Seduta nella piccola sala d'interrogatorio, mi trovai faccia a faccia con Morris. Le pareti grigie, l'illuminazione fredda e spietata, tutto contribuiva a farmi sentire intrappolata. Cercai di mantenere la calma, di respirare profondamente, ma le mani mi tremavano leggermente, e non c'era modo di fermarle.
Morris entrò nella stanza e si sedette di fronte a me con una lentezza calcolata, lo sguardo impassibile ma inquisitivo. Non si mosse per alcuni istanti, lasciando che il silenzio si riempisse di un peso che mi soffocava. "Michelle," iniziò, con tono freddo, quasi distaccato. "Sa perché è qui, vero?" Annuii, cercando di non mostrare il panico crescente. "Sono qui per spiegare cosa ho visto."
Morris sorrise, ma quel sorriso non aveva nulla di rassicurante. "Interessante." Prese un fascicolo e lo posò sul tavolo, aprendolo lentamente, le pagine che frusciavano come una lama sulla pelle. "Ma sa, c'è qualcosa che non mi torna. Lei dice di essere solo una testimone. Ma come mai, allora, era così vicina alla scena del crimine?." Deglutii, sentendo la gola secca. "Ho seguito Thomas. Mi aveva detto che non sarebbe tornato per pranzo, e... volevo capire dove stesse andando. Sentivo che mi nascondeva qualcosa." Morris alzò un sopracciglio, chiaramente poco convinto. "Così ha deciso di seguire suo marito. Lei, Michelle, una madre di due bambini, ha deciso di abbandonare i suoi figli per pedinare suo marito. Sembra un po'... sospetto, non trova?." Mi sentii un lampo di rabbia mescolarsi alla paura. "Sospetto? Agente Morris, ho seguito Thomas perché avevo paura che mi stesse tradendo, non perché volessi... non perché volessi fargli del male."
"Capisco." Morris fece un cenno vago, ma il suo sguardo rimase fisso su di me, senza mostrare empatia. "Eppure, quando siamo arrivati sulla scena, era sola. Non c'era nessuna donna misteriosa." Mi sentii improvvisamente risucchiata da quel momento terribile, dall'immagine della pistola ancora fumante, da Thomas che cadeva a terra. "Non ho immaginato nulla," risposi, cercando di mantenere la voce stabile. "C'era una donna con lui. È stata lei a premere il grilletto." Morris sospirò, spostando il fascicolo con calma esasperante. "Michelle... il problema è che nessuno ha visto questa donna. Non ci sono prove della sua presenza. Solo il corpo di Thomas... e lei." Il suo tono insinuante, carico di dubbi, mi fece rabbrividire. "Sta insinuando che sono stata io? Che io abbia ucciso mio marito?." Morris si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia. "Mi limito a considerare tutte le possibilità. Una moglie gelosa, che scopre un presunto tradimento... Non è una dinamica nuova, sa? E spesso termina tragicamente." Scossi la testa, sentendo le lacrime minacciare di scendere. "Non avrei mai fatto del male a Thomas. Non l'avrei mai ucciso, i fascicoli? Gli avete trovati?." Morris rimase impassibile, senza traccia di compassione. "Non c'era traccia di nessun fascicolo, mi dica, Michelle, perché dovrebbe credere che lei sia innocente? Tutti gli indizi sembrano puntare verso di lei, e non c'è traccia di questa fantomatica donna." Il mio cuore si spezzava, sapendo che nessuna spiegazione avrebbe potuto convincerlo. Ma non avevo scelta: dovevo difendermi, dovevo trovare un modo per uscire da quell'incubo. Non so come uscii da quella stanza. Mi sembrava di aver attraversato una nebbia densa, ogni parola di Morris mi risuonava ancora nella mente come un'eco velenosa. Libera, ma solo per ora. Non ero più la moglie che cercava risposte, non ero nemmeno una testimone. Ero una sospettata. Mi guardai intorno, scorgendo i volti sfuggenti degli agenti che mi osservavano da lontano, e il gelo del sospetto pesava come una minaccia. Fuori, l'aria era pungente. Inspirai profondamente, cercando di liberarmi dalla stretta opprimente della stanza d'interrogatorio, ma le emozioni non mi davano tregua. Presi il cellulare con le mani che tremavano e chiamai Alice. Il pensiero di Sophie e Liam mi aveva tormentato per tutto quel tempo; dovevo essere sicura che fossero al sicuro, lontani da quell'incubo. "Alice?" dissi appena lei rispose, la voce strozzata. "Stanno... stanno bene i bambini?." Alice, sempre premurosa e attenta, notò subito la mia angoscia. "Michelle, sì, stanno benissimo. Sophie sta disegnando e Liam dorme tranquillo. Ma tu, invece, stai bene?." Rimasi in silenzio per un attimo, incapace di formulare una risposta che non rivelasse tutto ciò che avevo visto. Avrei dovuto raccontarle della morte di Thomas? Dei sospetti che ora gravavano su di me? Ogni parola mi sembrava una lama a doppio taglio.
Sapevo che avrei dovuto avvisare la famiglia di Thomas. La sua morte era qualcosa che meritava di essere saputo, una verità troppo crudele per essere tenuta nascosta. Eppure, come avrei potuto guardare negli occhi chi l'aveva amato e dire loro ciò che avevo visto? Come avrei potuto ammettere di essere stata lì, senza fare nulla per fermare quell'orrore?. "Alice..." iniziai, con un nodo in gola, "ho bisogno che tu stia ancora con loro. Devo... devo affrontare qualcosa prima di tornare."
Alice fece una pausa, come se intuendo che dietro le mie parole si nascondesse una tragedia troppo grande. "Michelle, posso fare qualsiasi cosa. Ma per favore, dimmi la verità... cosa sta succedendo?." Le parole mi si bloccavano in gola, e tutto quello che potei fare fu soffocare un singhiozzo. "Non ora, Alice. Ma prometto che te lo dirò. Solo... abbi cura dei bambini per me." Riattaccai senza aggiungere altro. E, rimanendo lì, in piedi, con il telefono ancora in mano, sentii l'ombra della colpa avvolgermi. Come avrei potuto spiegare a Sophie, a Liam, che il loro padre non sarebbe mai più tornato? Come avrei potuto continuare a vivere, sapendo che ogni passo in avanti era sotto il giudizio di una verità che sembrava inchiodarmi?.
Mi trovai a camminare senza meta, le strade di città che si susseguivano davanti ai miei occhi come un labirinto senza via d'uscita. Ogni passo sembrava un passo verso il nulla, eppure non riuscivo a fermarmi. La mia mente correva, a velocità vertiginosa, ma non riuscivo a trovare una via di scampo. Ogni pensiero era un vortice che mi risucchiava sempre più a fondo. La morte di Thomas era reale, eppure sembrava ancora un incubo. Non riuscivo a smettere di rivederlo, l'espressione di paura sul suo volto, il suono dello sparo che nell'aria. La donna, la pistola, il suo corpo che crollava. Ogni dettaglio mi tormentava come una ferita che non guariva mai. E ora, con la polizia che sospettava di me, il peso del loro giudizio mi schiacciava. La domanda che non smettevo di farmi era: Cosa sanno davvero? Ero sola. Solo io sapevo cosa era successo, ma non potevo dire tutta la verità. Se avessi parlato, se avessi detto loro che c'era qualcun altro, che Thomas non era solo un uomo tradito, ma anche una vittima di qualcosa di più grande, mi avrebbero considerata pazza. Eppure, qualcosa mi diceva che non stavo sognando. L'ombra che avevo visto, il modo in cui si era mossa, il suo volto freddo e impassibile: era tutto troppo reale. Con il cuore che mi batteva forte nel petto, presi una decisione. Dovevo tornare. Dovevo scoprire cosa stava davvero succedendo, anche se significava mettermi ancora di più nei guai. Ma come avrei potuto farlo? Come avrei potuto affrontare la verità? La paura mi paralizzava, ma la determinazione, quella strana sensazione che si nascondeva sotto la pelle, mi diceva di non arrendermi. Arrivai alla macchina e mi sedetti al volante senza una meta precisa, la strada che si apriva davanti a me come un'ignota promessa. Avevo bisogno di risposte, ma allo stesso tempo temevo ciò che avrei potuto scoprire. La polizia mi stava osservando, l'agente Morris non si sarebbe fermato finché non avesse avuto le prove che cercava. E se quella prova fosse stata qualcosa che non avrei mai potuto spiegare.? Guardai lo schermo del cellulare, la tentazione di chiamare Alice mi sfiorò, ma qualcosa mi fermò. Non volevo che qualcuno si preoccupasse per me. Eppure, in quel silenzio spettrale, ero consapevole che non avrei potuto affrontare tutto da sola. La solitudine pesava come un macigno. Il cuore mi batteva più forte quando una nuova notifica lampeggiò sullo schermo: un messaggio da parte di un numero che non riconoscevo. Il testo era breve, ma per me significava tutto:"So cosa hai visto."
Il sangue mi si gelò nelle vene. Chi era? E cosa voleva da me?. Decisi di andare nell'azienda di Thomas, T&R Enterprises. Era un passo inevitabile, una mossa azzardata, ma necessaria. Se c'era qualcosa che mi sfuggiva, se c'era una verità nascosta che solo lui conosceva, l'avrei trovata lì. Speravo che il suo studio, luogo in cui passava ore infinite, potesse custodire indizi, frammenti della sua vita che mi erano stati celati fino a quel momento. Arrivai all'edificio e sentii il peso di ogni sguardo su di me. Mi trattenni a stento dall'abbassare lo sguardo, consapevole di quanto quei corridoi lussuosi fossero intrisi della presenza di Thomas. Un senso di nostalgia mi avvolse, e una fitta di dolore mi ricordò la sua assenza. La sua morte non era ancora reale per me, ma sapevo che non potevo permettermi di indugiare su quei sentimenti. La sua segretaria mi guardò con un misto di sorpresa e pietà. Sapeva già, tutti sapevano. Ma io ignorai il suo sguardo, dirigendomi direttamente verso il suo ufficio. Avvertii il tremore delle mani mentre afferravo la maniglia e aprivo la porta, il mio cuore battendo all'impazzata. Entrai nello studio e chiusi la porta dietro di me, ritrovandomi in un ambiente che sembrava congelato nel tempo. Le pareti erano rivestite di scaffali pieni di libri e fascicoli, e una grande scrivania in legno massiccio dominava la stanza. Ovunque guardassi, trovavo tracce di lui: la sua penna preferita appoggiata distrattamente accanto al blocco di appunti, i documenti impilati con ordine maniacale, la fotografia di Sophie e Liam che sorridevano da una cornice argentata. Ma nessuna di queste cose mi dava risposte. Non ancora. Mi avvicinai alla scrivania, iniziando a sfogliare i fascicoli, cercando qualunque indizio potesse collegarlo a quella donna misteriosa o a chiunque fosse coinvolto in ciò che avevo visto. Documenti finanziari, contratti, report: tutto sembrava così… normale. Eppure sapevo che, da qualche parte, doveva esserci qualcosa di nascosto. Aprii un cassetto, poi un altro, senza trovare nulla di sospetto, finché non mi accorsi di un piccolo comparto segreto incassato sotto la scrivania. Era chiuso a chiave, e sentii l'adrenalina crescere mentre cercavo di immaginare cosa ci potesse essere dentro. Dopo qualche istante di esitazione, trovai un piccolo mazzo di chiavi nel primo cassetto laterale. Con un misto di speranza e paura, inserii una delle chiavi e la serratura scattò con un clic.
Sollevai il comparto segreto, rivelando una serie di documenti riservati e un’agenda nera, consumata agli angoli. Prendendola tra le mani, la aprii, e le prime pagine catturarono subito la mia attenzione: annotazioni fitte e criptiche, frasi interrotte, indirizzi e numeri di telefono che non riconoscevo. Ma la pagina che mi fece rabbrividire era quella con un unico nome scritto a caratteri maiuscoli e sottolineati più volte: ELISE.
Chi era Elise? La donna che avevo visto quella notte? Una figura misteriosa che sembrava aver intrecciato la sua vita con quella di Thomas?. Un altro dettaglio attirò la mia attenzione: una serie di appuntamenti fissati per il mese successivo, tutti con l'annotazione “Confidenziale”. E tra le righe, un nome compariva più volte, uno che conoscevo molto bene: Morris. La stessa persona che mi aveva interrogata, lo stesso agente che ora sospettava di me. Sospirai, incredula, mentre il mio mondo sembrava sgretolarsi. La testa mi girava, colma di dubbi e domande senza risposta. Cosa stava cercando di dirmi Thomas con quell’agenda? Qual era il vero legame tra lui, Elise e l’agente Morris?.
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Hidden Feelings 2 "Depths Unveiled"
Chick-LitHidden Feelings: Depths Unveiled è il secondo romanzo che esplora le profondità dell'amore, messo a dura prova dalle avversità della vita. Michelle e Thomas vivono una storia intensa, ma quando le difficoltà iniziano a emergere, il loro legame sarà...