realtà

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Did you have to do this?
I was thinking that you could be trusted
Did you have to ruin
What was shining? Now it's all rusted
Did you have to hit me
Where I'm weak? Baby, I couldn't breathe
And rub it in so deep
Salt in the wound like you're laughing right at me






Mi sento un nodo allo stomaco, come se qualcuno mi avesse legato una corda stretta attorno. Il primo giorno di scuola dovrebbe essere un misto di emozione e curiosità, ma tutto quello che sento è ansia.

Arrivo davanti al portone della scuola e per un attimo vorrei solo scappare. La folla di ragazzi intorno a me chiacchiera, ride, alcuni sono in gruppo, altri stanno da soli, ma sembrano tutti a loro agio. Io mi sento fuori posto. Stringo i pugni, mi faccio piccola e avanzo, cercando di non incrociare lo sguardo di nessuno, specialmente di quel ragazzo maleducato.

La prima ora è matematica, quindi cerco di indirizzarmi versi l'aula, mentre cammino cerco di
Scomparire.
Sembro un pesce fuori dalla sua bolla, ora come faccio ? Si, lo ammetto, mi sono persa .mi guardo in torno , cercando di captare qualcosa, oppure qualcuno che mi dicesse dove sarei dovuta andare.

Sento una piccola pressione sopra la spalla, mi volto e vedo una ragazza dal sorriso smagliante, allora l'universo non mi aveva riservato del tutto una giornata di merda, ma aspetterei a dirlo.

Lei mi guarda con occhi curiosi,  < non si incontrano facilmente persone come te qui, perché tu non sei
di qui vero?>
Mi dice con una voce squillante .
La guardo per un lasso di tempo, sbalordita, quando due persone si incontrano si dicono questo? Non che io ne capisca molto, ma non credo funzioni cosi.
Decido ri rispondere con un semplice < chi sei ?>.
< mi chiamo elysia> mi risponde mentre fa un passo avanti, vuole darmi un pugno ?.
< ti sono venuta incontro perché ho visto che sembravi un po' persa, classico, tranquilla, qui ogni aula è enorme, se vuoi posso darti una mano.>
Questo secondo me è un trabocchetto, ma se non mi fido di lei come ci arrivo io all'aula di matematica?.
< ti ringrazio per esserti offerta, comunque si, avrei bisogno di una mano, dovrei arrivare nell'aula di matematica, puoi portarmici ?>
< ma certo, seguimi.>
Percorriamo un lungo corridoio , troppo lungo per i miei gusti.

Per fortuna che quando arrivo la professoressa ancora non è presente, perché sono sicuramente in ritardo.

Mi siedo all'unico banco che non era stato occupato, accanto a me è seduta una ragazza dai capelli lunghissimi, pieni di boccoli, il viso è delicato, viene solo marcato da una linea di eyleiner e un po di rossetto.
Da come mi sta guardando non credo di starle simpatica, per fortuna che entra  La professoressa. Si siede  e inizia a spiegare, ma le parole rimbalzano come se ci fosse un muro tra noi. Mi sforzo di seguire,

di prendere appunti, ma non riesco a concentrarmi. Penso a mia madre e a quanto lei sapesse sempre trovare le parole giuste per calmarmi, e ora che non c’è mi sento ancora più persa.

La ragazza vicino a me diciamo che non aiuta, continua a scrutarmi, ma esattamente che cosa vuole da me ?, da quando mi sono seduta non ci siamo mai scambiate nemmeno una parola,

quindi non riesco proprio a comprenderne il motivo.
All’intervallo decido di sedermi da sola, vicino alla finestra. Guardo fuori e mi chiedo quanto ci vorrà prima di sentirmi normale qui, prima di sentirmi come uno degli altri. Qualcuno passa e mi lancia un’occhiata, ma nessuno si ferma a parlare.
Le ore passano lente, e il peso sul petto non si alleggerisce mai.

Non vedo l'ora che questo calvario finisca per tornare a casa, ma non per fare chissà che, sicuramente appena torno, il tempo di chiudere la porta per poi piangere, fino a che non riesco più a respirare.
Finalmente suona l'ultima campanella, quando esco vedo una cosa abbastanza curiosa.

La ragazza che era seduta accanto a me nell'ora di matematica, ora si trovava insieme al gruppo di quei caproni che avevo incontrato questa mattina.
Ma se loro erano qui, significava che  andavamo nella stessa scuola, devo dire che come inizio mi aspettavo di meglio, ma conoscendo la mia vita non mi lamento.
Tornando a casa, sento una stanchezza che non ha nulla a che fare con lo studio, una stanchezza che viene da dentro. Arrivata, mi chiudo in camera e mi sdraio sul letto, lasciando che tutto questo si sciolga in un lungo sospiro.

Vorrei tanto poter dire che domani andrà meglio, ma adesso posso solo sperare di trovare la forza di tornarci ancora, un giorno alla volta.

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