Erano giunte molte persone, circondandoli dopo le urla nella piazza. Così, per evitare i curiosi, Don Pirits lo aveva alzato e si era lanciato per le vie, trascinandoli. Il violinista si teneva la testa fra le mani, in preda a fitte di dolore.
«Ce la fai a resistere?» chiese il sacerdote. Dovevano raggiungere casa sua, lì sarebbe riuscito a rompere quello che pareva un patto. Forse.
«Sì» ringhiò Guglielmo, stringendo i denti.
I loro occhi si incrociarono. Ecco lo sguardo giallo e pieno di rabbia che aveva notato. Mentre Don Pirits prendeva in spalla il ragazzo e cercava di capire dove erano finiti, i gatti presero ad apparire.
«Seguili» disse il ragazzo, mentre gli animali imboccavano una via laterale.
Via Mauro Macchi lesse su un cartello; non erano tanto lontani da casa sua.
«Andiamo allora» mettendosi a correre dietro i gatti. Lo sentiva ansimare sul suo collo, mentre la peluria cresceva.
Forza ragazzo, resisti.
***
Nella testa di Guglielmo aveva preso a risuonare una melodia, quella melodia che la prima volta aveva portato gli occhi del ragazzo ad intravedere nuovamente la sua amata Chiara.
«Quanto manca?» sussurrò esausto nell'orecchio del sacerdote, ma non ricevette risposta. Sentiva la corsa ed il fiato ansimante. Non doveva disturbarlo, forse lo avrebbe salvato. Altrimenti, nessuno più lo avrebbe fatto.
"Bravo, amore mio. Stanotte, puoi liberarti del peso che hai".
Quella frase rimbombò nella sua testa.
No, non adesso, ti prego.
Pensò. Sentiva il suo petto bruciare, il suo pelo crescere ed il suo tatuaggio esplodere di dolore come non lo aveva mai fatto. Eppure, per la prima volta, il suo corpo non accennava a rispondere al canto. «Come hai fatto Pirits?» sussurrò stanco, ma sollevato.
***
Don Pirits aprì la porta cigolante.
Sì, avrebbe dovuta metterla a posto, ma non era quello il momento.
La stanza era piena di colonne di libri. Coricò il ragazzo sul letto. La sua pelle era bianca era ricoperta di peluria, il suo respiro affannoso, ma avere bruciato ed assorbito parte del suo incantesimo in atto aveva portato i suoi frutti. «Cassio maledetto. Prima o poi la tua maledizione ti si ritorcerà contro». Cercò tra miliardi di boccette che teneva nel suo armadietto fianco al letto. «Dov'è? Maledizione!», mentre una dopo l'altra le boccette cadevano a terra.
Doveva salvarlo. Ma per quale motivo reggeva una maledizione del genere?
«Eccola!» gridò il sacerdote, tirando fuori una boccetta trasparente piena di un liquido rosso. Corse dal letto, aprì il tappo d'orato, lasciando che il liquido colasse nella bocca di Guglielmo, preso da forti convulsioni: «Ti prego, fa' che funzioni ancora».
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Fabula Sacerdoteris - Le Leggende Dei Sacerdoti (Lombardia)
FantasyE se i sacerdoti fossero cavalieri, maghi, assassini...appartenenti a organizzazioni, dove le storie del folklore italiano ne fanno da sfondo? Un giro nelle leggende d'Italia sotto forma di fantasy, in racconti brevi brevi...molto brevi (leggi tutto...