3. The phoenix

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-You know time crawls on when you're waiting for the song to start
So dance alone to the beat of your heart

La casa di Mary Anne si trovava a Windsor Terrace, uno dei quartieri di Brooklyn meno costosi e pieno di negozi e ristoranti italiani. L'indirizzo che c'era nel fascicolo li aveva portati ad un casa di mattoni rossi a due piani,con un giardino tutt'intorno, limitato da una bassa recinzione. Steve aveva chiamato Bucky sul telefono criptato che lo Shield aveva fornito loro e lo aveva avvisato che sarebbe tornato tardi quella seria per via di una missione speciale, Buck aveva semplicemente annuito e gli aveva augurato buona fortuna, senza accennare al piccolo crollo di Mary perché parlarne per telefono non era proprio il caso.

I due si erano appostati fuori da quella casa, aspettando che la padrona di casa terminasse il suo turno di lavoro(che quel giorno finiva alle sei) e tornasse nel proprio rifugio.
Dopo che una volkswagen up blu scuro ebbe parcheggiato nel vialetto e una donna dai capelli color cioccolato fu entrata in casa, Rogers e Romanoff attesero altri quindici minuti buoni prima di scendere dall'auto e andare a bussare.
Quando la porta si aprí si ritrovarono davanti una donna alta intorno al metro e sessantacinque, i capelli visti da vicino avevano delle sfumature rossiccie. Si era cambiata e stava indossando una tuta. Era bella, ma di quella bellezza che era un pò sfiorita a causa del tempo, del dolore e delle preoccupazioni. La prima cosa che notò Steve fu che la donna aveva gli stessi occhi grandi e color cioccolato di Mary e le somigliava così tanto che il biondo aveva momentaneamente dimenticato cosa dovesse dire e se non fosse stato per Natasha, il soldato avrebbe mandato quella missione a puttane.
"Salve, signora. Siamo del FBI, agente Rushman e agente Rutter. Possiamo entrare?" chiese mostrando alla donna il distintivo.
"È successo qualcosa a mia figlia Francis?" chiese la donna preoccupata, facendo loro spazio per farli entrare.
"No, signora, non si preoccupi, ma dobbiamo farle delle domande riguardo sua figlia Mary Anne."
Il volto delle donna si fece scuro e gli occhi lucidi.
"Perché così all'improvviso? Il caso era stato chiuso."
Si accomodarono sul divano e Steve si decise a parlare.
"Ci hanno affidato il caso per archiviarlo, ma c'erano delle incongruenze e volevamo farle delle domande per capirci qualcosa."
"Non capisco. Gli agenti che vennero quella sera dissero che si sarebbero occupati loro di tutto."
"Quali agenti?" chiese la rossa.
"Io quella sera chiamai l'ambulanza, ma poco dopo arrivarono questi agenti. Dissero che i vicini li avevano chiamati a causa delle grida. Loro portarono via il corpo della mia bambina e non potemmo nemmeno aprire la bara durante il funerale." tirò su con naso, cercando di non piangere al ricordodi quella notte.
"Signora, cosa successe davvero quella notte? Perché quel ladro accoltellò vostro marito e vostra figlia?"
"Ladro?" chiese la donna, scioccata. "Quella notte non c'era nessun ladro. Fu mio marito ad accoltellare mia figlia."
"Per quale ragione avrebbe dovuto farlo? Nel fascicolo c'è scritto che suo marito ha combattuto nell'esercito. Un uomo che combatte per la propria patria come può fare ciò alla propria famiglia?" disse Steve.
La donna sospirò, abbassando lo sguardo.
"Vedete, mio marito era bravo a nascondere le cose. Tutti vedevano la facciata esteriore. Un sergente dell'esercito in pensione, un uomo con una morale, che rispettava i valori della famiglia. In realtà era un alcolizzato e violento. Non avete idea di come fosse vivere qui."
"Che rapporto aveva con le sue figlie?"
"Se quello si poteva chiamare rapporto. Francis era invisibile per lui e credo fosse un bene per lei e un male per sua sorella, la trattava come un soldato: ordini a destra e manca, niente abbracci o ringraziamenti, niente pietà. Se sbagliava qualcosa, se faceva cadere qualcosa per sbaglio la riempiva di botte e poi picchiava me se provavo a difenderla."
"Perché non picchiava la più piccola?" chiese la rossa.
"Una volta mi disse che non era degna delle sue attenzioni." rispose la donna, con tono disgustato.
"E secondo lei perché Mary Anne lo era?"
"Oh, lei era forte." sorrise appena.
"Se suo padre dava uno schiaffo a Francis, lei si metteva in mezzo e si faceva picchiare al posto di sua sorella. Difendeva sempre anche me. Per questo credo suo padre avesse un debole per lei, la credeva un ottimo soldato, pieno di coraggio perché in lei vedeva una forza d'animo che non poteva spezzare. Lei aveva sempre un sorriso sulle labbra, anche dopo che lui ci aveva maltrattate, era lei a consolare me." delle lacrime rigarono le guance della donna che si apprestò ad asciugarle.
"Quella notte cosa è successo davvero?" chiese Natasha.
"Lui era ubriaco come al solito e Mary stava aspettando che la venissero a prendere per andare al ballo del diploma. È successo così in fretta che..." si bloccò, la voce cominciò a tremarle.
"Lui le strappò il vestito e lei lo spinse via, lui la colpì e Francis cercò di difenderla, ma lui colpì anche lei. Non mi accorsi che Mary aveva preso un coltello finché lei non si avvicinò al padre e glielo piantò nella schiena. Il mio primo pensiero fu che finalmente c'eravamo liberate di lui e avremmo potuto vivere felici, noi tre. Ma lui non soddisfatto di tutto ciò di cui mi aveva privato, mi ha portato via anche lei. L'ha uccisa."
"Ci dispiace di recarle altro dolore, ma dobbiamo sapere cosa fecero gli agenti di cui ci ha parlato." disse Steve, cercando di evitare altro dolore alla donna per via di quei tremendi ricordi
"Poco dopo aver chiamato l'ambulanza arrivarono loro. Nemmeno ricordo più cosa successe di preciso, ero così scioccata, stringevo mia figlia tra le braccia, il vestito era imbrattato di sangue e lei non respirava più. Mi dissero che erano entrambi morti, che avrebbero eseguito un autopsia e che si sarebbero occupati loro di tutto. Andarono via e quando ci riconsegnarono i corpi per i funerali, non ci fecero aprire le bare."
"Il rapporto che ci è pervenuto è completamente diverso. C'era scritto che la ragazza aveva aperto e il ladro l'aveva accoltellata e l'ex sergente aveva tentato di difendersi ed era stato accoltellato anche lui." spiegò la Romanoff.
"Il governo preferisce mettere in cattiva luce un ladruncolo di strada piuttosto che mostrare che un uomo dell'esercito andasse contro tutti i valori per cui ha combattuto." disse la donna.
"Ha ancora le sue cose?" chiese Steve all'improvviso, guadagnandosi un'occhiata stranita da parte della Romanoff.
"Quelle di mio marito? Certo che no! Buttai via tutto." disse la donna, quasi indignata.
Ma Steve scosse la testa "Intendevo le cose di sua figlia."
La donna annuì. "La sua camera è ancora com'era."
"Possiamo vederla?" chiese la Romanoff, usando un tono più dolce.
"Certo, seguitemi."
Salirono al piano di sopra ed entrarono nella seconda camera sulla sinistra. La porta era bianca come le altre, ma all'interno le pareti erano dipinte in diverse tonalità di blu. Dal blu notte al centro del soffitto, che via via si schiariva fino al pavimento. Di fronte alla porta c'era un'ampia finestra, sotto la quale c'era una scrivania con un computer, una tavoletta grafica, ancora nello scatolo, moltissimi fogli sparsi, bianchi e non. Accanto alla scrivania, sulla sinistra, c'era una libreria, stracolma di libri e raccoglitori. Vicino alla parete di sinistra c'era il letto, intatto col piumone di Captain America (blu anche quello). Quando li vide, Steve nascose un mezzo sorriso mentre la rossa chiese come mai quella bizzarra scelta di coperte.
"Mary non era una ragazza come le altre, tutta trucchi, vestiti e tacchi. Lei era il tipo da jeans, felpa e anfibi. Passava il tempo o a disegnare o a leggere, soprattutto fumetti, anche se le piacevano anche i film. Adorava qualsiasi cosa riguardasse i supereroi e il suo preferito era Captain America, anche se non ho mai capito il perché. Discutevamo spesso perché io preferivo Spiderman. Decisamente più figo e meno rigido." Natasha cercò di non ridere per quelle parole, dato che uno dei supereroi nominati era lì presente e aveva un'espressione contrariata.
Cominciarono a guardare in giro e aprendo l'armadio, Nat vide che c'erano per lo più jeans, felpe e tantissime t-shirt. Non c'erano gonne, solo due shorts di jeans e nessun vestito, tranne quello sigillato in una custodia per abiti, biancha.
"Cos'è questo?" chiese la rossa, indicando il vestito in questione.
"Il vestito del ballo. Me lo restituirono e io lo portai a sistemare, volevo che lo indossasse nella bara, ma quegli agenti non ci permisero di aprire le bare."
"Possiamo portare via alcune cose per analizzarle?" chiese Natasha.
"Perché?" chiese allarmata la donna, per timore che quei due sconosciuti si portassero via tutto ciò che le rimaneva di sua figlia.
"Sua figlia non è mor-" Steve non riuscì a finire di parlare che il gomito di Natasha entrò in collisione col suo stomaco. Non era stato un colpo forte, ma almeno lo aveva zittito prima che potesse rovinare tutto.
"Sua figlia potrebbe non essere morta quella sera. Crediamo che gli agenti che portarono via i corpi non fossero di alcuna istituzione o corpo di polizia. E se non hanno permesso, c'è la probabilità che il corpo di sua figlia non fosse effettivamente nella bara. Quindi abbiamo bisogno di analizzare le sue cose, per riuscire a trovare una pista per arrivare a quelle persone e magari alla vera tomba di sua figlia." disse la rossa, cercando di ponderare bene le parole per non infliggere altro dolore a quella donna che già ne aveva passate tante.
"Cioè, mi state dicendo che quegli uomini mi hanno ingannato e che nella tomba, la quale visito ogni volta che ho tempo per parlare con mia figlia, in realtà è vuota?" era sconvolta. Scoprire che dopo sette anni, passati attraverso il dolore della perdita, la rassegnazione del non avere più sua figlia e la speranza che forse nell'altro mondo aveva una vita migliore, la sua adorata figlia non aveva nemmeno la degna sepoltura che meritava l'aveva sconvolta e non poco.
"Prendete tutto quello che vi serve, se vi sarà d'aiuto per trovare quei bastardi che mi hanno portato via mia figlia un'altra volta." disse risoluta. Era così che si sentiva, come se gliel'avessero portata via un'altra volta, perché forse la prima non era bastata.
"Le riporteremo tutto quando avremo finito, non si preoccupi." le disse Steve, sorridendole gentilmente, facendole capire che comprendeva il suo dolore.
Così cominciarono ad impacchettare le cose che credevano avessero potuto aiutare la memoria di Mary Anne (praticamente quasi tutto).

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