4. Fedeltà

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Si risvegliò il giorno seguente steso a pancia in giù su una logora branda in una piccola camera dalle pareti giallastre.

In lontananza il suono dei grilli gli rimbombava fastidioso nelle orecchie. Capì che fossero le prime ore del mattino.

Pochi istanti dopo aver aperto gli occhi, percepì un dolore lancinante irradiarsi dalla schiena dilaniata sin dentro le ossa.

Negli ultimi attimi passati legato al palo della fustigazione, Kovu aveva creduto di morire.

Sin da quando era solo un bambino, il pensiero della morte non gli aveva mai provocato malinconia o terrore.
La Guardava come si fa con una vecchia amica, che si è ben lieti di ospitare perché porta via con sè i dolori e le sofferenze della vita terrena.

Certo, se avesse potuto scegliere avrebbe preferito senza ombra di dubbio morire gloriosamente in battaglia.

«Miler, finalmente ti sei svegliato.» era la calda voce del Generale Phetyrson.

Kovu debolmente riuscì a voltare il capo nella direzione dell'altro. Provò a parlare, ma la lingua intorpidita gli impedì di articolare il più flebile suono.

«No, non affaticarti soldato...» il Generale sedeva su una sedia di legno a pochi passi dal letto, «so quanto sia doloroso, ho le tue stesse ferite sulla schiena.»

Kovu non capiva il perché di quell'inaspettata visita.
Phetyrson voleva forse infliggere nuove ferite al suo orgoglio?

«Mi hanno detto che non hai emesso un fiato durante l'esecuzione...» avvicinò leggermente il volto a quello del ragazzo, «sapevo tu fossi diverso dagli altri.» così dicendo si alzò e s'incamminò all'uscita della stanza.

I deboli raggi del sole illuminavano la carne stracciata del soldato, «rimettiti in forze Kovu. Abbiamo dei progetti.» uscì dalla porta.

Il ragazzo rimase interdetto, durante l'intera giornata e per tutto il periodo della lunga convalescenza non fece altro che interrogarsi sul reale significato delle poche parole pronunciategli da Phetyrson, e su quali fossero i progetti di cui gli aveva parlato.
Pensò che forse il Gran Comandante Yron avesse rivalutato la sua destinazione a Baahìa e che finalmente sarebbe stato spedito a combattere sul fronte ghiacciato. Ma quelle domande rimanevano, giorno dopo giorno, senza alcuna risposta.

La convalescenza per Kovu fu lunga e dolorosa.
Le ferite riuscirono a rimarginarsi solo dopo due settimane di impacchi preparati con erbe locali dalle capacità anestetizzanti.
Durante il giorno più volte gli infermieri gli offrivano del salis, nella speranza che quella bevanda dall'effetto allucinogeno gli potesse dare un seppur temporaneo sollievo.
Quando finalmente riuscì a rimettersi in piedi lasciò la gialla stanza e tornò a condividere il dormitorio con i suoi compagni di squadra.

«Kovu! Che bello rivederti in salute.» ad accoglierlo, come per il primo giorno di arrivo a Liòs, lo attendeva l'allegro tono di Ural. Anche Tyr gli corse incontro con un largo sorriso sulla bocca.

«Come stai?» aggiunse il primo.

«Dolorante...» si sedette con difficoltà sulla sua vecchia brandina, «voi avete novità? Avete stanato qualche ribelle?»

«No...» Ural rispose deludente, «Siamo venuti a conoscenza di una possibile pista tuttavia...» il ragazzo di Agòry nutriva un profondo sentimento di fedeltà e di rispetto nei confronti del DAM.
Dall'entusiasmo che caratterizzava la sua voce e che si leggeva chiara nei suoi occhi, era evidente quanto in fondo amasse essere un soldato della grande e gloriosa Dausya.

«Spiegati...» lo esortò Kovu.

«Un informatore nel porto ha consegnato al Caporale Lyus un biglietto...»

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