Cosa cazzo mi è preso! Sbatto la porta.
Avvicinarmi così a lei.
Lasciando il cane libero di vagare per casa.
Doveva essere solo una ricognizione, un'osservazione da lontano, ma adesso... la perdita di controllo ha montato un odio che sta esplodendo dentro di me.
Mi lascio cadere sul divano, il cuore che batte all'impazzata.
Le immagini di quel momento si affollano nella mia mente: il suo sguardo confuso, la voce tremante mentre cercava di rispondermi, le parole taglienti, lame che ci scambiamo.
Non avrei dovuto metterci piede nel suo mondo, ma adesso... ora mi trovo qui, schiacciato dai miei pensieri.
Ci sono momenti in cui l'adrenalina ti fa fare cose folli e ti fa sentire ancora vivo; questo non è uno di quei momenti. Questo è puro caos.
La mia mente frulla e si contorce, cercando di dare un senso a quello che è accaduto. Mi alzo in piedi, iniziando a camminare su e giù per la stanza. La sensazione di impotenza che provo è insopportabile.
Sono solo un estraneo, mi ripeto, all'infinito, diventando quasi un mantra.
Un tipo qualunque che ha intrapreso un'azione stupida. Infierisco, non bastandomi l'odio che la mia mente mi scarica addosso. Ma quei pensieri non bastano a sedare il tumulto dentro di me.
Ripercorro i passi dei due giorni precedenti.
L'illusione di avere tutto sotto controllo mi ha accompagnato fin quasi all'incontro con Felice.
Ogni post, ogni storia pubblicata in evidenza su Instagram, ogni commento che ha scritto su TikTok, per carpire più informazioni sembrava un puzzle da risolvere, un modo per avvicinarmi a lei senza compromettere la mia sicurezza.
So esattamente come muovermi nell'ombra, come raccogliere informazioni sul mio obiettivo senza mai farmi notare. È quasi divertente osservare le sue abitudini, le piccole frasi che lascia scivolare via, nei momenti in cui dimentica di essere prudente.
Ogni tentativo di razionalizzare la situazione si dissolve come nebbia al sole, lasciandomi solo con un groviglio di emozioni contrastanti.
Un incontro casuale? No, non può essere così semplice.
È come se il tempo si fosse fermato quando i suoi occhi mi hanno fissato, sfidandomi e, allo stesso tempo, cercando risposte. Ogni movimento delle sue labbra, era registrato nella mia mentre, mentre cerca di articolare le parole. Ero ipnotizzato.
La sua presenza è un magnete e al contempo, una mina vagante; una letale combinazione per l'odio che sento per la mia stessa vulnerabilità.
Continuo a camminare su e giù per la stanza, dopo un leggero tentennamento nella mia marcia.
Le mani si infilano nelle tasche, cercando di trovare un equilibrio. Ogni passo che faccio sembra riempirmi di risentimento.
Non dovevo rimanere, eppure ero rimasto.
Dovevo andarmene quando l'avevo vista entrare nella radura, persa con il suo sguardo sul telefono. La curiosità ha vinto e troppo tardi, mi sono reso evidente alla sua presenza.
Gli occhi di Felice si presenta, brillanti cercando di scrutare dentro di me. Voglio respingerla, ma è impossibile ignorare la connessione che sembra pulsare tra noi.
Quella tensione fitta nell'aria mi ricorda che la linea tra obiettivo e ossessione è più sottile di quanto voglia credere.
Controlla la situazione, dice la voce dentro di me, ma la verità è che sto perdendo il controllo.
Ogni angolo della stanza è un rifugio da cui non riesco a fuggire e la mia vulnerabilità scintilla come un coltello affilato.
Osservo la stanca, ed raffreddo le mie manie di controllo, mi rendo conto che la sessione di stalking dei giorni precedenti ha lasciato dietro di sé, solo caos.
Volendo che almeno l'esterno rispecchiasse calma, inizio a sistemare casa. Ogni movimento, ogni oggetto che sposto sembra ampliare il mio rancore, di solito sistemare mi clamava. Ma c'è qualcosa di più profondo che s'insinua, una frustrazione legata a come ho lasciato che la mia attrattiva si manifestasse, prendendo il controllo solo per trovarmi nel bel mezzo di un confronto con un'estranea.
*Sbam!*
La foto della cornice scaraventata è dispersa sotto i frammenti di vetro.
Faccio un respiro e passo le mani sul volto, come per scaricare tutte le frustrazioni, e quando le mani rotolano lungo i fianchi, qualcosa non va.
Ho bisogno di quel ciondolo, quel legame con un passato che ho tentato di dimenticare. Frugo nei cassetti, componendo una scena surreale; ogni cosa che tocco sembra urlare il mio fallimento nel ritrovare quella superficie liscia. Mi aggrappo alle tasche, come un disidratato dopo un giorno senza acqua.
Il cuore d'argento, il talismano che ricordava un'altra vita.
Quella consapevolezza mi attanaglia.
Un'escalation di ansia mi investe; non solo ho sbagliato tutto con il mio obiettivo, ma ho anche perso qualcosa che significava molto per me, qualcosa che aprirebbe le porte a ricordi di un passato che cercavo di tenere con me.
Inizio a vagare per la stanza, muovendomi in modo irrequieto, frugando nelle tasche della giacca, ma il ciondolo non c'è. Le mani infilano in ogni angolo di casa, l'ansia cresce, il respiro si fa affannoso.
Dannazione.
Urlo regalando la furia ceca alle quattro mura di casa.
Mentre passo in rassegna la stanza, frugo tra i cuscini del divano, poi per terra, come se potesse spuntare dal nulla. Ogni attimo è un tormento crescente. La rabbia per l'incontro con Felice si mescola con la paura di aver perso quello che era legato a ricordi felici.
Era solo un oggetto? No, era più di un oggetto.
Era un collegamento a momenti dimenticati, a sorrisi e lacrime, una parte di me che non era ancora morta.
Non posso averlo perso.
Il mio sguardo avanza sempre più velocemente su tutto ciò che rimane della stanza.
La collezione dei miei romanzi è riversata a terra, i pensieri frenetici si ammassano come nuvole scure nei cieli tempestosi.
Frugo ovunque: sotto il letto, nell'armadio, sopra i mobili, come un ladro in casa mia. Tutto questo per una distrazione e la mia mente si sovrappone, le immagini di Felice si mescolano con i ricordi di chi aveva posseduto quel ciondolo prima di me.
Perché hai perso tutto.
Una sensazione di impotenza cresce, una mistura di odio contro di lei. Ho solo rovinato tutto, mandando a monte una possibilità che non avrei mai dovuto sfiorare. Mi accascio in mezzo ai cuscini sventrati del salotto; sembra che stiano gridando il mio fallimento.
Con il cuore che batte sempre più forte, ogni angolo della mia casa diventa il simbolo della mia frustrazione.
All'improvviso, mentre cerco di non arrancare con lo sguardo sulla devastazione che mi circonda, qualcosa attira la mia attenzione: la foto. Gattono fino ai resti della cornice e raccolgo la foto tra i detriti di vetro, che tagliano le mie dita. Sollevo la foto alla luce della lampada, sotto le impronte insanguinate, cui mi sono rifugiato per sfuggire alle ferite del vetro.
I protagonisti catturati in quel fotogramma nel tempo mi sorridono.
Appoggio la testa al muro, perso.
La follia di tutto ciò mi colpisce: rincorro una piccola cosa, un oggetto, ma l'evidenza è più della somma delle sue parti.
Cosa succede se non lo ritrovo? Quelle parti di quel cuore freddo mi ridaranno il calore che ho perso. Quella lotta contro me stesso ha trovato una falla, come un ingranaggio inceppato che continua a girare senza passare oltre. Il ciondolo non è solo scomparso; ha portato via con sé l'ultima parte di me.
«Dove sei, cuore?» sussurrai, con ciò che rimaneva della mia voce roca.
Ormai il mio era smarrito da tempo.Con un gesto rapido, afferro il telefono e compongo il numero dell'unica persona che ormai è rimasta.
Le dita tremano leggermente mentre premo il pulsante di chiamata, e attendo con il suono che ripete nel silenzio teso della casa.
Squillo... Uno, due, tre...
La voce familiare e al contempo distante, penetra l'aria densa che mi circonda.
«Spero che questa chiamata sia per consegnarmi la bozza finale del tuo libro»
dice, con un tono leggero e lo sfondo di una tastiera malmenata che batte come un metronomo nervoso.
La bocca rimane mezza aperta, ma io rimango bloccato. Aspetto che la mia voce emerga, ma il silenzio riempie il vuoto. Percependo la mia assenza, smette di digitare. «Che succede?»domanda, il tono ora più serio, mentre il rumore della tastiera svanisce in un attimo.
Di nuovo, il silenzio scende, pesante. Sa che la mia mente è un campo di battaglia, combattuta tra il bisogno di esprimere tutto ed elaborare la necessità di chiedere aiuto.
Respiro profondamente, il cuore che batte sempre più forte tra le costole, mentre rivivo con gli occhi il tumulto di tutta la giornata.« Ho bisogno di... una ditta di pulizie a casa mia.» finalmente riesco a dire, le parole che escono come un sospiro esausto, privo di ulteriori dettagli.
Dall'altro lato della linea, l'assenza di parole è eloquente. Lei sa bene chi sono, cosa significhi avere a che fare con me.
C'è una comprensione silenziosa tra noi; sa che, quando il caos diventa il mio quotidiano, la mia unica confidente diventa la mia ancora.
Vorrei, che non fosse così ma ormai è l'unica che è rimasta.
«Va bene» risponde infine, con deciso come sempre pieno di risoluzione. Mentre la chiamata termina silenziosa come era iniziata, io mi lascio andare andare con la testa contro il muro. Il freddo, di quel silenzio è l'unica cosa che rimane. Sapevo che tra qualche ora, la mia tregua, sarebbe finita con l'arrivo del caos, portata dalla ditta di pulizie.—————
Anti romantic ha perso il suo universo. E quando un uomo come lui perde il controllo, dover chiedere una mano gli risulta essere da deboli.
Quest'ultimo, realizza di aver toccato il fondo, e di essere, anche lui un uomo vulnerabile.Spero che questo capitolo ha risuonato con te, ti invito a lasciare una stellina, ⭐️ per me è importante.
E se vi anche qualche commento.
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ANTI-ROMANTIC di Alessandra Vertenzi
ChickLitTrama Nel mondo di TikTok, "Il Mondo di Felice" è diventata in poco tempo il punto di riferimento per molti amanti dei libri, con recensioni appassionate e coinvolgenti. Tuttavia, dietro lo schermo, la vita di Felice è un enigma, un vuoto che nemme...