Come richiesto nei commenti e nei DM di IG, in questo capitolo siamo nel presente :)
Matteo
Mi mancava il fiato
Ansimavo con gli occhi socchiusi, le ciglia incollate di sudore. Non sentivo più il corpo. Formicolava pesante. Me ne stavo con le braccia appese alla vanga, il mio unico sostegno.
L'intero vitigno dello Château era stato arato. Avevo affondato la vanga in ogni zolla di terra, dall'orto al mirteto, dalla fila di aranci lungo il recinto alla siepe più lontana, oltre cui brillavano i Castelli Romani. Poco mancava che arrivassi a spaccare anche le piste dell'aeroporto di Ciampino.
Mi accasciai sulle ginocchia.
Non avevo ancora trovato una soluzione a quel casino. Il lavoro fisico non mi aveva illuminato. Ridurmi uno straccio non era servito a nulla.
Tecla era sparita, non sapevo dove cercarla. Mio padre non mi rivolgeva la parola. Mia madre mi parlava con una falsità che me la faceva odiare. Nessun amico o conoscente di Tecla sapeva dove si era andata a cacciare. Nessuno, tra l'altro, me lo avrebbe detto.
L'unico gentile nei miei riguardi era Maurizio, il padre di Virginia. Mi osservava da un balconcino del castello, sorseggiando un tè come un vero lord inglese seduto accanto al compagno Vittorio.
«Matteo, non sei stanco? Possiamo farlo fare al giardiniere!» mi urlava dall'alto.
«No, grazie! Mi rilassa.»
Mi spacca la schiena. Lo odio. Ma mi spegne il cervello. Alla fine, mi spegne anche il corpo.
Mi rivolgeva un sorriso paterno, poi si voltava verso Vittorio e gliene rivolgeva un altro carico di amore. Io riprendevo a zappare.
Quel pomeriggio Virginia era sotto il gazebo di ferro. Mi osservava da lontano come un felino, muovendo con una mano il seggiolone a dondolo di Giovanni. Il piccolo se ne stava lì, a sonnecchiare nel tiepido pomeriggio, mentre svariate farfalle gli si libravano sopra.
Virginia non mi toglieva gli occhi di dosso. Impassibile. Letale.
Mi trascinai fino al gazebo per superarlo e andare a riporre la vanga nel casotto degli attrezzi.
«Hai finito di comportarti in modo così strano?»
Asciugai il sudore sulla fronte con un avambraccio sporco di terra.
«Così come?»
«Come un disperato.»
«Mi sto solo dando al giardinaggio. Questa proprietà diventerà anche mia, no? È giusto che me ne prenda cura.»
Virginia si alzò lenta dalla sedia. Mi si parò davanti, a debita distanza per sottrarsi all'odore acre della fatica fisica.
«Vedi di comportarti bene, Matteo.»
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Questo amore passerà
RomanceTecla è solida, schiva, integra. E' terra stabile, imperturbabile. Ci sguazza bene nella sua ordinarietà. Poche pretese, poche parole. Vive e lascia vivere. Non crea problemi e non ne vuole. I suoi quattro anni di liceo sono stati sereni, niente di...