Capitolo 27

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Buonasera, ecco il nuovo capitolo.

Vi avviso: è lungo. Sono più di diecimila parole.

Accomodatevi e leggete la fine del liceo per Tecla e Matteo. 🫂


Tecla

La nostra routine cambiò.

I due piatti alle 14:00 erano sempre sul tavolo, il sesso post-pranzo non mancava, lo studio si protraeva fino alle cinque, ma poi niente fu più come prima. Lì dove guardavamo un film sul divano, dove giocavamo con la sua playstation, dove cucinavamo per divertirci con due calici di vino come gli adulti, lì dove c'erano baci, complicità, sogni, piombarono con arroganza le ambizioni di Matteo. I suoi progetti per il futuro erano ben delineati e lui motivato a perseguirli. Alle 18:05 apriva il libro di preparazione per i test d'ingresso per l'università e si tuffava in silenzio in quiz di logica e matematica. Leggeva attento ogni domanda, ponderava le risposte, escludeva quelle che per certo erano sbagliate, irrigidiva la mascella quando sbagliava, cercava su internet procedimenti per svolgere gli esercizi più velocemente. Segnava appunti, numeri, imprecazioni su un quaderno adibito allo studio per il test di ingresso.

Io lo guardavo con la coda dell'occhio, ripassando cose di scuola che già sapevo bene, anticipando magari qualche argomento delle lezioni successive. Per il resto, non ebbi nulla da fare se non assistere a lui che iniziava a lottare con i pugni e con i denti per conquistarsi un futuro dignitoso, mentre io, piano piano, come previsto, iniziavo a restare indietro. Lo struzzo goffo e incapace di volare, di seguire l'aquila reale.

Portai dei libri da leggere in inglese, la vana e stupida richiesta di attenzione.

Guarda come sono brava. Guarda, leggo in inglese. Guarda, ho finito un libro in un pomeriggio.

Non stavo però aggiungendo niente di nuovo alla mia vita, quella era un'abilità che già possedevo. E, mi resi conto, non stavo apportando più nulla nemmeno alla vita di Matteo.

A febbraio, alcuni pomeriggi si unì a noi Patrizio, anche lui sommerso dallo studio per i test di medicina. Si mettevano tutti e due al tavolo in salotto, si confrontavano, si capivano. Mi ignoravano. Non di proposito, ma ormai non avevo nulla da spartire con loro. Tutto quello che ci aveva sempre accomunato svanì, inghiottito da quei maledetti tomi di preparazione. Gli cucinavo la merenda, come se fossero entrambi i miei fidanzati e quella fosse casa mia.

Mi ringraziavano. Parlavamo un po'. Poi tornavano in silenzio a studiare e a imprecare sottovoce.

Iniziavo a sentirmi di troppo.

Guardarli e incoraggiarli era patetico.

Guardare la tv era vergognoso, non ero andata a casa di Matteo per divenire la copia di mia madre.

Leggere non ci riuscivo, pensavo ogni secondo che stessi facendo qualcosa di sbagliato. Che potevo impiegare quel tempo in modo diverso pur non sapendo come.

«Tecla, ma tu cosa vuoi fare dopo la maturità?» mi chiese Patrizio mentre gli passavo una tazza di cioccolata calda.

«Devo ancora decidere.»

«Beh, dovresti un attimino fare mente locale. I test di ingresso anticipati per le università sono tra poco e non ti vedo studiare.»

«Non credo che farò l'università.»

I due amici di lanciarono un'occhiata esaustiva. Matteo sollevò per un secondo le sopracciglia in un gesto di stizza, poi tornò a studiare. Non toccò la cioccolata calda che gli avevo preparato. Un sottile gesto vendicativo, per ricordarmi che dovevo fare ben altro che la casalinga.

Questo amore passeràDove le storie prendono vita. Scoprilo ora