Arabella Dallas è tornata alle Outer Banks, il luogo che ha segnato la sua infanzia, ma di cui non ricorda molto. Gli anni lontano da quell'isola hanno fatto sì che i suoi ricordi restassero sepolti, seppur intrecciati con emozioni e persone che non...
Attenzione, vi avviso in anticipo che all'interno di questo capitolo ci saranno delle scene con un linguaggio scurrile e poco "puro".
Preparatevi perché non siete pronti, no no.
Se volete questa è la playlist con le canzoni della storia!
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Le ore sembravano non passare mai, continuavo in maniera compulsiva a camminare avanti e indietro all'interno della stanza, sperando all'arrivo del biondo.
La conversazione con William, intanto, ritornava nella mia mente pronta a ripetersi per la millesima volta.
Tutto sembrava essere infinito, un ciclo senza una conclusione, l'arrivo della fine.
Con il passar del tempo e con il maturare e crescere ho capito che il mondo, e la vita, non è come la sognavamo da piccoli.
Insomma, da piccoli si pensava a giocare con le bambole e a creare un mondo principesco pieno di favole, facendoci sognare un mondo tale e quale a quello. Ma poi questi piccoli sono cresciuti, hanno buttato le bambole all'interno della scatola dei giochi e hanno iniziato ad uscire dalla porta della loro casa, con l'idea che al di fuori trovassero ciò che si erano immaginati all'epoca.
Ma uscendo da quella porta hanno capito che non è così. Il mondo, o la vita in generale, può essere considerata bella.
Ma in questo bello c'è sempre qualcosa, o qualcuno, che con un piccolo movimento rende il bello in brutto.
Il brutto crescendo diventa doloroso. Il dolore varia da persona a persona.
Ma, ci sono anche quelle persone che vivono con l'idea che il dolore sono loro. Provare dolore significa causarlo a se stessi e questo lo si può manifestare in diversi modi. E solo in quei momenti di dolore che pensi e capisci che la vita non è come te la sognavi da bambino mentre giocavi con le bambole.
La vita è tutt'altro.
Siamo noi le bambole, la vita e colei che ci gioca.
Capiamo così di trovarci nel limbo peggiore dell'inferno solo dal momento in cui lo attraversiamo, e io stavo attraversando il mio.
La porta si aprì facendomi fermare di colpo al mio continuo via vai, vidi JJ entrare dentro la stanza chiudendola in fretta.
"Dio ci hai messo una vita cazzo." Sbottai avvicinandomi a lui. Teneva ancora il completo elegante, leggermente scombinato senza cravatta e con la camicia quasi per metà aperta.
Era strano da ammetterlo ma in quelle vesti sembrava che fosse uscito da chissà che libro, il che mi fece quasi sognare.