Capitolo 3 - La lotta e la pace

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Nell'esatto istante in cui Ty pronunciò quella parola, un fulmine illuminò l'abitacolo a giorno, facendole notare con chiarezza l'espressione leggermente stranita di Arin che la fissava sgomento.
Era frustrata; non per essere stata rifiutata ma solo perché si sentiva delusa da lui e nel profondo del suo cuore non gli credeva. Percepiva che c'era sotto qualcosa.
"Perché dici cosi? E soprattutto, perche urli?", disse lui con una scintilla negli occhi.
Lei lesse questo bagliore e si arrabbiò di più.
"Perché sono nervosa, quando sto cosi piango silenziosamente e ho voglia di prendere a calci qualcuno per sbollire la rabbia, sai?"
"Mmmh, puoi sfogarti su di me se ti va", disse increspando le labbra.
-Te ne farò pentire-, pensò lei.
Senza farselo ripetere due volte lei gli saltò addosso urlandogli parolacce di ogni genere, ripetendogli furiosamente di odiarlo.
"Tesoro, perché ti ostini a dirmi che mi odi se entrambi sappiamo che non è cosi?", le sussurrò divertito.
Con un gemito di rabbia lei picchiò più forte lacerando in più punti la carne del ragazzo soprattutto sull'addome. Non accennava a smettere e lui era sempre più divertito.
Non era vendetta, non aveva motivo di vendicarsi e non voleva questo, era soltanto lo sfogo di tutto quello che stava passando in quegli ultimi giorni. Il suo passare in secondo piano, lo stesso modo disinteressato con il quale lui aveva pronunciato poco prima le parole che l'avevano ferita nel profondo. Sentiva un vuoto all'altezza del cuore, un vuoto sempre piu grande, come una voragine nel petto.
Una vocina nella sua testa le ripeteva -È il ragazzo sbagliato di cui innamorarti, non vedi? Non vuole alcuna storia seria ma soltanto un gioco, un divertimento, un passatempo. Te lo avevo detto io di non aspettarti nulla-.
Erano le parole che Alan aveva usato qualche settimana prima, per avvertirla sul conto di Arin.
La ragazza aveva deciso di correre il rischio e, nonostante stava soffrendo, non si pentiva minimamente delle scelte che fino ad allora aveva fatto. Ne andava fiera. Il dolore era un lato della medaglia dell'amore e lei lo sapeva bene. Per essere completi bisognava provarle entrambe e non illudersi che tutto andasse a rose e fiori, sarebbe stato infantile. No, lei era preparata e questo lo dimostrava. Nonostante avesse pianto, e continuava a farlo, graffiava sempre di più ed il sorriso di lui non sembrava abbandonargli mai il volto.
Tutto quello che avevano costruito pian piano cadde in un colpo solo, non era una novità per lei, le era già accaduto di essere stata piantata da un giorno all'altro.
"Perciò è finito tutto", disse Theia d'un tratto. "O meglio..", riprese "non è mai cominciata".
"Infatti, non è mai cominciata" sorrise lui.
A quelle parole lei lo tempestò di pugni e le lacrime si susseguorono più copiose, fin quando lui non sussurrò "Adesso è il mio turno, cucciolo di drago blu"
Le strappò un sorriso e l'espressione di lui si addolcì.
"Come mi hai chiamata scusa?", rise nuovamente.
"Hai sentito bene", disse lui di rimando "Somigli ad un drago. All'apparenza sei dolce e pacata mentre dentro hai un fuoco che mi ha sorpreso. Il tuo colore preferito è l'azzurro quindi ti ho reso giustizia, e poi i tuoi capelli lo accentuano ancor di piu", le fece l'occhiolino.
Senza lasciarle il tempo di reagire prese ad infastidirla con il solletico sui fianchi che lei odiava. Prese a torturarla anche agli arti e lei, per quanto lo graffiasse, non riusciva a scollarselo di dosso.
"Ti odio", disse lei.
"Mi stai convincendo ad odiarmi da solo", rise.
Non sopportava che lui ridesse di lei. Era inconcepibile un comportamento simile, sembrava uno sconosciuto piuttosto che il ragazzo con cui aveva passato dei bei momenti nel corso delle ultime settimane.
Infastidita a più non posso gli tirò con mano salda i capelli e non appena lo sentì urlare di dolore e portarsi una mano alla testa, gliel allontanò d'istinto, ridendo lei questa volta.
"Ti ho fatto male?", chiese ingenuamente.
"Le mie urla non ti hanno dato qualche indizio su quale sia la risposta alla tua domanda?", ribatté il ragazzo.
Lei lo lasciò andare e si abbandonò esausta sul sedile.
"Non ti ho detto che in futuro non possa accadere niente, il futuro è qualcosa che non bisogna programmare e in cui tutto può accadere"
Un barlume di speranza si accese in lei, ma era troppo negativa oramai per crederci.
Lo guardò di sbieco e lui cambiò argomento, parlando di futili argomenti.
Dopo un po' lei lo abbracciò, almeno quel gesto amichevole l'aiutava a digerire meglio quella pillola amara.
"Portami a casa", furono le uniche parole che riuscì a dire dopo quello sfogo.

The whispers of trees - I sussurri degli alberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora