argento mi è stata scagliata e si è conficcata nella mia spalla sinistra.»

Vivienne rabbrividì. Argento. Ricordava di aver letto che per i lupi fosse letale, come l’aconito, lo stozzalupo. Un tremito le corse lungo la schiena. Era pronta a credere a tutto questo? La razionalità le suggeriva che fosse un’assurdità, una menzogna ben confezionata per metterla a tacere. Eppure, negli occhi di Nico scorgeva una sofferenza profonda, il peso di una verità che aveva dovuto nascondere per troppo tempo.

Lo guardò ancora una volta, lo studio di chi tenta di vedere oltre la superficie. Alla fine, sospirò, lasciando che il beneficio del dubbio prendesse il posto delle sue riserve.

«Come?» si corresse «Perché? Tutto questo, intendo...» Voleva sul serio provare a capirci qualcosa, a darsi qualche spiegazione, nonostante fosse irreale.

«Come lo sono diventato? Non lo so. Avevo dieci anni, durante la notte di luna piena mi sono trasformato, e ciò ormai avviene ogni mese. Non so come e non so perché, ma sono un licantropo.»

La confusione di Vivienne aumentò. Aveva letto online che per diventare un licantropo si doveva essere morsi, ma la realtà si rivelava ben diversa.

Nel suo sguardo, però, si velò un briciolo di compassione per le sofferenze che Nico affrontava ogni mese, per quella notte interminabile di tormento.