Capitolo 4: la porta socchiusa

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La pioggia batteva contro le finestre con la furia di mille tamburi, una melodia inquietante che sembrava scandire ogni pensiero di Lena. Era seduta al centro della sua stanza, avvolta in una coperta troppo sottile per il freddo che sentiva nelle ossa. Davanti a lei, sul pavimento, c'era il biglietto lasciato alla porta la notte precedente.

"Non puoi nasconderti da ciò che sei."

Quelle parole continuavano a rimbombarle nella mente, scavando dentro di lei come una lama invisibile. Chi era quell'uomo? E cosa significava che lei lo aveva "chiamato"? Non riusciva a smettere di pensarci, ma la paura di ciò che avrebbe potuto scoprire era quasi paralizzante.

Decise di distrarsi. Si alzò e si diresse verso la cucina, cercando conforto in una tazza di tè caldo. Le sue mani tremavano mentre versava l'acqua bollente nella tazza, ma il liquido fumante sembrava offrirle un sollievo momentaneo.

Mentre stava per sedersi al tavolo, il rumore di un passo—uno solo, distinto—la fece fermare di colpo. Proveniva dal corridoio.

Lena rimase immobile, il respiro sospeso. La casa era vuota, lo sapeva. O almeno, avrebbe dovuto esserlo. Posò lentamente la tazza sul tavolo, cercando di non fare rumore, e si avvicinò alla porta della cucina. Il corridoio era avvolto nell'ombra, e l'unico suono era quello della pioggia incessante all'esterno.

"C'è qualcuno?" chiese, la voce un sussurro appena udibile.

Nessuna risposta. Ma qualcosa non andava. La porta della cantina, che era sempre chiusa, era socchiusa.

Il cuore di Lena cominciò a battere all'impazzata. Non avrebbe mai lasciato quella porta aperta. Era sicura di averla chiusa l'ultima volta che era scesa a prendere una bottiglia d'acqua, giorni prima.

Fece un passo avanti, e poi un altro, fino a trovarsi davanti alla porta. Il buio al di là di essa sembrava più profondo del normale, come se le scale scendessero in un abisso senza fine.

"Non farlo," sussurrò una voce nella sua mente. Ma qualcosa di più forte, un richiamo oscuro, la spinse a proseguire.

Accese la luce del corridoio, ma non cambiò nulla: la lampadina tremolò per un istante prima di spegnersi, lasciandola di nuovo nell'oscurità. Un'altra coincidenza? Non lo credeva più.

Con una mano tremante, afferrò il cellulare e accese la torcia. La luce bianca illuminò appena i primi gradini della scala. Il resto rimaneva immerso nel buio, come se la cantina stessa si rifiutasse di essere esplorata.

"Coraggio, Lena," si disse, anche se la sua voce era troppo debole per convincerla. Fece il primo passo, poi un altro, il legno dei gradini che scricchiolava sotto i suoi piedi.

L'aria era fredda e umida, carica di un odore di muffa che le faceva girare la testa. La luce della torcia si posava su oggetti familiari—scatole di vecchi vestiti, bottiglie impolverate, mobili dimenticati—ma non trovava nulla di insolito. Eppure, quella sensazione di essere osservata era più forte che mai.

Quando raggiunse il fondo della scala, si fermò. C'era qualcosa lì.

Un suono lieve, un respiro.

Lena girò lentamente la torcia, e il fascio di luce illuminò un angolo buio della cantina. E lì, accovacciato tra le ombre, c'era lui.

"Finalmente," disse l'uomo, la sua voce profonda e calma, come se fosse lì da sempre.

Lena indietreggiò di un passo, ma non riusciva a staccare lo sguardo da lui. Era lo stesso uomo che aveva visto fuori dalla finestra, con il volto affilato e gli occhi che sembravano vedere attraverso di lei.

"Cosa vuoi da me?" gridò, la voce spezzata dalla paura.

Lui si alzò lentamente, le mani alzate in segno di resa, come per tranquillizzarla. Ma il suo sorriso era tutto tranne che rassicurante. "Non voglio farti del male, Lena. Voglio solo quello che hai promesso."

"Non ti ho promesso niente!" rispose lei, ma le sue parole suonarono vuote, prive di convinzione.

L'uomo si avvicinò di un passo, e la luce della torcia rivelò una cicatrice sottile che gli attraversava il sopracciglio. "Non lo ricordi, vero? Ma è tutto qui, Lena. Dentro di te. Sei tu ad avermi chiamato."

"Stai mentendo," mormorò, ma il dubbio cominciava a insinuarsi nella sua mente. C'era qualcosa, una parte di lei che sapeva che lui aveva ragione.

L'uomo inclinò la testa, osservandola come si osserva un enigma complicato. "Non importa se ci credi o meno. Il tuo tempo sta finendo, e la verità non aspetterà che tu sia pronta."

Prima che potesse rispondere, l'uomo si mosse con una velocità impressionante. Prima che potesse urlare, le afferrò la mano, e un'ondata di calore le attraversò il corpo. Non era dolore, ma una sensazione intensa, come se qualcosa dentro di lei si stesse svegliando.

"Ricorda, Lena," sussurrò lui, e il mondo sembrò crollare attorno a lei. La cantina, la luce della torcia, persino il suono della pioggia—tutto svanì in un istante, lasciandola in un vuoto silenzioso.

E poi, il buio.

4o

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