7. La sinfonia del terrore

10 3 0
                                    

L'aria della sera, pungente e umida, filtrava dalle finestre socchiuse, facendo correre un brivido lungo la mia schiena. Mi rigirai nel letto, incapace di trovare pace. Le parole di Lefèvre e Ferdinando risuonavano ancora nella mia mente, come un eco lontano che non voleva spegnersi. Il pensiero di dover suonare ancora quel pezzo, di dover rivivere quel terrore, mi attanagliava. Ma non era solo quello. C'era qualcos'altro, un mistero ancora nascosto, sfuggente, che continuava a eludermi.

Con movimenti lenti, cercai di non svegliare Isabelle.

Mi alzai dal letto, i piedi nudi che sprofondavano nel freddo pavimento di legno. Dovevo trovare delle risposte, e sapevo esattamente dove andare a cercare: nella biblioteca dell'Accademia. Quello era il luogo dove, tra antichi manoscritti e libri dimenticati, si celava forse la chiave per capire ciò che stava accadendo.

Quando arrivai alla biblioteca, la grande sala era immersa in un silenzio quasi sacrale. Le lunghe ombre proiettate dalle scaffalature sembravano animarsi sotto la luce fioca delle lampade e il solo suono che riempiva lo spazio era il monotono e costante ticchettio di un vecchio orologio a pendolo, nascosto tra gli scaffali.

Mi diressi verso la sezione "Musica e Arti Mistiche". Lefèvre, nelle sue lezioni, aveva accennato a leggende antiche, storie di musicisti in grado di canalizzare visioni attraverso il suono, intravvedendo frammenti di realtà sconosciute.

Con la mano tremante sfiorai i dorsi dei volumi impolverati, finché un titolo catturò la mia attenzione: "Musica e Visioni: Storie di Suoni e Misteri".

Lo afferrai dallo scaffale, il peso del libro conferiva una solennità tangibile.

Le sue pagine ingiallite profumavano di segreti dimenticati, un odore antico e rassicurante. Mi sedetti a un vecchio tavolo di legno, cercando di calmare il battito frenetico del mio cuore.

Sfogliando il libro, mi imbattei in un capitolo che sembrava scritto apposta per me. Parlava di un'antica leggenda. Alcuni musicisti, diceva il testo, possedevano un dono raro, una capacità innata di vedere frammenti del futuro attraverso la musica.

Ma quel dono aveva un prezzo: un'oscura maledizione che attirava su di loro entità di un altro mondo, presenze inquietanti e pericolose.

La pelle mi si raggelò.

Quelle parole sembravano descrivere esattamente ciò che vivevo con il mio Maladaptive Daydreaming. Le mie visioni non erano solo frutto della mia mente. C'era qualcosa di più, qualcosa che legava la mia musica a quelle oscure entità.

Proprio mentre stavo per voltare pagina, un rumore sottile ruppe il silenzio alle mie spalle. Mi voltai di scatto, il cuore che pulsava violentemente nel petto. La biblioteca era immersa in un'oscurità appena interrotta dalla luce tremolante delle lampade, ma una figura emerse dalla penombra, avvicinandosi con passi misurati. Era Lefèvre.

Il suo volto era parzialmente illuminato dalla debole fiamma di una candela che reggeva con una mano, l'espressione indecifrabile.

<<Non dovresti essere qui>> disse con tono calmo, ma carico di autorità. La sua voce, sempre così controllata, ora sembrava avvolta da una sottile minaccia <<Ci sono segreti che è meglio lasciare sepolti>>

Mi alzai bruscamente, il libro ancora stretto al petto, il cuore che martellava. Sentivo la tensione crescere in ogni muscolo del corpo.

<<Cosa vuoi dire, Lefèvre?>> domandai, cercando di mantenere la voce ferma, ma tradita dal tremore che mi attraversava.

Lui si avvicinò di un passo e l'intensità del suo sguardo mi fece gelare il sangue nelle vene. I suoi occhi, freddi e taglienti, non lasciavano scampo, come se volessero penetrarmi l'anima.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: a day ago ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Oltre il confine dei sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora